Da malato pendolare vi spiego la realtà della legge “spacca Italia”

È arrivato l’ok definitivo alla riforma sull’autonomia differenziata che le opposizioni hanno ribattezzato “Lo spacca-Italia” a contro cui si sono opposte sventolando tricolori e cantando l’inno d’Italia.

Un patriottismo che, a sinistra, non si vedeva da decenni e che stride non poco considerando che la riforma del Titolo V della Costituzione fu varata nel 2001 proprio dal centrosinistra. Una riforma che passò per un pugno di voti su espressa richiesta dell’allora sindaco di Roma, Francesco Rutelli, aveva bisogno di sventolare il vessillo del federalismo in occasione della campagna elettorale per le Politiche di quello stesso anno in cui avrebbe sfidato Silvio Berlusconi (e perso sonoramente). Ma quella era un’altra epoca e un’altra classe dirigente e, pertanto, è inutile rivangare il passato, come ha fatto Maurizio Belpietro ricordando che nel 1994 il Pds proponeva proprio il premierato e l’autonomia differenziata. Sarebbe opportuno ricordare, inoltre, che solo pochi anni fa l’ex governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, proprio come il suo omogolo veneto Luca Zaia, aveva chiesto al governo di aderire all’autonomia differenziata. Si sa, i politici italiani hanno la capacità di cambiare idea molto facilmente. Basti pensare, per esempio, alle giravolte compiute in una sola legislatura da Giuseppe Conte, capace di governare con grande disinvoltura sia con la Lega sia col Pd, e da Matteo Renzi, capace di votare la fiducia a un governo con i 5Stelle.

La lista dei politici voltagabbana sarebbe troppo lunga, perciò, mi fermo qui. Entrando, invece, nel merito della riforma sull’autonomia differenziata pare difficile definirla ‘Spacca-Italia’ dal momento che l’Italia non è mai stata veramente unita. O meglio aveva ragione Massimo D’Azeglio quando disse: “fatta l’Italia bisogna fare gli italiani” perché il nostro Paese non è mai stato realmente unito e coeso. I “polentun” del Nord-Italia hanno sempre trattato con disprezzo i “terroni” del Sud-Italia e viceversa. Ma non solo. Pisani e livornesi si odiano da secoli ed è odio atavico anche tra palermitani e catanesi. E non esiste solo la rivalità tra Roma e Milano, ma anche tra Roma Nord e Roma Sud. L’Italia è l’Italia dei Comuni e dei campanilismi, è inutile negarlo ed è altrettanto inutile sostenere che una riforma possa spaccare un Paese che è già spaccato ancor prima della sua nascita. I critici della riforma sostengono che l’autonomia differenziata “ci costringerà tutti ad andare a curarsi nelle Regioni del Nord”. Ecco, questa potrebbe essere un’amara verità perché tutto dipende da come le Regioni del Sud sapranno sfruttare le potenzialità di questo nuovo federalismo, ma proprio il dibattito sulla sanità fa sorgere un dubbio. Ma, finora, non è sempre stato così? Devo confessare che nella mia quarantennale vita, a causa di una condizione di salute alquanto precaria, ho fatto il “malato pendolare”.

Senza dilungarmi troppo nel raccontare dettagliatamente la mia lunghissima cartella clinica, segnalo sommessamente che, pur in assenza di una riforma sanitaria federale, per curarmi ho dovuto fare la spola tra la Sardegna, la mia Regione d’origine, e la Liguria prima e il Lazio poi. Sono nato nel 1982, un anno dopo la riforma che dava vita al Servizio Sanitario Nazionale, e fino al 2001 in Italia la sanità era in capo allo Stato centrale, non alle Regioni, eppure io, come tanti altri miei corregionali e meridionali, ho dovuto affidarmi alle cure dei medici del Gaslini di Genova prima e del Bambin Gesù di Roma poi. Sia nei primi 20 anni della mia vita (senza dubbio quelli più travagliati) sia nei successivi 22 anni, dunque, non ho potuto fare pieno e completo affidamento sulla sanità sarda. Restare legati alle vecchie logiche di 20, 30 o 40 anni fa che garanzia mi darebbe di avere un servizio sanitario migliore? Gli Stati Uniti, ma anche Paesi europei come la Germania hanno un servizio sanitario molto più federale e privatizzato del nostro che, nel complesso, funziona meglio del nostro. La sinistra italiana, tipicamente esterofila, ha sempre sostenuto che l’Italia aveva bisogno di entrare nella modernità allineandosi agli altri Paesi occidentali. Perché questo discorso, alquanto esterofilo, è valido solo quando si parla di diritti civili e non di federalismo? Con questo dubbio, sono pronto a verificare con mente aperta e con spirito laico se l’autonomia differenziata può essere lo strumento più adatto anche per risolvere il problema del divario Nord-Sud che in oltre 160 anni di centralismo non è stato neppure ridotto in maniera significativa…

Fonte : Today