Come ridurre la bolletta del 70 per cento: i conti delle comunità energetiche

Lo spirito di comunità torna attuale grazie all’energia, da mettere in rete a vantaggio di cittadini, aziende ed enti pubbici. E, prima ancora, dell’ambiente. Con il via libera di Bruxelles, l’Italia ha approvato nel novembre 2023 il pacchetto di incentivi per favorire la pratica dell’autoconsumo di energia pulita, avviando una fase in cui le comunità energetiche rinnovabili (Cer) potranno diventare una realtà diffusa nel Paese. I destinatari sono gruppi di cittadini, condomìni, piccole e medie imprese, enti locali, cooperative, associazioni ed enti religiosi.

Il decreto italiano è incentrato su due misure: una tariffa incentivante sull’energia rinnovabile prodotta e condivisa, e un contributo a fondo perduto dedicato ai comuni sotto i 5000 abitanti. Il piano rientra in pieno nella logica del green deal europeo, attraverso un processo che è già in corso: l’energia elettrica dell’Ue sta diventando sempre più verde per arrivare alla neutralità climatica entro il 2050. Nell’eurozona, la quota di rinnovabili (principalmente eolico, solare e idroelettrico) nella produzione di energia elettrica è passata dal 25% del 2012 al 39,4% del 2022. L’Italia, più indietro rispetto alla Germania ma più avanti della Francia, è a quota 37%.

Come funzionano le comunità Cer

All’obiettivo della decarbonizzazione si aggiunge quello dell’autonomia energetica, stabilito esplicitamente dal Piano RepowerEU nel 2022 in seguito all’aggressione russa in Ucraina e alla conseguente decisione di eliminare progressivamente la dipendenza dai combustibili fossili provenienti dai paesi extracomunitari. In quest’ambito le comunità energetiche hanno un’importanza primaria, perché costituiscono centri locali di autoproduzione e autoconsumo: in pratica, il concetto del km 0 adattato al tema dell’energia.

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Una comunità energetica è un’associazione su scala locale di cittadini, attività commerciali, piccole e medie imprese e amministrazioni pubbliche che si uniscono per produrre e condividere l’energia generata da fonti rinnovabili in un’area geografica limitata. Tali comunità riescono a soddisfare le proprie esigenze grazie al consumo condiviso dell’energia autoprodotta, utilizzando impianti e infrastrutture interne che sfruttano il fotovoltaico, l’eolico e altre tecnologie green.

Anche chi non dispone di un proprio impianto di produzione può partecipare alla rete e consumare l’energia prodotta dall’impianto comune, senza necessariamente contribuire all’acquisto e all’installazione: a questo provvedono i soggetti investitori, cui spetterà una remunerazione tramite una quota maggiore degli incentivi. Sul piano dei benefici economici, grazie ai meccanismi di incentivazione derivanti dall’energia prodotta e utilizzata, la comunità è in grado di produrre un reddito energetico da redistribuire, ovvero un surplus remunerativo proveniente dall’energia prodotta: i risparmi energetici si traducono in cali dei consumi e dei costi in bolletta, a cui si aggiungono i meccanismi degli incentivi del Gse (Gestore servizi energetici).

La corsa di comuni, aziende e famiglie

Il passaggio iniziale per la realizzazione di una Cer, dopo l’individuazione dell’area interessata alla costruzione dell’impianto e della cabina primaria, è l’atto costitutivo. Il soggetto gestore della misura è il Gse, società del ministero dell’Economia, che valuterà i requisiti di accesso ai benefici ed erogherà gli incentivi. Per le Cer realizzate nei comuni sotto i 5.000 abitanti, come detto, c’è un contributo a fondo perduto fino al 40% dei costi di realizzazione di un nuovo impianto (o di potenziamento di uno esistente), misura finanziata con 2,2 miliardi dal Pnrr.

Una delibera regionale (rientrante in un piano pluriennale da 7,3 miliardi) ha messo a disposizione 1 milione di euro, cifra poi raddoppiata, per sostenere l’avvio delle Cer in Veneto. L’interesse è alto, come dimostrato dalle 185 domande ricevute tramite il bando pubblico pubblicato a febbraio 2024. Il bando fa parte dell’Azione 2.2.1 del Piano regionale Fesr 2021-2027, che sostiene, oltre alle spese di fattibilità e costituzione, anche quelle per la realizzazione degli impianti di produzione e gestione. La Regione, come spiegato dall’assessore allo Sviluppo economico, Roberto Marcato, si è posta l’obiettivo di avere circa 60 Cer attive in Veneto entro il 2029. Ma, precisa, ”l’impegno e le numerose azioni che stiamo mettendo in campo ci permetteranno di raggiungere il target probabilmente già entro il 2025”.

Ecco i primi progetti veneziani

In provincia di Venezia sono in fase di avvio i primi progetti. In aprile, a Jesolo, è stata Federalberghi a promuovere quella che è considerata la prima comunità energetica in una località turistico-balneare del Veneto. I soci fondatori sono l’Aja (Associazione jesolana albergatori), Confcommercio e Confartigianato, che hanno stretto una partnership con il Gruppo Regalgrid, attivo nel settore della green economy, e Intesa San Paolo. Il gruppo ha calcolato che per i prosumer, i produttori-consumatori, la riduzione della bolletta potrà arrivare fino al 60-70%, in rapporto alle superfici messe a disposizione. Inoltre, nel periodo invernale il sistema potrebbe garantire un aiuto alle strutture pubbliche, come le scuole, il Palazzo del turismo e lo Iat, la rete di informazione e accoglienza turistica.

A Mira esiste un’iniziativa dal basso proposta da un gruppo di una trentina di cittadini che ha fondato il comitato di promozione della comunità energetica locale. ”Ci focalizziamo proprio sul concetto di comunità come opportunità di collaborazione tra persone e associazioni – spiega uno dei referenti, Fabrizio Speronello -. L’obiettivo è formare un gruppo equilibrato di produttori e consumatori, coinvolgendo anche l’amministrazione comunale. Oltre agli incentivi, è importante ricordare che l’autonomia energetica permette di evitare le dispersioni che si hanno normalmente immettendo l’energia in rete, e di conseguenza abbattere gli oneri di distribuzione in bolletta”.

Il modello della Riviera del Brenta 

Più di recente è nata l’associazione della comunità energetica della Riviera del Brenta, su iniziativa dello studio Venetiae Progetti, che vuole coinvolgere un territorio ancora più ampio che va da Vigonza a Mirano: ”È un’opportunità per 50mila famiglie e 15mila aziende”, riferisce il presidente Andrea Bernardi. L’amministrazione comunale di Mirano, invece, già nel febbraio 2023 ha firmato un accordo con il centro Mariutto, Federconsumatori, Legambiente, Mirano Nuoto e altre associazioni, oltre che parrocchie e cittadini privati.

Un progetto partito da Marghera riguarda il patrimonio residenziale pubblico: Insula, braccio operativo del Comune di Venezia, ha avviato lo studio per la creazione di una comunità energetica che dovrebbe coinvolgere sei condomini a Marghera, per un totale di 32 alloggi, attraverso l’installazione di un impianto fotovoltaico in condivisione.

I benefici delle comunità energetiche

Non è solo una questione di risparmio: le comunità energetiche nascono per incentivare un’aggregazione a livello locale, con la logica di favorire le persone in quanto espressione di un contesto territoriale che rivendica un ruolo nella creazione di valore. In questo caso, attraverso l’innovazione nel modo di generare, consumare e gestire l’energia. Le comunità energetiche, quindi, hanno innanzitutto come obiettivo il coinvolgimento e la maggior consapevolezza del cittadino all’interno del processo di transizione energetica. I servizi svolti da queste comunità di cittadini-prosumer, una volta a regime, sono numerosi e variegati: generazione, distribuzione e vendita di energia; ammodernamento ed efficientamento energetico; gestione di sistemi di accumulo; e anche supporto alla mobilità green, sia attraverso l’uso delle auto elettriche, sia rendendo disponibili punti di ricarica che utilizzano fonti rinnovabili locali, evitando di sovraccaricare la rete.

Fonte : Today