Sui conti pubblici “la pacchia è finita”: Italia sotto procedura per deficit eccessivo

La tolleranza sui conti pubblici da parte dell’Europa è finita. Dopo quattro anni di pausa dovuta alla crisi scatenata dalla pandemia di coronavirus prima e dalla guerra in Ucraina poi, quest’anno è tornato in vigore il Patto di Stabilità. Anzi il nuovo Patto, proprio recentemente approvato a Bruxelles. E la prima conseguenza è che l’Italia finirà sotto procedura di infrazione per il deficit eccessivo. Quello del nostro Paese è il più alto dell’intera Unione: lo scorso anno era al 7,4% del Pil, seguito da quello della Francia al 5,5%. E con il tetto imposto dalle regole comunitarie al 3% non ci sono speranze che potremo farla franca.

Ritorna l’austerità del Patto di Stabilità, quanto costerà all’Italia

A Bruxelles oggi (19 giugno) starà a un italiano il compito di emettere la sentenza di condanna: il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni. Lo farà in occasione della presentazione del pacchetto del Semestre europeo, con cui l’esecutivo comunitario dà le pagelle ai conti pubblici dei Paesi membri e chiede correzioni. E l’Italia sarà in buona compagnia nel gruppo dei ‘cattivi’. In tutto sono 11 gli Stati che hanno chiuso l’anno scorso con un deficit superiore al tetto imposto dal trattato di Maastricht. Sette fanno parte dell’area euro: oltre a Italia e Francia ci sono Belgio (4,4%), Estonia (3,4%), Spagna (3,6%), Malta (4,9%) e Slovacchia (4,9%). A loro si aggiungono Cechia (3,7%), Polonia (5,1%), Romania (6,6%) e Ungheria (6,7%).

La novità rispetto al passato è che, per questa volta, la Commissione ha deciso di rinviare a novembre la definizione delle raccomandazioni ai governi per correggere il disavanzo, visto che si stanno applicando per la prima volta le regole di bilancio stabilite dal nuovo Patto di Stabilità. Un nuovo Patto che ha avuto l’ok dal governo di Giorgia Meloni, anche se poi tutti i deputati italiani si sono astenuti al passaggio al Parlamento europeo ad aprile. La base delle nuove regole resta comunque sempre la stessa: gli Stati non possono superare del 3% il rapporto tra deficit e Pil, e del 60% per il debito pubblico. Queste due percentuali restano le stelle polari.

E noi questi tetti li violiamo entrambi, visto che il nostro debito pubblico è di oltre il 137%, secondo solo a quello della Grecia che è al 162%. Adesso il nostro Paese dovrà far scendere queste percentuali, e in fretta. Secondo le regole per uscire dalla procedura di infrazione i governi devono ridurre obbligatoriamente il rapporto tra deficit e Pil dello 0,5% l’anno. Per l’Italia, che ha un Pil nominale di circa 2mila miliardi, questo dovrebbe significare tagli di almeno 10 miliardi l’anno nel bilancio pubblico. Non pochi. In occasione dell’apertura della procedura non dovrebbero essere date indicazioni quantitative sull’entità della correzione richiesta a ogni singolo Paese e la raccomandazione vera e propria sarà adottata solo a novembre, quindi dalla nuova Commissione, ma meno di 10 miliardi di tagli all’anno sarà difficile.

Possibile che la richiesta sia anche superiore, vista l’urgenza di ridurre anche il nostro debito secondo le nuove regole del Patto. Insomma si preannunciano mesi di fuoco per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Il leghista discuterà della questione già nei prossimi giorni con i cuoi colleghi europei: prima all’Eurogruppo di domani (20 giugno) e poi all’Ecofin di venerdì (21 giugno). Sarà poi a novembre che, con la definizione delle raccomandazioni sulle manovre da mettere in atto già nel 2025, si passerà alla fase più rilevante. Allora verrà stabilità una ‘traiettoria tecnica’ espressa in termini di spesa netta per i Paesi con debito superiore al 60% del prodotto lordo o con disavanzo superiore al 3% del Pil. Su quella base i governi prepareranno dei piani strutturali con l’obiettivo di portare il debito pubblico su un percorso di riduzione ‘plausibile’, e il deficit al di sotto del fatidico 3%.

Fonte : Today