Il trionfo alla urne è indiscutibile: al primo turno delle elezioni legislative anticipate in Francia, un elettore su tre ha votato per il Rassemblement national di Marine Le Pen e del suo candidato premier Jordan Bardella. Quasi il doppio rispetto alla percentuale fatta registrare due anni, e qualcosa in più di quanto ottenuto appena tre settimane fa alle Europee. Ma il complesso sistema elettorale transalpino fa in modo che la composizione definitiva del parlamento si giochi per lo più al secondo turno, dove le alleanze locali tra i partiti possono ribaltare le tendenze nazionali. Ed è su questa possibilità che il presidente Emmanuel Macron (la cui coalizione si è fermata al 21%) e il centrosinistra (intorno al 28%) hanno deciso di puntare tutte le loro carte.
Stando ai primi risultati, solo una settantina di candidati su 577 posti disponibili hanno ottenuto il pass diretto all’Assemblea nazionale. Il resto, circa 500 seggi, sarà assegnato domenica 7 luglio. È quanto prevedono le regole elettorali per le legislative, dove ci si sfida in collegi uninominali con una serie di sbarramenti che rendono difficile (soprattutto in un panorama politico frastagliato come quello francese) l’elezione al primo turno.
In moltissimi casi, i candidati di Le Pen sono in testa. Ma la coalizione di Macron (Ensemble) e quella dei partiti di centrosinistra ed ecologisti (Nouveau front populaire, Nfp) hanno lanciato un patto di desistenza: se in un determinato colleggio, i loro candidati si troveranno a sfidare insieme al secondo turno un esponente della destra, quello con meno chance di vittoria si ritirerà dalla corsa, in modo che i suoi sostenitori si riversino sul cavallo (alternativo a Rn) con più possibilità di successo. “Un blocco democratico e repubblicano”, lo ha definito Macron.
Se c’erano dubbi alla vigilia su quale dei due mali (la destra di Le Pen o la sinistra di Jean-Luc Mélenchon) il presidente avrebbe scelto, Macron li ha dissolti pochi minuti dopo i primi exit poll, invitando i suoi a trovare alleanze “caso per caso”, incluso con candidati della France Insoumise (il partito di Mélenchon, per l’appunto). Il suo fedele alleato, nonché premier in carica, Gabriel Attal ha anche rinviato l’attuazione della nuova legge che riduce il periodo massimo di indennizzi per i disoccupati, e che la sinistra (ma anche la destra lepenista) contesta fortemente. “L’estrema destra è alle porte del potere”, ha detto Attal, e “neanche un voto deve andare al Rassemblement national”.
Riuscirà il blocco repubblicano a impedire alla destra di avere la maggioranza assoluta e ottenere così la storica possibilità di formare un governo con a capo il giovane Bardella? I sondaggisti e gli esperti, per il momento, non si sbilanciano, e chiedono di prendere con la massima cautela le loro stime. Secondo l’istituto Ipsos Talan (citato da Le Monde), Rn potrebbe prendere tra i 230 e i 280 seggi, a fronte di una maggioranza di 289 deputati. Il centrosinistra raccoglierebbe tra i 125 e i 165 seggi (ma per Ifop-Fiducial citato da Le Figaro, potrebbe arrivare anche a 200). Ensemble è accreditato tra i 70 e i 100 seggi.
Les Republicains, il partito moderato di centrodestra, ha ottenuto intorno al 10% dei voti, che potrebbero trasformarsi da un minimo di 40 a un massimo di 61 seggi (per Ifop-Fiducial anche meno). Gli eredi di Charles de Gaulles e Jacques Chirac hanno vissuto una vigilia elettorale travagliata, spaccati come sono tra la fuga in avanti del loro leader Eric Ciotti, che ha sostenuto pubblicamente l’Rn e Bardella, e buona parte del partito, che fa scudo contro la deriva sovranista. Per il momento, la linea ufficiale dei repubblicani è di non dare indicazioni di voto ai loro elettori. I quali, però, potrebbero risultare decisivi in diversi collegi.
Fonte : Today