Materie prime critiche, cosa c’è nel decreto

Per quanto concerne i finanziamenti, il decreto stabilisce che allo Stato spetteranno delle royalty per le concessioni minerarie di progetti strategici: per quelli a mare, con un’aliquota del prodotto quantificata in una percentuale compresa tra il 5 e il 7%. Per quelli sulla terraferma esse spetteranno invece sia allo Stato, sia alle regioni. Tali somme confluiranno interamente nel Fondo sovrano per il Made in Italy e contribuiranno a sovvenzionare gli investimenti nella filiera delle materie prime strategiche.

Uno degli articoli del decreto, il 12, sarà dedicato interamente proprio al suddetto fondo, al quale sarà dunque dato il via libera definitivo. La sua gestione sarà affidata al Fondo italiano d’investimento e a Invimit, che potranno disporne per investire anche in strumenti di rischio emessi da società di capitali, comprese quelle quotate in mercati regolamentati e negli asset immobiliari, e, tra esse, quelle costituite in forma cooperativa. Il fondo potrà inoltre essere impiegato relativamente agli asset immobiliari, anche a quelli pubblici o derivanti da concessione, strumentali all’operatività delle società delle filiere strategiche.

Il Critical raw material act è il regolamento attraverso il quale l’Unione europea ha scelto di contrastare la dipendenza europea dai fornitori stranieri delle materie prime critiche. La commissione ha introdotto con esso degli obiettivi strategici utili ad aumentare l’autosufficienza strategica dell’Europa nel settore delle terre rare e, in generale, proprio delle materie prime critiche. Tra queste, ci sono per esempio l’antimonio, il berillio, il gallio, il germanio, il titanio e il vanadio, storicamente importate al 100% da paesi terzi.

Fonte : Wired