Complice forse una ricca filmografia a tema, quando pensiamo agli squali visualizziamo un temibile predatore, di dimensioni considerevoli, che nuota velocissimo in acque aperte e alle cui fauci piene di innumerevoli denti è praticamente impossibile sfuggire. La maggior parte delle specie, però, non è così: l’87% degli squali è bentonico, ossia vive in prossimità dei fondali di mari e oceani e, anche se ci sono eccezioni, non si muove poi così rapidamente. Allora da dove viene quel 13% di squali pelagici, quelli che vivono e cacciano in acqua alta, lontano dal fondo? Per trovare la risposta, secondo un team di ricercatori dell’Università della California (Riverside, Usa), si deve risalire a circa 93 milioni di anni fa, al Cretaceo inferiore, e la “colpa” fu dei cambiamenti climatici. Ecco cosa potrebbe essere successo.
Dai fondali al mare aperto
Come descritto nell’articolo pubblicato sulla rivista Current Biology, i ricercatori si sono messi a misurare le lunghezze del corpo e delle pinne di oltre 500 specie di squali sia del passato (fossili) sia dei giorni nostri. “Ciò che abbiamo visto esaminando questo enorme set di dati – ha detto Phillip Sternes, primo autore dello studio – è che le pinne hanno cambiato forma man mano che gli squali hanno espanso il loro habitat, dal fondale all’oceano aperto”. Pinne pettorali più lunghe e affusolate, d’altra parte, permettono all’organismo di muoversi più velocemente, riducendo al minimo l’energia necessaria per gli spostamenti. In sostanza, sono più adatte all’habitat pelagico.
Colpa del riscaldamento globale
Ma perché alcuni squali avrebbero abbandonato i fondali per inoltrarsi nelle vastità oceaniche? Stando all’indagine, il processo di evoluzione di questi pesci cartilaginei sarebbe iniziato nel Cretaceo inferiore, periodo caratterizzato da un progressivo ma deciso innalzamento della temperatura del pianeta, e quindi anche delle acque. Circa 93 milioni di anni fa, secondo gli esperti, ci fu una massiccia fuoriuscita di lava vulcanica che fece aumentare vertiginosamente i livelli di anidride carbonica sulla Terra, innescando l’effetto serra. Basti pensare che se le temperature superficiali degli oceani oggi si aggirano attorno ai 20°C, all’epoca stavano sui 28°C. Respirare a livello dei fondali, a quel tempo, si fece più difficile, così tanto che alcune specie di pesci cartilaginei presero la via delle acque superficiali e, nel giro di qualche milione di anni, i meccanismi adattativi le portarono ad assumere una morfologia diversa da quella dei parenti bentonici, più simile a quella odierna degli squali pelagici.
Squali e cambiamenti climatici oggi
Secondo gli autori della ricerca l’evoluzione degli squali è stata fortemente influenzata dai cambiamenti climatici, portando alcune specie a diventare i temibili predatori che sono oggi. Ed è probabile che questi pesci siano ancora molto sensibili al riscaldamento globale. Si sa che specie di predatori come squali e razze (che, va ricordato, che sono animali a sangue freddo) stanno modificando la loro distribuzione geografica seguendo lo spostamento delle fasce di temperatura e delle prede: diverse specie sono state documentate sempre più a nord e vicino alle coste, alla ricerca di cibo. Gli effetti dei cambiamenti climatici odierni, però, sono difficili da prevedere. Come sottolineano i ricercatori, l’aumento delle temperature nel Cretaceo inferiore è durato un’epoca, con un picco netto nell’arco di 1-2 milioni di anni, ma oggi il riscaldamento è molto più rapido e non c’è nulla di paragonabile nella documentazione geologica su cui basarsi per fare previsioni. Più che chiedersi se tutto questo possa incrementare la possibilità di incontrare squali facendo una nuotata, tuttavia, bisognerebbe preoccuparsi del futuro degli ecosistemi marini.
Fonte : Wired