Sono tutti bravi ragazzi

“Era buono”. “Era un bravo ragazzo”. “Non avrebbe fatto del male a nessuno”. Le sentiamo sempre queste frasi, soprattutto nelle occasioni in cui il “bravo ragazzo” in questione si macchia di un crimine orrendo, sporcando di sangue quella fama attribuitagli da genitori e amici, che fanno difficoltà in alcuni contesti ad avere uno sguardo che non sia di parte, e non influenzato da ciò che dice il cuore. La rarità è la mamma che denuncia il figlio stupratore, ma dovrebbe essere la norma.  Invece la prassi è un’altra, la giustificazione estrema, anche di fronte all’orrore. Perché “sono bravi ragazzi”, magari figli di famiglie per bene, come i due minorenni fermati per l’omicidio di Thomas Christopher Luciani, il 16enne ucciso con 25 coltellate nei pressi del parco Baden Powell, a Pescara. 

“La cosa che non ti aspetti – ha commentato il sindaco Palozzi – è che quello che doveva essere un carnefice è diventato una vittima di soggetti di una società apparentemente con più certezze di lui, quelli che vengono chiamati dei ragazzi perbene”. Già, perché in questo caso la vittima è il cosiddetto “ragazzo difficile”, il 16enne con piccoli reati nel passato, una vita nella comunità di Isernia, da cui era scappato in questi giorni, come era già successo nel 2023. Dall’altra parte del coltello, quella con il manico, troviamo invece i due “bravi ragazzi”, cresciuti in famiglie piene di sicurezze, tutte quelle che sicuramente Thomas non ha mai avuto. Da una parte il figlio di un avvocato, dall’altra quello di un maresciallo dei carabinieri. Contesti che non conosciamo, ma che non possono essere considerati “difficili”. 

Eppure, secondo la ricostruzione dei carabinieri, i due minori avrebbero agito con “freddezza glaciale”. Prima la trappola, poi le 25 coltellate, molte delle quali inferte quando il 16enne era ormai esanime, poi la fuga al mare, per fare un bagno e magari disfarsi dell’arma del delitto. Il tutto per cosa? Per un debito di droga di 200-250 euro, una cifra irrisoria se paragonata a una vita. Una cifra che molto probabilmente non sarebbe stata un problema per le famiglie di questi “bravi ragazzi”. 

Ma il problema non sono certo i soldi. Il vero problema sta nella visione distorta della realtà, in cui si idolatra il bullo, in cui “fa figo” spacciare droga e girare con il coltello in tasca, per sentirsi un po’ come i protagonisti di Gomorra. Il tutto in uno scenario di ignoranza dilagante, non solo tra chi in tasca ha poco o niente, ma anche tra chi non ha problemi di questo genere e pensa che il mondo sia il suo parco giochi. 

Il problema sta nella cecità delle famiglie, per cui i figli sono sempre e solo bravi ragazzi. Lo erano anche i fratelli Bianchi che hanno massacrato Willy, lo era il 16enne che ha ucciso Giovan Battista Cutolo, lo erano anche Turetta e Impagnatiello. E la lista potrebbe continuare per molto. Tutti bravi ragazzi per mamma e papà, anche con un coltello sporco di sangue in mano. Perché è difficile da ammettere, ma un figlio che uccide è il fallimento massimo di un genitore, perché vuol dire aver cresciuto un figlio senza insegnare una delle regole fondamentali della vita: la differenza tra il bene e il male.

Quindi basta con questa filastrocca buonista, finiamola di prenderci in giro. No, non erano bravi ragazzi, anzi.

Fonte : Today