Intelligenza artificiale, perché creare una via europea è così difficile

Che cos’è la sovranità quando non si hanno campioni?“, si chiede Raluca Csernatoni, ricercatrice specializzata in tecnologie emergenti presso il think tank Carnegie Europe.

Le preoccupazioni europee sullo strapotere americano non sono nuove. Generazione dopo generazione, il settore della tecnologia è sempre stato dominato dalle grandi società statunitensi, i cui prodotti sono diventati parte integrante dell’infrastruttura sociale ed economica europea. Le aziende del vecchio continente fanno affidamento su Microsoft Office e Amazon Web Services, mentre i dispositivi mobili si poggiano su Apple e Google, che gestiscono anche gli app store. In Europa l’attività politica viene fatta anche su WhatsApp, mentre le notizie hanno come sbocco primario Facebook, Instagram e Twitter. E Netflix si guarda anche in Francia.

Le aziende tech statunitensi operano su una scala diversa. In Europa solo due delle dieci società quotate di maggior valore provengono dal settore tecnologico: la tedesca Sap, che realizza software aziendali, e l’olandese Asml, produttrice di apparecchiature per semiconduttori. Di contro, sei delle dieci aziende quotate più preziose al mondo sono big tech statunitensi. Nvidia e Microsoft, le due più grandi, valgono ciascuna oltre 15 volte Sap.

Questa concentrazione di potere non piace ai governi europei, in quanto rende le aziende locali soggetti in qualche modo passivi in uno dei campi cruciali del futuro, costringendole a importare i servizi e le tecnologie più recenti in cambio di denaro e dati che finiscono dall’altra parte dell’Atlantico. Questi timori ora hanno assunto una nuova urgenza, in parte perché alcuni a Bruxelles percepiscono un crescente divario di valori e idee tra la Silicon Valley e i cittadini dell’Unione europea e i loro rappresentanti, e in parte perché nell’immaginario collettivo l’AI è considerata il motore della prossima rivoluzione tecnologica.

Visioni divergenti

Le ansie dell’Europa per il ritardo nell’AI sono precedenti a ChatGPT. Nel 2018, la Commissione europea ha pubblicato un piano sull’intelligenza artificiale che chiedeva un'”AI made in Europe” in grado di competere con gli Stati Uniti e la Cina. Ma al di là del desiderio di un controllo di qualche tipo sulla forma della tecnologia, l’esatta definizione di “sovranità dell’AI” è diventata piuttosto confusa. “Per alcuni significa che dobbiamo organizzarci per combattere le big tech – spiega Daniel Mügge, professore di aritmetica politica presso l’Università di Amsterdam, che studia la politica tecnologica dell’Ue –. Per altri, invece, significa che non c’è nulla di male nelle big tech, purché siano europee“.

Fonte : Wired