“Io o il caos”, la strategia di Macron che gli sta costando le elezioni

Anziché mettere un pezza, potrebbe essere la sua pietra tombale. L’appuntamento delle elezioni legislative, indette in fretta e furia per il 30 giugno dal presidente francese Emmanuel Macron dopo la debacle delle Europee, potrebbe rivelarsi disastroso per il campo dei liberali transalpini. Ne sono consapevoli i suoi stessi candidati, al punto che sui manifesti elettorali hanno preferito eliminare il volto “rassicurante” del loro leader, preferendo mettere il proprio o quello del primo ministro Gabriel Attal. La strategia elettorale dell’inquilino dell’Eliseo, il meno amato della Quinta Repubblica, per arginare l’ascesa dell’estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella si sta rivelando non solo povera, ma anche controproducente.

Macron, impegnato in questi giorni anche sul fronte delle nomine al vertice delle istituzioni europee, sta affrontando questa campagna elettorale da “assediato”, da destra e sinistra. Lui si disegna come il cavaliere che prova a proteggere l’elettorato francese dai pericoli del caos e dal clima da “guerra civile”, che esploderebbe (lui dice) nel caso i cui vincessero i suoi avversari. Si riferisce al Rassemblement National (estrema destra) e al Nuovo fronte popolare (che raduna varie anime di sinistra, inclusi verdi, socialisti e comunisti). Nel corso del podcast “Génération Do It Yourself” del 24 giugno, il presidente francese ha provato a a spaventare gli indecisi, dichiarando che i programmi dei “due estremi” portano “alla guerra civile”. Non l’ha toccata piano. 

Il leader transalpino presenta la sua formazione centrista Ensemble pour la République, ennesimo rimescolamento dopo i partiti En Marche e Renaissance, come l’unica in grado di rispondere alle vere ansie, rabbie e paure dei transalpini. Stavolta però il vecchio motto “divide et impera” non sembra riuscirà a premiare il leader liberale. Screditare gli avversari, denunciando il loro estremismo, non riscuote più consensi. Anche Gabriel Attal, la cui nomina a primo ministro avrebbe dovuto arginare la crescita del giovane Jordan Bardella, si appiglia alla stessa retorica, appellandosi davanti alla stampa al “voto utile contro gli estremisti”. Seppur una larga fetta dell’elettorato rimane spaventata dall’idea di un’estrema destra al potere, quello che cercano i francesi non sono allarmismi ma risposte diverse rispetto a quelle offerte durante il doppio mandato da Macron. Demonizzare, oltre al Rassemblement national, anche la sinistra guidata da Jean-Luc Melenchon e dalla France Insoumise si sta rivelando controproducente. Si tratta di quegli stessi elettorali a cui Macron si era rivolto per battere Le Pen alle presidenziale del 2022 e a cui ora gira le spalle.

Ostilità popolare

La popolarità di Macron è ai minimi termini. Ci sono state le manifestazioni dei gilet jaunes privati del potere d’acquisto, quelle degli agricoltori contro le regole dell’Ue, ma il vero boomerang è stata la riforma delle pensioni, che ha generato un malcontento diffuso e aspro in tutte le dimensioni dell’elettorato popolare. La legge sull’immigrazione, che strizza l’occhio all’estrema destra, ha deluso poi la sua platea di riferimento: quella dei moderati, insoddisfatti di veder accogliere alcune delle poposte cavallo di battaglia del partito di Le Pen.  

In un’intervista rilasciata a Le Figaro, il politologo Jérôme Jaffré ha sottolineato che secondo i sondaggi “solo il 58% degli elettori macronisti al primo turno del 2022 vuole votare nuovamente per un candidato dell’Ensemble pour la République”. L’Istituto per i sondaggi Ifop segnala che solo il 26% dei francesi è soddisfatto dell’operato del presidente della Repubblica. Ragion per cui i suoi stessi candidati, così come Attal, evitano di nominarlo nei dibattiti televisivi. Ensemble pour la République è dato intorno al 20%, il  il Nuovo Fronte Popolare oscilla tra il 28 e il 30%. Distante si posiziona il Rassemblement National, proiettato tra il 33 e il 36%. Quello di cui soffre Macron è un “effetto logoramento”, abbinato al narcisismo del politico che pensa di potercela fare da solo. Le promesse del 2022 sono risultate vane, la sua immagine è usurata. Spetterà ad altri il compito di accorciare le distanze con l’estrema destra. Anche a costo di affrontare “il caos”.   

Fonte : Today