Intelligenza artificiale, in Giappone le case editrici di manga hanno investito 5 milioni di dollari

Era il marzo dello scorso anno quando il Giappone vedeva la pubblicazione del primo manga realizzato con la collaborazione (dichiarata) dell’intelligenza artificiale: si trattava di Cyberpunk: Peach John, illustrato interamente da Midjourney e conclusosi al primo volume. Da allora le applicazioni pratiche dell’intelligenza artificiale sono diventate sempre più chiare, e lo conferma la notizia dell’investimento di circa cinque milioni di dollari, quattro milioni e mezzo di euro, da parte di alcuni dei principali editori giapponesi di manga in favore di una start up di Tokyo. L’obiettivo: velocizzare la traduzione dei fumetti con l’ausilio dell’AI.

La situazione attuale

A ricevere i 780 milioni di yen messi sul piatto da Shueisha, Kadokawa, Square Enix e altri importanti nomi del settore è stata Mantra, una startup lanciata nel 2020 e consolidatasi negli ultimi anni come uno dei riferimenti nel settore editoria & AI sul territorio nipponico. Il Mantra Engine è uno dei due strumenti proposti dall’azienda (l’altro è Langaku, pensato per chi vuole imparare l’inglese leggendo fumetti) e quello nello specifico su cui le case editrici hanno deciso di puntare. L’azienda di Tokyo offre diversi piani di abbonamento attraverso i quali è possibile tradurre i proprio fumetti in al massimo cinque lingue contemporaneamente, un’opportunità particolarmente invitante per un ramo dell’economia nazionale tanto dinamico quanto poco esportato nella sua interezza: dei 700.000 singoli volumi pubblicati ogni anno solo il 2% circa valica i confini dell’arcipelago asiatico.

In quel 2% si nasconde però un settore in crescita costante negli ultimi vent’anni ed esploso nel periodo pandemico: solo negli Stati Uniti il numero di manga venduti è quasi quintuplicato nel periodo 2019-2022, numeri paragonabili a quelli della Francia (secondo mercato al mondo per i manga, alle spalle del solo Giappone) e parte di un trend positivo che ha coinvolto anche l’Italia, nonostante una lieve flessione a livello globale lo scorso anno. Diventa così chiaro l’interesse tra gli altri di Shueisha, lo stesso editore che sulle pagine del proprio settimanale Shonen Jump pubblicò Dragon Ball, nel cercare di massimizzare le possibilità di esportare i propri prodotti con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, in un momento storico particolarmente propizio.

Reazioni interne e finanziamenti illustri

Un’attenzione al profitto che si scontra su scala ben più ampia con un dilemma già affrontato da Cyberpunk: Peach John e le sue tavole realizzate senza l’ausilio di illustratori e assistenti: l’automazione di processi sui quali oggi si basa una filiera dal futuro sempre più incerto. E proprio in concomitanza con l’annuncio dei cinque milioni investiti in favore di Mantra è arrivato il comunicato della Japanese Association of Translators, la principale associazione di traduttori professionisti del paese. Oltre a esprimere dubbi sulla direzione intrapresa dal settore, l’organizzazione ha sottolineato come “le traduzioni eseguite con l’AI sono inadatte per opere dove il contesto e le vicende narrate hanno un ruole centrale nel dare un senso alle parole. Traduzioni frettolose e semplificate rischiano non soltanto di danneggiare l’industria delle traduzioni o dei manga, ma anche gli interessi dell’intero paese. […] Temiamo che l’utilizzo dell’AI per incrementare a dismisura l’esportazione dei manga possa danneggiare il soft power del Giappone”.

Preoccupazioni a quanto pare non condivise dalle massime autorità, le stesse che hanno istituzionalizzato la retorica Cool Japan, contribuendo a trasformare l’immagine del Giappone da super potenza economica in competizione con gli Stati Uniti a centro nevralgico della cultura pop mondiale. I cinque milioni di dollari recentemente investiti non sono infatti la cifra più alta indirizzata a questo specifico settore dell’intelligenza artificiale in Giappone: nel maggio di quest’anno si è arrivati a toccare quota venti milioni di dollari in favore di Orange, un’altra startup del Sol Levante che ha ricevuto l’ingente finanziamento da una cordata più eterogenea, tra i cui membri spicca la JIC Group, società di investimenti controllata in parte proprio dal governo giapponese.

Se le difficoltà nel tradurre manga con l’intelligenza artificiale sono riconosciute dagli stessi manager di Orange, a causa del linguaggio spesso informale utilizzato e dall’attribuzione non sempre immediata di un balloon, l’ambizione dichiarata di quadruplicare le traduzioni in inglese di manga nel giro di cinque anni e finanziamenti illustri sembrano confermare la direzione intrapresa da uno dei settori editoriali più importanti e remunerativi al mondo.

Fonte : Wired