Laura Formenti: “Viviamo l’epoca dei vittimismi, ridiamoci su. Porto a teatro la mia vita, tra gavetta e la banca che chiama”

Nell’epoca del vittimismo prêt-à-porter, uno spettacolo di Laura Formenti è la soluzione. Dissacrante e sfacciatamente onesta, la stand up comedian è in teatro “Drama queen”, uno show in cui sfotte le storie lacrimose dilaganti sui social, in tv e sulle copertine di Vanity Fair, ed approda su Spotify col podcast “Humor nero”, che racconta proprio “il risvolto comico delle storie drammatiche”. “Ridere di ciò che ci fa male ci fa bene”, assicura. “Sul web e nella vita il disagio vende, ma a tenere banco sono i drammi del primo mondo: l’unica via di scampo sembrano essere l’ironia e l’autoironia. Una domanda continua infatti a girare nella mia testa: se quelli che consideriamo drammi quotidiani fossero semplicemente vita?”.

Dai “tiktoker che realizzano video dagli ospedali” agli “influencer che cambiano patologie con la velocità con cui gli stilisti cambiano collezione”, fino alla crisi degli alloggi a Milano, Laura – in tourneée dal 9 giugno – prende in giro la vita ai tempi della sovraesposizione di sé sui social media. Compresa se stessa: “Quando mi sono trovata a dover scrivere questo spettacolo, desideravo raccontare questa mia gavetta fatta dei mille lavori che ho collezionato, ma temevo io stessa di finire proprio all’interno di quella dinamica lì della ‘triste storia’”. 

In televisione ci sono interi palinsesti che si fondano sul feticismo della fragilità.

“Mi sono chiesta: ma non dovremmo prenderci un po’ più per il culo? Nel senso: la mia è stata una triste storia fino a un certo punto. È vero, ho fatto tanti lavori diversi, sono stata squattrinata per vent’anni della mia vita, però questa cosa si chiama vita”.

Perché secondo te questa è un’epoca che si presta così facilmente ai vittimismi?

“Perché non ci confrontiamo con i drammi veri. Sicuramente se ci guardiamo intorno, magari viaggiando, ci rendiamo conto che spesso le nostre vite hanno drammi non confrontabili. Nel podcast intervisto persone che hanno avuto vite al limite, italiani e non. Ed è bello vedere che chi ha vissuto drammi veri riesce anche a riderne. Paradossalmente più sei dentro un dramma e più senti il bisogno di alleggerire, meno vivi un dramma e più tendi a drammatizzare”. 

L’anno scorso hai fatto un viaggio in Africa.

“Sono stata in Senegal, poi di recente in India. Mi piace molto girare, soprattutto andare in paesi meno benestanti dei nostri, perché è uno sguardo che ti riposiziona. Poi c’è da dire che i social hanno sdoganato la mitomania… Tutti hanno bisogno di farsi vedere. E cosa c’è più visibile di un dramma? Siamo sempre tutti alla ricerca di qualcosa di eclatante da raccontare. È un modo per essere visti”. 

Tu vieni da San Martino Siccomario, un piccolo paese in provincia di Pavia. Leggo che hai scoperto la tua vocazione a 27 anni. Cos’è accaduto in quel momento?

“Me ne sono andata di casa. Avevo già iniziato a fare teatro e ad apprezzarlo, ma in quel momento, a parte la vocazione, i miei mi hanno preso a pedate. Mi hanno invitato a dimostrare che fare l’attrice poteva essere un lavoro vero: ‘Quella è la porta, facci vedere come ci campi'”.

E tu?

“Io, che sono un po’ orgogliosa, ho cominciato a vivere un po’ sui divani delle amiche. Poi è partita tutta la mia storia dei duecento lavori, la banca che ti chiama perché non hai i soldi per pagare l’affitto, il lavoro al bar della stazione. Mia mamma è mezza tedesca, quindi per lei a 18 anni ero già grande, figuriamoci a 27! In realtà la mia passione l’avevo trovata un po’ prima, ma non avevo trovato il coraggio”.

E come hai trovato il coraggio?

“Non ho mai pensato davvero a un piano b. E questo mi ha un po’ salvato, perché a volte avere duecento lavori e non avere un soldo è così dura che potrebbe portarti a mollare. Essendomi però bruciata tutto, ovvero non avendo mai accettato un lavoro fisso, non potevo mollare. Le prime svolte sono arrivate intorno ai trent’anni, quando ho scoperto la comicità: la stand up è arrivata intorno ai 35. Ma ho iniziato a camparci bene solo da qualche anno”. 

Prima ci sono stati il teatro di strada, gli spettacoli sui trampoli. Cosa ti porti dietro di quegli anni?

“La curiosità. L’amore vero e artigianale per questo lavoro. Non ho mai preso in considerazione un’idea del tipo ‘mi butto sui social per fare successo’. Per me l’obiettivo era campare di questo lavoro. La mia è sempre stata dedizione pura, poi ammetto che negli ultimi anni sono arrivati riconoscimenti e che questo ti invoglia a volere qualcosa di più. Ma, banalmente, non riesco a immaginarmi a fare altro”. 

Negli ultimi anni hai scritto tutti i suoi spettacoli con l’autore Giuseppe della Misericordia. Che rapporto c’è tra voi?

“Dieci anni fa, dopo che avevo interrotto il lavoro in una coppia comica, volevo smettere con la comicità, per via della nota fiducia che noi donne abbiamo in noi stesse. È stato lui a convincermi che avevo talento. All’inizio è stato complesso trovare una poetica comune, ma abbiamo sempre scritto a quattro mani: lui aveva conoscenza tecnica, io portavo il mio mondo. Lui uomo, io donna. Lui un po’ più grande…”

Due sguardi diversi.

“Per esempio il pezzo di Italia’s got talent (il monologo sul rapporto tra i sessi, vincitore dell’edizione 2021, ndr) simbolizza questa riflessione. A un certo punto ci siamo resi conto che le donne non sanno molto degli uomini e viceversa. Non era un pezzo polemico: non scriverei mai che gli uomini hanno un solo neurone. Era: tu non sai niente del mio corpo, io non so niente del tuo”. 

Negli spettacoli parli anche di sesso, del piacere femminile in particolare. 

“In realtà ultimamente non so mai se parlarne, perché è considerato un tema sdoganato. La verità è che per tanti anni noi donne siamo state zitte, ora invece ci siamo liberate e ne vogliamo parlare, quindi ne parliamo tanto. Io sono stata una delle prime a farlo in chiave comica e tutt’ora credo che la differenza stia nel metodo: io mi diverto a giocare sul discorso linguistico, sugli elementi culturali. Il cunnilingus… Perché dobbiamo chiederlo in latino?”.

Hai detto che “siamo metà popolazione, ma ci comportiamo come se fossimo una minoranza”. Tornando al vittimismo di cui sopra, è una autocritica alla categoria?

“Io sono sempre a favore dell’autocritica, soprattutto a me stessa. Credo che a volte ci viviamo come una minoranza, ma ci hanno anche trattato così per tanto tempo”. 

A proposito di temi fin troppo sdoganati, oggi tutti si improvvisano comici su TikTok. È la nuova comicità frammentata in video compulsivi di pochi secondi. 

“A fare la grande differenza è lo spettacolo live. Quando uno è davvero bravo, dal vivo ti sembra ancora più bravo. Viceversa, significa che non ha fatto un lavoro di crescita per diventare un artista sul palco”. 

Tu hai trovato il tuo pubblico sui social?

“I social consentono un contatto non mediato con il pubblico. Salti tutta una serie di questioni, come dover piacere al produttore di turno. Trovi una tua nicchia e in teoria ti basta quello. D’altra parte però hanno dinamiche non sempre piacevoli, perché devi spararla sempre più grossa degli altri, devi parlare sempre dell’argomento del giorno sennò non gliene frega niente a nessuno…”

Nella tua bio scrivi che scegli con cura i progetti a cui prendere parte. Fai lo stesso anche con quelli da rifiutare?

“Ho detto dei no, all’inizio con grande paura. Erano le classiche carrellate televisive di comici in cui ti esibisci per cinque minuti e ti chiedono di fare la donna che dice battute da donna. Ma dire no significa darsi un valore. Non mi sentirete mai dire che un uomo ha pochi neuroni. Anzi, nel tempo mi piacerebbe avere spazi che mi rappresentano sempre di più, forse più verso la satira. Me lo pongo come obiettivo per i prossimi anni”. 

Prossimi temi da dissacrare? 

“Sto valutando. In generale credo che una cosa sia interessante quando l’individuale incontra l’universale. Quando noto cose, poi comincio a chiedermi: ma può interessare ad altre persone? E in che modo può farle ridere? Se ti rendi conto di avere senso dell’umorismo, puoi considerarti un po’ salvo”. 

Laura Formenti

Fonte : Today