Il presidente francese Emmanuel Macron ha stupito tutti (inclusi i suoi stessi sostenitori) quando ha sciolto la camera bassa del Parlamento e ha indetto nuove elezioni a seguito della debacle subita dalla sua lista alle europee. L’inquilino dell’Eliseo vuole giocarsi il tutto per tutto, ma stavolta potrebbe aver fatto il passo più lungo della gamba. Sia alla sua destra che alla sua sinistra i partiti e i leader politici si stanno muovendo per costruire delle alleanze elettorali anti-Macron, con cui lanciare l’assalto all’Assemblée nationale.
Voto anticipato
Nessuno si aspettava l’annuncio a sorpresa, giunto a spoglio ancora in corso, con cui domenica sera (9 giugno) il capo di Stato transalpino ha calciato la palla in tribuna convocando le elezioni anticipate in due turni, il 30 giugno e il 7 luglio. La sua motivazione: il risultato delle urne europee, con il Rassemblement national (Rn) di Marine Le Pen e Jordan Bardella sopra il 31% e la sua lista di coalizione Renaissance inchiodata ad un 15% scarso, non rendeva più sostenibile il governo del suo primo ministro Gabriel Attal.
L’alleanza delle destre
I lepenisti hanno provato innanzitutto a trovare un accordo con l’altra forza dell’estrema destra francese, Reconquete di Éric Zemmour e Marion Maréchal (nipote di Le Pen), recentemente entrati nei Conservatori e riformisti (Ecr) di Giorgia Meloni. Ma il progetto è durato di fatto poche ore. Bardella ha ammesso che le “discussioni” tra Reconquête e il Rassemblement National “non sono giunte a una conclusione” sostenendo che le “posizioni” di Zemmour abbiano “reso nulle le condizioni per un accordo”. Maréchal dal canto suo ha deplorato “un cambiamento di posizione” da parte del Rr, che “rifiuta il principio stesso di un accordo”. Insomma un niente di fatto
Ma a creare un altro terremoto politico sarebbe il patto in discussione con Les Républicains (Lr), il partito gollista di centro-destra guidato da Éric Ciotti che fa parte dei Popolari europei (Ppe), al cui interno si registrerebbero però già dei malumori che potrebbero portare ad una scissione definitiva. “Diciamo le stesse cose, quindi smettiamo di inventarci un’opposizione immaginaria”, ha dichiarato il leader dei Repubblicani a TF1 TV. “Questo è ciò che vuole la stragrande maggioranza dei nostri elettori. Ci dicono ‘raggiungete un accordo'”, ha aggiunto. I commenti di Ciotti indicano che il decennale consenso tra i partiti tradizionali di unire le forze per tenere l’estrema destra fuori dal potere sta esplodendo dopo l’inaspettata decisione di Macron di indire elezioni lampo.
La mossa di Ciotti potrebbe spingere i Repubblicani sull’orlo del collasso, con diversi legislatori del partito che sono già pronti a uscire. “Per me (e per molti deputati Lr) è impensabile che ci possa essere il minimo accordo, la minima alleanza, anche locale o personale, con il Rn”, ha dichiarato alla Reuters Philippe Gosselin, deputato Lr, aggiungendo che con altri parlamentari avrebbe creato un nuovo gruppo. I veterani del partito hanno detto che Ciotti è isolato, ma controlla il partito secondo un sondaggio del quotidiano conservatore Le Figaro, la metà della base sarebbe d’accordo con il leader.
L’alleanza trasversale delle destre nelle parole di Le Pen si baserebbe “su due grandi progetti: la difesa del potere d’acquisto e la ripresa dell’economia e la lotta contro l’insicurezza e l’immigrazione”. Anche Debout la France, un’altra formazione dell’ultradestra transalpina, potrebbe entrare in questo grande cartello elettorale.
Dal canto suo, Le Pen mira da sempre all’Eliseo, le cui porte si riapriranno solo nel 2027, quando ci saranno le nuove presidenziali. La figlia di Jean-Marie, fondatore del Front national (antenato del Rn) dal quale negli anni si è distanziata con un’operazione di dédiabolisation che ha finalmente dato i suoi frutti, ha già tentato l’assalto alla presidenza nel 2012 (arrivando terza), nel 2017 e nel 2022 (le ultime due volte perdendo al ballottaggio contro Macron).
Il fronte delle sinistre
E anche alla sinistra del campo centrista si registrano movimenti febbrili. Dagli ambientalisti alla sinistra radicale, passando per socialisti e comunisti, undici forze politiche della galassia progressista hanno deciso lunedì (10 giugno) di unire le forze per costituire un Nouveau front populaire (Nfp) che ponga un argine all’ascesa dell’estrema destra. E che metta anche fine all’egemonia del centro liberale targato Macron sulla politica d’Oltralpe.
Non era una mossa scontata, date le relazioni non sempre facili tra i vari partiti (che all’Eurocamera siedono tra Socialisti, Verdi e Sinistra) e soprattutto tra il leader di Place publique Raphael Glucksmann (rieletto eurodeputato lo scorso weekend, quando il risultato della sua lista ha fatto parlare di una resurrezione del centro-sinistra) e Jean-Luc Mélenchon, fondatore de La France insoumise e federatore delle sinistre transalpine alle ultime legislative del 2022, quando ha dato vita alla Nupes (Nouvelle union populaire écologique et sociale), una sorta di “campo largo” transalpino che l’Nfp di fatto sostituisce.
Un punto su cui ancora manca un accordo tra le forze progressiste è però un profilo unitario da insediare come premier in caso di vittoria alle urne: per escludere sia se stesso che Mélenchon dalla competizione, Glucksmann vorrebbe candidare l’ex leader sindacalista Laurent Berger, ma pare che questa posizione non sia condivisa unanimemente. L’eurodeputato ha invitato a “non ripetere la Nupes”, riferendosi all’implosione di quell’alleanza lo scorso novembre.
Una cosa è certa, comunque, per tutte le forze politiche d’Oltralpe: il tempo stringe, con la scadenza per presentare le candidature fissata alle ore 18 di domenica 16 giugno.
Cosa dicono i sondaggi
Stando ai sondaggi più recenti, l’estrema destra del Rn viaggerebbe su un solido 34%: questo frutterebbe al partito guidato dal giovane Bardella la maggioranza relativa all’Assemblea al secondo turno, poiché consentirebbe ai lepenisti di ottenere un numero di deputati compreso tra i 235 e i 265 su un totale di 577 seggi. Il campo macroniano, invece, sarebbe intorno al 19% e potrebbe eleggere tra i 125 e i 155 parlamentari. Se questi numeri dovessero essere confermati dal corpo elettorale, il 28enne avrebbe tutte le carte in regola per diventare il più giovane primo della storia repubblicana.
Il Rn, che in Europa si colloca nella famiglia di Identità e democrazia (Id) con la Lega di Matteo Salvini, potrebbe quindi riuscire a tagliare quel “cordone sanitario” che gli ha sempre impedito di entrare nelle stanze dei bottoni. L’estrema destra transalpina è finora stata esclusa dal coinvolgimento nella cosa pubblica grazie ai ripetuti appelli da parte dei partiti tradizionali a difendere il cosiddetto “fronte repubblicano”. Ma quella fase politica potrebbe essere alla fine.
Fonte : Today