Gli uomini cisgender non allattano, così come tutti i mammiferi maschi. C’è però un rarissimo caso: il pipistrello della frutta Dayak, che abita le foreste pluviali della Malesia, è l’unico mammifero maschio che produce latte. Ma perché? A provare a rispondere oggi a questa domanda è un team di ricercatori dell’Università di York che, servendosi di un nuovo modello matematico, ha avanzato un’ipotesi secondo cui essere allattati da un solo genitore potrebbe essere una strategia evolutiva vantaggiosa per limitare la diffusione di microbi dannosi. Va evidenziato fin da subito che la nuova ipotesi, pubblicata su Nature Communications, non deve essere intesa come un giudizio sui diversi modi che si scelgono per nutrire la prole (soprattutto negli esseri umani), ma come un modello che si è focalizzato a livello di popolazioni per studiare l’evoluzione a lungo termine del regno animale.
Precisiamo, inoltre, che nella società di oggi anche gli uomini transgender possono scegliere di allattare dato che hanno la possibilità, dopo una terapia ormonale, di portare avanti una gravidanza.
L’allattamento
L’evoluzione ha fatto in modo che l’allattamento spettasse solo alle femmine. Negli anni ’70, i teorici evoluzionisti ipotizzarono che ciò potesse essere riconducibile all’incertezza della paternità: dato che non possono essere sicuri di essere il padre biologico, i maschi investono meno nella cura della prole, compreso quindi l’allattamento. Oggi, tuttavia, i ricercatori hanno suggerito una prospettiva complementare: la loro ipotesi, infatti, suggerisce che la ragione per cui i mammiferi maschi non allattano potrebbe essere dovuta alla ricca comunità di microbi che vive nel latte materno e che svolge un ruolo importante nello stabilire il microbioma intestinale della prole. “Il latte materno è una sostanza viva e svolge un ruolo chiave nello stabilire il microbioma intestinale dei mammiferi, che è un ecosistema complesso di batteri, virus e funghi, insieme al loro materiale genetico”, ricorda il primo autore Brennen Fagan, sottolineando come questo ecosistema sia fondamentale per la salute. “I microbi non sono intrinsecamente dannosi o benefici, ma è la loro presenza e abbondanza che impatta sulla salute generale di questa comunità interna. Un “attore sbagliato” nella fase iniziale della vita di un animale potrebbe cambiare il microbioma in un momento cruciale”.
Ridurre la trasmissione di microbi pericolosi
Secondo il nuovo modello matematico, quindi, la trasmissione del microbioma del latte da entrambi i genitori consentirebbe ai microbi dannosi di diffondersi, mentre viceversa l’allattamento esclusivamente materno impedirebbe questo fenomeno, agendo come una sorta di setaccio. “Siamo rimasti affascinati da questo argomento quando abbiamo osservato le scimmie gufo”, racconta George Constable, tra gli autori dello studio. Questi animali sono i padri più devoti nel mondo dei primati: si occupano dell’80-90% della cura della prole e restituiscono i cuccioli alle loro compagne solo per l’allattamento. “Quando entrambi i genitori sono coinvolti nell’alimentazione, la possibilità che un microbo venga trasmesso e prenda piede in una popolazione è sostanzialmente raddoppiata”, aggiunge l’esperto. “Quindi la nostra ipotesi suggerisce che la selezione contro la trasmissione di microbi dannosi attraverso il latte materno potrebbe essere un’ulteriore pressione selettiva contro l’allattamento maschile”.
Un solo genitore
Sebbene il nuovo modello matematico evidenzi il vantaggio di essere nutriti da un solo genitore e non da entrambi, i ricercatori ipotizzano che dal punto di vista evolutivo ha senso che sia la femmina ad allattare in quanto c’è inevitabilmente già stata una trasmissione di microbi dalla madre al figlio durante la gravidanza e il parto. “Questa teoria si adatta a un modello di strategie che i mammiferi hanno adottato nel tentativo evolutivo di limitare la diffusione di elementi potenzialmente dannosi”, continua Constable. “In particolare, negli esseri umani il dna mitocondriale viene trasmesso esclusivamente dalla madre. Questo meccanismo funge da filtro naturale, mantenendo l’integrità genetica e sopprimendo la proliferazione di mutazioni dannose. Inoltre, la prevalenza di relazioni monogame in alcune specie suggerisce una risposta adattativa volta a ridurre al minimo la trasmissione di infezioni a trasmissione sessuale”. La nuova ipotesi, ricordiamo nuovamente, non deve essere interpretata come un giudizio sui diversi modi di nutrire i neonati. “Il nostro modello è focalizzato sull’evoluzione a lungo termine del regno animale”, conclude il primo autore. “Non ci parla delle singole famiglie che fanno scelte individuali su come nutrire in sicurezza i propri figli, soprattutto non per gli esseri umani nel mondo moderno. La nostra ipotesi, quindi, colma una lacuna nella teoria evoluzionistica e riguarda le pressioni selettive sui mammiferi a livello di popolazione e per periodi di tempo molto lunghi che abbracciano più generazioni
Fonte : Wired