Pirandello, I Quaderni di Serafino Gubbio operatore e la voce del dubbio nel tema di maturità 2024

Il rapporto tra l’uomo e la macchina, la nuova frontiera tecnologica del cinema: agli inizi del Novecento si apre un mondo diverso, e Pirandello registra la temperie del nuovo secolo  in un romanzo in forma di diario. Nel 1915 pubblica Si gira, destinato a diventare in edizione riveduta nel 1925 Quaderni di Serafino Gubbio operatore. Le considerazioni del protagonista sono al centro della riflessione nella seconda proposta del tema letterario della maturità 2024. Nell’epoca in cui i Futuristi osannano l’avvento delle macchine, Serafino Gubbio rappresenta la voce del dubbio. Viva la Macchina che meccanizza la vita! Vi resta ancora, o signori, un po’ d’anima, un po’ di cuore e di mente? Date, date qua alle macchine voraci, che aspettano! Vedrete e sentirete, che prodotto di deliziose stupidità ne sapranno cavare. Così si legge nel testo pirandelliano, in un romanzo che vede il protagonista condannato a identificarsi con la macchina con cui lavora, a non essere altro che una mano che gira una manovella.

L’operatore vive una vita alienata: Servo la mia macchinetta, in quanto la giro perché possa mangiare. Ma l’anima, a me, non mi serve. Mi serve la mano; cioè serve alla macchina. Una vita che scorre sullo sfondo della Roma che ospitava i primi passi dell’industria del cinema: il romanzo non è fatto di sole riflessioni, ma di un intreccio che vede Serafino osservare dal suo punto di vista privilegiato il mondo artificiale della finzione scenica. L’attrice russa Varia Nestoroff è al centro di vicende anche drammatiche: l’amico di Serafino, Giorgio Mirelli, si suicida per amore della donna, paragonata a una tigre per il suo comportamento con gli uomini che la adorano. E a una tigre, vera, si deve il finale del romanzo: Serafino riprende con la sua macchina la morte della Nestoroff. L’attore, suo ex amante, impegnato in una scena in cui dovrebbe uccidere la belva, rivolge il fucile verso la donna, ma viene a sua volta sbranato dalla tigre. Il felino, ribelle, ultimo emblema della natura che in tutto il libro lotta contro l’artificio, diventa contro la sua volontà, protagonista di un ennesimo artificio, nella pellicola che immortala la scena. Serafino per il trauma perde la parola e, muto, continua il suo lavoro di operatore, ridotto a girare la manovella senza più neanche una voce.

Fonte : Wired