Cento anni fa, esattamente il 2 agosto 1924, nasceva James Baldwin. Figura di culto negli Stati Uniti, è uno di quegli intellettuali e attivisti che, pur radicato nel suo territorio e nelle sue problematiche, è stato un esempio anche oggi vitalissimo in tutto il mondo. Pochi autori come lui hanno esplorato dinamiche così varie eppure così interconnesse, e oggi al centro di dibattiti centrali nella nostra cultura: dal razzismo alla mascolinità, dai diritti civili alla lotta di classe, dall’orientamento sessuale alla problematizzazione della società americana così come si è affermata nel XX secolo.
Nato ad Harlem nel 1924 appunto, visse la giovinezza a New York e nel New Jersey, mostrando immediatamente talento e acume precocissimi ma anche un grande conflitto interiore, dovuto in particolare alla propria omosessualità (o bisessualità, non si definì mai in modo del tutto univoco: “Ho amato qualche donna. Ho amato qualche uomo. È quello che mi ha salvato”, ha detto) ma anche alla rabbia nei confronti dei pregiudizi e delle discriminazioni per il suo essere afroamericano. Si trasferì dunque a Parigi, dove visse per parecchi anni immerso in un milieu intellettuale vivacissimo, e condusse il resto della sua vita tra gli Stati Uniti (dove partecipò con grande slancio ai movimenti per i diritti civili delle persone black) e l’Europa, vivendo poi anche in Svizzera, Turchia e poi ancora in Francia a Saint-Paul-de-Vence, dove morì nel 1987.
Il primo riconoscimento editoriale gli viene nel 1953, con la pubblicazione del romanzo di formazione semiautobiografico Gridalo forte (Go Tell It On the Mountain), in cui fonde l’ambiguo ruolo della spiritualità cristiana nell’identità black a una lucidissima critica contro il razzismo imperante. Seguono la raccolta di saggi anche questi autobiografici del 1955 Notes of a Native Son (in italiano tradotto come Mio padre doveva essere bellissimo ma anche come Appunti americani e Questo mondo non è più bianco) e poi nel 1956 uno dei suoi romanzi capolavoro, La stanza di Giovanni (Giovanni’s Room).
Quasi tutti i protagonisti delle opere di Baldwin, anche i successivi Un altro mondo, Sulla mia testa, Se la strada potesse parlare (da cui di recente è stato tratto un film di Barry Jenkins), sono uomini neri travagliati sia dal loro orientamento sessuale sia dalla loro marginalizzazione sociale, fatta di povertà, disillusione e soprattutto persecuzione razziale; sono persone che vivono in modo bruciante sulla propria pelle la vita ai margini, ma che al tempo stesso sperano o lottano per un certo tipo di salvezza, che può essere politica o ancora di più romantica e ideale ( In questo senso tutte le pagine di questo autore sono struggenti e politiche in egual misura, esprimendo con naturalezza precoce quell’intersezionalità tanto cara ai dibattiti di oggi.
Fonte : Wired