Satnam Singh e gli immigrati che fanno comodo a chi odia gli immigrati

A pochi giorni dal G7 di nel parco giochi per ricchi di Borgo Egnazia, in cui i grandi della Terra si sono riuniti e con l’occasione hanno gustato le ricette dello chef stellato Massimo Bottura (che ha ricoperto di oro le fette di pane “per raccontare che il pane è oro”), si torna a parlare di quello che accade ogni giorno nelle campagne intorno al lussuoso resort e in tante altre campagne italiane.

Mutilato mentre lavora lo scaricano in strada col braccio su una cassetta da frutta: morto lavoratore

A riaccendere i riflettori sul caporalato, ovvero sullo schiavismo che si nasconde dietro buona parte della frutta e della verdura che acquistiamo al supermercato, la morte di Satnam Singh, un bracciante di origini indiane di 31 anni che lavorava in nero, per meno di cinque euro l’ora, per un’azienda di Cisterna di Latina, lasciato dal suo padrone fuori la sua abitazione con un braccio amputato dopo essere stato risucchiato da una macchina avvolgiplastica. La vicenda ripugnante – l’ennesima – racconta una realtà diffusa, che secondo l’ultimo Rapporto agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil coinvolge il 40 per cento delle aziende agricole di Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio e tra il 20 e il 30 per cento di quelle nelle Regioni del Centro Nord. In sostanza, se tutti noi abbiamo da mangiare è perché nell’Italia del 2024 c’è un sistema economico che si fonda sullo sfruttamento degli stranieri, nelle campagne di tutto lo stivale così come nelle fabbriche del ricco Nord Est. Sono quegli stranieri disprezzati da una parte dell’opinione pubblica fomentata da certi politici, utilizzati costantemente come strumento di propaganda da chi ha fatto della loro presenza una fonte inesauribile di odio a buon mercato. 

I “trattori” protestano, ma non parlano della schiavitù nelle loro campagne

Nei mesi scorsi ha tenuto banco la cosiddetta “protesta dei trattori”, che ha visto gli imprenditori agricoli sfilare contro le misure sulla sostenibilità del settore agroalimentare messe in campo dall’Europa. Hanno invaso le città con i loro mezzi, piangendo miseria e chiedendo aiuti di Stato e cancellazione dei debiti, ma non hanno proferito parola sulle condizioni di lavoro nelle loro aziende. Dalla “nera” Latina viene Danilo Calvani, leader della protesta in Italia e già animatore del Movimento dei forconi, da cui fu allontanato nel 2019 dopo una serie di provvedimenti giudiziari a suo carico. La zona dell’Agro Pontino, con oltre 300 milioni l’anno di giro d’affari, conta circa 12 mila aziende e la quasi totalità dei braccianti che vi lavorano è di origine straniera, molti dei quali fanno parte della comunità indiana di cui faceva parte Satnam Singh. In molti casi vivono ammassati in baracche, nei pressi delle stesse aziende a cui offrono il loro servizio e per stare lì pagano un affitto che viene decurtato dalle paghe da fame. C’è chi firma contratti che prevedono quattro ore di lavoro, ma in realtà ne lavora dodici. C’è chi vorrebbe andar via, ma viene trattenuto con il ricatto, perché da quei contratti fasulli dipendono anche i rinnovi dei permessi di soggiorno.

Prima gli italiani, solo quando fa comodo

Latina è un feudo della destra sin da “quando c’era lui”. Alle ultime elezioni europee Fratelli d’Italia ha raccolto quasi il 38 per cento dei consensi e la Lega di Matteo Salvini oltre l’11 per cento; la premier Giogia Meloni può vantare oltre 10 mila preferenze nel comune laziale. Per le strade di Latina la parola d’ordine è “prima gli italiani”, ma nessuno manderebbe i propri figli a lavorare nelle aziende agricole della zona. E poi c’è un’altra Latina, quella degli invisibili che non hanno diritto di parola e di voto: schiavi al servizio di chi, direttamente o indirettamente, oltre a disprezzarli li sfrutta come bestie. 

Fonte : Today