L’amour toujours di Gigi D’Agostino e le altre canzoni pop che sono diventate inni politici

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Già nei mesi scorsi l’etichetta discografica ZYX, proprietaria dei diritti del brano, aveva avanzato una denuncia contro ignoti per incitamento all’odio e violazione del diritto d’autore. Nel video che è circolato nelle ultime ore, mentre alcuni ragazzi cantano il loro coro razzista, si vede un altro sullo sfondo portare le dita tra le labbra e il naso, come a mimare i baffi del dittatore Adolf Hitler. Anche la stampa tedesca si è occupata del caso, spiegando che l’estrema destra si è appropriata del brano sui social: il settimanale Der Spiegel, in particolare, ha fatto notare come il brano venga utilizzato su TikTok dai canali di AfD, account del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD).

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La diatriba tra Eminem e i Repubblicani

Quello di L’amour toujours però non è un caso isolato. È già capitato in passato, infatti, che la politica si appropriasse di hit internazionali per trasformarle in inni di partito. O qualcosa di molto simile. La popolarità di queste tracce, infatti, permette di arrivare immediatamente ai propri sostenitori creando un legame sempre più forte. Tuttavia, gli autori dei brani in questione – che spesso sono all’oscuro di queste scelte – spesso e volentieri non la prendono bene. Anzi. Appena un anno fa, per esempio, il rapper Eminem ha espressamente vietato a Vivek Ramaswamy, uno dei candidati dei Repubblicani alla presidenza degli Stati Uniti, di utilizzare le sue canzoni durante gli eventi della campagna elettorale. In particolare il rapper è rimasto stizzito per l’utilizzo del brano Lose Yourself durante un incontro in Iowa del candidato repubblicano. Un episodio analogo era avvenuto anche nel 2014: in quel caso fu il Partito Nazionale neozelandese guidato dall’allora primo ministro John Key ad appropriarsi sempre di Lose yourself. Anche allora, Eminem e la sua casa discografica chiesero la sospensione dell’utilizzo del brano, che in effetti avvenne, ma un tribunale ordinò allo schieramento politico comunque un risarcimento di oltre 300 mila dollari come rimborso danni.

Bruce Springsteen e Born in the Usa

Diatribe simili si sono ripetute anche con altri esponenti politici, spesso di destra. Tendenzialmente, la musica e la destra non vanno esattamente d’accordo: storicamente gli artisti hanno visioni più vicine agli ambienti progressisti e non gradiscono essere associati a chi, per la maggior parte dei casi, ha un pensiero opposto. Altro caso celebre è quello avvenuto nel 1984 con Bruce Springsteen. La sua celebre Born in the Usa è stata utilizzata e citata dai politici di destra, fin dai primi anni della sua uscita: il cantautore infatti vietò a Ronald Reagan di utilizzare al termine dei comizi della sua campagna elettorale. In quel contesto, la canzone è stata spesso fraintesa come un inno patriottico, in realtà il testo racchiude una critica feroce al trattamento riservato ai veterani di guerra negli Stati Uniti. La storia si è ripetuta anni più avanti con Donald Trump, ma ci torneremo più avanti.

I casi più recenti

Nel 2008 l’etichetta discografica del gruppo svedese degli Abba si dissociò dall’utilizzo da parte del candidato repubblicano John McCain del brano Take a Chance on Me. Nel 2009 il presidente francese Nicolas Sarkozy fu costretto a risarcire di 30 mila euro la band Mgmt per aver usato la canzone Kids. E ancora nel 2011 a Theresa May fu contestato l’utilizzo di Bohemian Like You da parte da parte Dandy Warhols. Un anno dopo fu Cyndi Lauper a scoprire con sorpresa che il brano più importante della sua carriera True Colors era diventato la colonna sonora di uno spot di Mitt Romney, la cantante riuscì dopo un tweet a ottenere la rimozione del filmato da YouTube. I Friendly Fires non accolsero bene l’arrivo di Boris Johnson a un evento del Partito Conservatore sulle note di una loro canzone e nel 2022 fu la premier Liz Truss a far indispettire la band M People per aver usato una sua canzone del 1993, Moving On Up. Negli ultimi tempi il rapper Dr. Dre si è imposto contro la deputata Repubblicana Marjorie Taylor Greene di utilizzare le sue canzoni.

Gli artisti contro Trump

Il politico che ha fatto infuriare più di tutti gli altri gli artisti di mezzo mondo è sicuramente Donald Trump. L’ex presidente degli Stati Uniti e candidato per le presidenziali di novembre non ha dato fastidio solo a Springsteen, come detto. Contro di lui c’è una lista infinita di cantanti, artisti e musicisti che gli hanno espressamente vietato l’utilizzo delle proprie opere durante i suoi comizi e in tutto ciò lo riguardi. Trump già dal 2016, anno della sua elezione, ha ricevuto lo stop a diffondere le canzoni di Phil Collins, dei Queen e di Adele. Nel 2020, addirittura, Neil Young fece causa al comitato elettorale di Trump che aveva utilizzato brani come Rockin’ in the Free World e Devil’s Sidewalk durante un comizio a Tulsa, in Oklahoma. Tuttavia pochi mesi più tardi, l’artista ritirò l’accusa anche se non fu chiarito se la vicenda fu risolta con un accordo extragiudiziale. Anche Nicoletta Mantovani, vedova di Luciano Pavarotti, bloccò Trump: lei e le figlie del tenore, infatti, vietarono la diffusione della sua versione di “Nessun dorma” di Giacomo Puccini. L’elenco degli artisti che hanno vietato al principale esponente del partito Repubblicano di utilizzare le proprie opere è talmente vasto, che si è trasformato in una voce a parte all’interno di Wikipedia.

E in Italia?

Anche da noi gli artisti hanno dovuto tirare fuori gli artigli per difendere le proprie opere dalle frange politiche più estreme. Vasco Rossi, per esempio, non aveva gradito l’utilizzo della sua C’è chi dice no da parte di Gianluigi Paragone, ex senatore del Movimento 5 Stelle e poi fondatore del partito Italexit. Infine, c’è Rino Gaetano: i brani del cantautore scomparso sono diventati i tormentoni dei comizi di Fratelli d’Italia. Da Ma il cielo è sempre più blu fino a A mano a mano: gli eredi dell’artista calabrese, prontamente, hanno espresso una diffida all’utilizzo delle canzoni che, tuttavia, sono state utilizzate anche per la campagna elettorale delle ultime elezioni europee.

Fonte : Wired