Nonostante gli appelli al voto del regime, la maggioranza degli iraniani ha disertato le urne al primo turno delle elezioni presidenziali, così come avevano chiesto gli oppositori del regime di Teheran. L’affluenza è stata intorno al 40%, il dato più basso nella storia della Repubblica islamica. Nessuno dei candidati ha raggiunto la quota necessaria per essere eletto e venerdì 5 luglio si terrà il ballottaggio tra il riformista Masoud Pezeshkian, che ha ootenuto circa 10,4 milioni di voti, e l’ultraconservatore Saeed Jalili, che si è fermato a 9,4 milioni di preferenze, secondo i dati riportati dall’agenzia ufficiale iraniana Irna.
I risultati delle elezioni, convocate dopo la morte a metà maggio di Ebrahim Raisi in un incidente di elicottero, saranno ‘esaminati’ dal Consiglio dei Guardiani. La bassa affluenza rappresenta un rifiuto per il regime che aveva ripetutamente sollecitato gli iraniani ad andare a votare, sottolineano gli osservatori. Il boicottaggio delle urne era stato sollecitato da diversi oppositori del regime, tra cui la premio Nobel per la pace Narges Mohammadi, una delle più importanti voci del dissenso in Iran, attivista per i diritti delle donne, condannata di recente a un altro anno di carcere con l’accusa di “propaganda contro lo Stato”.
Pezeshkian, cardiochirurgo vicino ai 70 anni ed ex ministro della Salute, è diventato l’unico candidato riformista quando decine di aspiranti in corsa per la presidenza sono stati ‘bocciati’ dal Consiglio dei Guardiani. Sia Pezeshkian che Jalili in passato avevano già tentato di arrivare alla presidenza. Ora Pezeshkian, a meno che non riesca ad attrarre un maggior numero di elettori, rischia di perdere al ballottaggio, sostiene il quotidiano britannico Guardian.
La maggior parte dei voti andati al primo turno al presidente del Parlamento (il Majlis) Mohammed Baqer Qalibaf passeranno infatti molto probabilmente a Jalili, ex capo negoziatore per il nucleare. Dopo l’annuncio dei risultati, Qalibaf gli ha assicurato il suo sostegno e in una dichiarazione diffusa dall’agenzia iraniana Irna ha chiesto ai sostenitori di impedire l’arrivo di Pezeshkian al potere.
“Una vittoria dell’integralista Jalili” complicherebbe gli sforzi per riavviare i negoziati con l’Occidente, osserva l’iraniano Arash Azizi del Center for Middle East and Global Order (Cmeg) citato dalla Cnn. Jalili, 59 anni, è un ultraconservatore e rappresentante dei paydari (l’ala più oltranzista), noto per le sue posizioni anti-occidentali. E le elezioni, con un anno di anticipo, sono arrivate in un momento ‘delicato’ per la Repubblica Islamica, il cui programma nucleare continua a preoccupare, e per la regione, mentre proseguono le operazioni militari israeliane contro Hamas nella Striscia di Gaza e si teme per un’offensiva israeliana contro Hezbollah in Libano. L’ultima parola sulla politica estera iraniana spetta sempre alla Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei.
Fonte : Today