Il voto era previsto in un primo momento per il prossimo 11 giugno. La Commissione elettorale lo ha ritardato “almeno ad agosto” ma non vi è ufficialità. I detrattori accusano i movimenti di separatismo e di voler monopolizzare il potere.
Damasco (AsiaNews) – Le autorità curdo-siriane hanno posticipato a data da destinarsi la controversa tornata elettorale per le amministrative nei territori del nord-est del Paese sotto il loro controllo, che avevano scatenato minacce dal nemico turco e creato più di una preoccupazione nell’alleato americano. Il voto, previsto in un primo momento per l’11 di giugno e ora slittato “almeno ad agosto” – ma non vi è un calendario già fissato – sarebbero state le prime a riguardare tutte e sette le aree parte della regione semi-autonoma, con un bacino elettorali di circa sei milioni di votanti. Un’ampia porzione di territorio in cui vivono (non sempre in sintonia) curdi e arabi, conseguenza della frammentazione dello Stato che è seguita alla guerra civile fra gruppi ribelli e il presidente Bashar al-Assad, con derive jihadiste. Perplessità anche nella componente cristiana, vittima in passato di abusi e attacchi comunitari.
La commissione elettorale ha detto di aver ritardato il voto “in risposta alle richieste di partiti e alleanze politiche” che lamentavano un periodo di campagna elettorale troppo breve. I funzionari e i candidati locali insistono sul fatto che il voto è cruciale per la rappresentanza locale e contribuirà in modo sostanziale a migliorare i servizi pubblici nella regione (Daarnes, acronimo di Democratic Autonomous Administration of the Region of North and East Syria). Tuttavia, i detrattori accusano la commissione e i movimenti curdi di separatismo e di voler monopolizzare il potere, esprimendo al contempo il timore che le condizioni per elezioni libere ed eque siano inesistenti nel nord-est siriano da tempo sotto il loro controllo.
Secondo quanto riferisce all’Afp Saleh Muslim, co-presidente del Democratic Union Party (Pyd), saranno circa 18 i partiti presenti al voto, fra i quali la stessa Unione democratica e il movimento degli indipendenti. Il leader curdo aggiunge che le elezioni sono state ritardate per motivi “interni”, ma ha poi aggiunto che la commissione potrebbe aver tenuto conto anche “delle circostanze politiche”. I curdi siriani, che hanno subito decenni di emarginazione e oppressione da parte del partito Baath al potere, sono arrivati a governare circa un quarto del Paese, comprese le aree a maggioranza araba, dopo il ritiro delle forze governative e i gruppi filo-Assad.
L’ala armata del Pyd è la potente People’s Protection Units (Ypg) che domina le Forze democratiche siriane, l’esercito de facto che controlla la regione. In passato le forze a maggioranza curda hanno guidato la lotta per cacciare lo Stato islamico, grazie anche all’aiuto – militare e logistico – fornito dagli Stati Uniti. Di contro, il principale “nemico” è rappresentato dalla Turchia che considera tanto il Pyd quanto l’Ypg come propaggini del Partito dei lavoratori del Kurdistan, il famigerato Pkk considerato organizzazione terrorista e fuorilegge dal governo del presidente Recep Tayyip Erdogan. Ankara, fra l’altro, controlla due strisce di confine nel nord e considera le prossime elezioni come una prova di separatismo. Dal 2016 l’esercito turco ha condotto una serie di operazioni di terra per espellere le forze curde dalle zone di confine della Siria settentrionale e lo stesso Erdogan ha minacciato di lanciare una nuova operazione per impedire il voto.
Al riguardo, ieri la televisione di Stato turca Trt ha accolto con favore la decisione di ritardare il voto, aggiungendo che la posizione di Ankara “ha dato i suoi frutti”. Le elezioni curde hanno anche attirato le ire del principale sostenitore e alleato, Washington, che considera la Turchia un elemento chiave dell’Alleanza atlantica (Nato). “Le elezioni che si terranno in Siria dovranno essere libere, eque, trasparenti e inclusive”, ha dichiarato la scorsa settimana il portavoce del Dipartimento di Stato americano Vedant Patel in una nota. “Non riteniamo – ha aggiunto – che ci siano le condizioni per tali elezioni nella Siria orientale”, specificando che gli Stati Uniti hanno esortato le autorità locali a “non procedere con le elezioni”.
Infine, a mostrare più di una perplessità sul voto è anche fra gli stessi cristiani della zona, che in una fetta consistente non ne riconoscerebbe la legittimità e l’importanza. La comunità lamenta abusi e violazioni, a partire dalle confische di case e terreni oltre alla distruzione di chiese in passato e le festività celebrate sotto la minaccia di potenze locali e straniere.
Fonte : Asia