Il rap italiano ha un problema di genere. Ce l’ha come la nostra musica tutta, perché non è questione di testi più o meno sessisti ‒ il racconto di strada, i “bitch” ogni tre versi, il fatto che possa o meno essere diseducativo ‒ ma di ruolo assegnato alla donna: in una scena a lungo dominata dagli uomini, specie nel momento, cruciale, di maggiore esposizione, si è diffusa l’idea che l’hip hop sia roba da maschi; non ci sono donne che rappano, e quelle che partecipano ai pezzi rap sono spesso rilegate a un ruolo secondario, di solito sono popstar a cui è affidato il bel ritornello di turno, come fossero soprammobili, trofei, mentre i veri protagonisti sono i maschi, nelle strofe. All’estero dominano da tempo Cardi B e Nicki Minaj, tra le varie, ma qui per un problema culturale, quasi endemico all’industria, c’è il deserto: ok, Baby K prima della svolta pop, Madame prima che il suo talento la portasse dalle parti dei cantautori; poi basta.
Un successo inaspettato
O meglio, poi è arrivata Anna, classe 2003 da La Spezia, che tutti hanno conosciuto prima del lockdown, alla soglia della primavera del 2020, con Bando, hit puramente rap partita da TikTok, senza pretese, e che di lì a poco l’ha lanciata nella stratosfera; non era pronta, come una meteora avrebbe potuto bruciarsi, invece con umiltà e costanza ‒ tanto lavoro, feat. giusti, un passo alla volta senza mai esagerare né, va detto, sbagliare ‒ si è costruita un percorso solido, con decine di dischi d’oro e di platino e un album d’esordio, Vera Baddie, appena uscito, coronamento di una rivoluzione culturale e peraltro trainato da 30°, tra le hit di questa estate. Perché, effettivamente, la rivoluzione c’è: Anna fa rap in tutti i sensi, rappa come i suoi colleghi maschi, con lo stesso stile spaccone, gli stessi toni, la stessa credibilità; non per forza parla di strada, non le appartiene, ma di soldi e sesso ‒ l’espressione stessa “fare la baddie” indica un po’ questo ‒ per esempio lo fa eccome.
E chiaramente all’inizio, anche per diversi pregiudizi, è stato difficile, ma adesso ha aperto un varco, ha dimostrato che il rap, per come lo intendiamo, non ha generi né barriere all’ingresso che non siano superabili. Soprattutto, ha riempito una zona grigi di mercato: ora che l’hip hop è diventato la fetta principale della torta, è pieno di ragazze che sognano di giocare al rap game ma in qualche modo, finora, si erano dovute accontentare dei maschi; Anna in questo senso le rappresenta, sia per il modello in sé della ragazza partita dalla provincia e che arriva al vertice da sola e sia per una sorta questione di sensibilità condivisa, di argomenti che possono andare dalla serata con le amiche a, di nuovo, i sogni e le ambizioni. Che è poi, per esempio, ciò che canta in Chica italiana, tra brani manifesto del tutto, benedetto dalla collaborazione con Sfera Ebbasta.
Un disco di svolta. Ecco dove può arrivare Anna
Ma proprio in generale, e specie a livello simbolico, Vera Baddie è un disco di svolta per la musica italiana: è il primo con le caratteristiche di un album rap della nuova generazione ad avere una donna protagonista, toccando peraltro i cliché del genere senza rinnegarli, ma anzi dimostrando di poter competere con i maschi sul loro stesso campionato. Già per questo, è un lavoro prezioso. Poi, certo, è un primo passo: il fatto che sia aderente a più o meno tutti gli altri stereotipi dell’hip hop del momento a parte, appunto, quello di genere, è paradossalmente una forza, ma anche, ovviamente, una debolezza; tutto suona un po’ perfettino, pulito, ma anche piatto, o comunque non diverso da ciò che si sente in giro, con i soliti suoni e le solite collaborazioni, viene da dire inevitabili, che ogni grande uscita rap si porta dietro.
Insomma, si esce poco dal seminato, e qui a fare notizia è più il come ‒ il fatto, cioè, che a farlo sia una donna ‒ che il cosa, cioè il classico disco rap del 2024. Se lo stile, tutto sommato, già c’è, ora bisogna lavorare in termini di argomenti e, magari, di un approfondimento diverso, per una via propria al genere. Serve personalità, quella che Anna ha già dimostrato di avere. C’è tempo.
Fonte : Today