Dire all’Ucraina che deve ritirarsi dall’Ucraina, come in pratica ha fatto Putin, è una curiosa “proposta di pace”, e il fatto che in occidente, nel libero e democratico occidente, qualcuno prenda seriamente in considerazione un’idea del genere significa che i nemici della libertà lavorano all’interno delle nostre società, e dobbiamo saperli identificare come tali.
Come spesso accade, per conoscere le intenzioni e le motivazioni di qualcuno è sufficiente leggere che cosa si dice da quella parte. Il politologo russo Sergey Markov è un personaggio molto pericoloso, abituato a interferire con la politica interna di altri Paesi. Ad esempio fu immischiato in un attacco hacker in Estonia e, dopo la vittoria di Trump nel 2016, disse che “forse lo abbiamo aiutato un po’ con Wikileaks” (dedicato a chi vede in Assange un paladino della libertà d’informazione).
La storia del popolo russo “oppresso”
In un’intervista a La Stampa di oggi, Markov si è espresso molto chiaramente. Ha parlato di “guerra per la libertà identitaria”, del “problema dell’oppressione del popolo russo in Ucraina” e del fatto che, proponendo di tenere le quattro regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, Putin mostrerebbe “flessibilità” lasciando all’Ucraina “le città russe” di Kharkiv, Mykolaiv, Odesa, Sumy e Chernihiv, a patto che si proceda a “denazificare” l’Ucraina e stabilire uno “status della lingua russa”.
Ancora una volta viene confermato il carattere imperialista di questa guerra. Le città in cui in maggioranza si parla o si parlava russo diventano “città russe”, ed esisterebbe un “popolo russo” che in Ucraina è “oppresso”.
Tutto ciò è falso. Ho assistito all’uso della lingua russa a Kyiv e in altre parti dell’Ucraina, da parte di ucraini che si sentono invasi e non liberati, anche dopo l’invasione su larga scala, nonostante molti ucraini ex russofoni abbiano liberamente scelto di abbandonare la lingua dell’invasore e passare all’ucraino. Molti ma non tutti, e non c’è nessuno che li opprime per questo, come nessuno li opprimeva prima del 24 febbraio 2022. Ogni Paese ha una regola sulla lingua ufficiale e questo non significa che le altre lingue siano oppresse o discriminate.
Dopo quasi 900 giorni di guerra su vasta scala dobbiamo ancora discutere di queste scemenze, che servono a “coprire” la volontà imperialistica di russificare l’Ucraina, come ogni ucraino sa (perché lo vive sulla sua pelle e su quella della sua famiglia, anche storicamente). Allo stesso tempo, Markov nell’intervista definisce “democrazia” la Russia ed evidenzia l’altro grande obiettivo della guerra: “Dividere definitivamente l’Occidente collettivo dal Sud globale”. Il Sud globale che si fa colonizzare da anni dalla Russia, nonché dalla Cina, attraverso l’aiuto militare ai peggiori dittatori, non certo con programmi di cooperazione che siano di vantaggio per i popoli.
Se siamo dentro la “guerra mondiale” è perché l’ha sferrata Putin, con un programma imperialista degno di altri secoli, indegno della pace che faticosamente abbiamo conquistato e preservato in occidente. Le vere democrazie, tra loro, cooperano e non fanno guerre. La legge della forza e della violenza serve a chi non accetta quel mondo di pace che i pacifisti sanno soltanto ripetere come un ritornello stonato, e che le democrazie interpretano nel modo più autentico.
Fonte : Today