Vado a votare perché lamentarsi dell’Europa è l’alibi degli incapaci

La prima volta che è stato eletto il Parlamento europeo risale a quarantacinque anni fa. Era il 1979 ed erano gli anni più bui della Guerra fredda. Oggi un altro fantasma si aggira per l’Europa e si chiama nazionalismo: lo stesso morbo politico contro il quale l’Unione Europea era stata fondata. Non importa, ovviamente, per chi votate, se a destra o a sinistra. Ma è importante che vinca una coalizione europeista. Quindi se appartenete alla maggioranza silenziosa che da anni non vota e siete anche schifati dalla politica, ma ritenete necessaria l’unità tra gli Stati europei, questa volta va fatto lo sforzo. Se non sapete chi scegliere, potete consultare il nostro “trovapartito”: il test anonimo e interattivo che trovate in fondo a questo articolo.

Se vincesse l’Europa delle nazioni, o meglio dei nazionalismi, e perdesse l’Europa della solidarietà, molto probabilmente ci ritroveremmo presto più poveri. Più deboli nello scenario internazionale. Perfino più minacciati dalle dittature armate, come Cina e Russia. E magari meno attraenti per i nostri partner, Stati Uniti e Giappone in testa, soprattutto se a Washington a fine anno dovesse essere eletto presidente Donald Trump.

Cosa succede se vincono le nazioni

Un’Europa delle nazioni metterebbe l’Italia prima di tutto in serie difficoltà economiche: perché mai i nazionalisti olandesi, o ungheresi, o svedesi dovrebbero concederci più tempo per restituire il nostro colossale debito pubblico? Prima l’Italia significa anche prima l’Olanda, l’Ungheria e tutto il resto. E perché mai gli Stati nazionali europei dovrebbero scambiarsi i giovani cervelli prendendoli a lavorare nelle imprese, nelle università, nei centri di ricerca?

Ma è proprio questo che vogliamo? Ritornare al protezionismo interno e alla cartastraccia della lira? Immaginate cosa accadrebbe oggi che importiamo quasi tutto dall’estero, dai vestiti alla tecnologia alle materie prime, se dovessimo pagarle in lire. Conservo ancora il mio primo computer portatile, comprato nel 1997: mi è costato cinque milioni e settecentomila lire, cinque mesi di stipendio. Ed era un banale pc. Poco fa ho dato un’occhiata nell’archivio del Corriere della sera a come eravamo l’8 giugno 1984, ancora all’inizio del cammino parlamentare che porterà all’Unione Europea. Titoli: ”Dopo le elezioni verifica senza crisi”; ”Nuove difficoltà a Palazzo Madama per equo canone e condono edilizio”; “Rai: polemica per gli spazi concessi ai politici”. I nostri confini non finivano al Brennero, ma a Montecitorio.

Non parlano inglese, ma si candidano in Ue

La Cina non aspetta altro: per comprarsi le nostre imprese, con dentro i loro brevetti. E togliersi così di mezzo un concorrente mondiale come l’Europa. Se una maggioranza politica ha sbagliato, in democrazia è doveroso provare a cambiare. Ma questo non significa suicidarsi e rimettere in discussione ogni volta il progetto di unione.

Ho letto che molti leader nazionalisti europei conoscono soltanto la lingua della loro nazione. Cioè non sono stati in grado di imparare le lingue comuni della capitale Bruxelles, che sono il francese e l’inglese. Ma se a loro manca uno strumento fondamentale per studiare e prepararsi, come possono capire argomenti complessi e spiegarli ai loro elettori? Come possono comprendere perché sia importante investire in una difesa comune, in una moneta comune, che per essere autorevole deve rispettare le sue regole di stabilità, in una strategia economia e industriale comune?

Ho il sospetto che per molti politici l’antieuropeismo, se non è finanziato da potenze straniere ostili, sia un alibi per mascherare la propria ignoranza e le proprie incapacità a progettare, costruire, immaginare un futuro insieme dove, come sempre, l’unione fa la forza. Ma possiamo permettere che bande di ignoranti, nel senso che non conoscono, distruggano l’Europa? Ecco, se gli incapaci che si candidano per vivere a nostre spese vi danno l’orticaria, questa è una buona ragione per riaffermare il rito più novecentesco che ancora ci rimane, fatto di lapis, cartoncino e urna (almeno in Italia): sabato 8 e domenica 9 giugno andate, andiamo, a votare per le elezioni europee. I partiti più vicini al vostro punto di vista li potete trovare qui nel nostro “trovapartito”.

Il test per trovare il tuo partito in pochi click 
Il Pd mai così lontano dalla realtà – di F. Curridori 
Al centrodestra non resta che Berlusconi – di F. Salamida

Fonte : Today