Sulle coste del Sabah 500 Bajau Laut sono stati sgomberati dalle loro abitazioni galleggianti, demolite e incendiate. Una stretta contro gli immigrati senza documenti, che ha colpito il gruppo etnico apolide. Gli attivisti per i diritti sollevano preoccupazioni. Jerald Joseph di Pusat Komas: “Vittime da decenni di una discriminazione sistematica”.
Kuala Lumpur (AsiaNews) – Tra il 4 e il 5 giugno più di 500 persone appartenenti alla comunità di pescatori conosciuti come Bajau Laut, nomadi del mare, che vivono intorno alla costa dello Stato Sabah del Borneo malese sono state sfrattate dalle autorità, che hanno demolito e incendiato le loro abitazioni. Gli attivisti per i diritti affermano che l’azione fa parte di un giro di vite del governo contro gli immigrati privi di documenti. I Bajau Laut sono una comunità di apolidi che vivono su case galleggianti di legno costruite su palafitte nel distretto di Semporna, nel Sabah.
Per generazioni hanno vissuto a stretto contatto con l’acqua, sono conosciuti nel mondo per l’abilità nelle immersioni e la loro affascinante relazione con il mare. Ma essendo nati senza documenti di identità, la maggior parte non ha accesso a risorse di base come l’istruzione o servizi finanziari o sanitari. Spesso vivono nel timore di essere trattenuti dagli agenti dell’immigrazione o di essere sfrattati senza motivo. Negli ultimi tre giorni questo timore è diventato realtà. Le case distrutte sono quelle dei Bajau Laut che vivono su sette isole intorno a Semporna. A confermarlo è anche Mukmin Nantang, fondatore dell’ong Borneo Komrad. Tra le isole interessate vi sono: Pulau Bohey Dulang, Pulau Maiga, Pulau Bodgaya, Pulau Sebangkat e Pulau Sibuan.
Un’altra ong, Pusat Komas, con sede a Kuala Lumpur, ha dichiarato che l’accaduto “mette in evidenza le questioni critiche del razzismo, dell’ingiustizia dello sviluppo e dell’apolidia nello Stato del Borneo di Sabah”. Parlando con AsiaNews, il direttore del consiglio di amministrazione di Pusat Komas, Jerald Joseph, ha dichiarato di essere profondamente preoccupato per il recente sgombero. Spiega che i Bajau Laut “hanno affrontato una discriminazione sistematica per decenni. La loro rimozione forzata negli ultimi giorni solleva seri interrogativi sul trattamento equo delle minoranze etniche in Malesia”. Aggiungendo che “è imperativo garantire che tutte le comunità siano rispettate e protette dalle leggi nazionali e internazionali sui diritti umani”. Poi, ricordando l’articolo 7 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR), il direttore Jerald Joseph ha affermato che “allo stesso modo, la Costituzione federale prevede, all’articolo 8, che a tutti i cittadini sia garantita un’uguale protezione da parte della legge e che sia proibita la discriminazione basata su religione, razza, discendenza, luogo di nascita o sesso”.
In questa vicenda, inoltre, aleggia un interrogativo senza risposta: chi abbia dato il mandato alle autorità di compiere una distruzione così violenta. Ovvero, chi deve essere ritenuto responsabile dello sfratto dei Bajau Laut. “Lo sviluppo sostenibile dovrebbe prevedere una pianificazione globale che tenga conto dei bisogni e dei diritti delle popolazioni indigene – ha sottolineato Joseph -. Lo sgombero dei Bajau Laut senza un’adeguata consultazione o soluzioni abitative alternative è un esempio di mancato equilibrio tra sviluppo e giustizia sociale”. Per questo l’ong Pusat Komas chiede rispettosamente alle autorità locali di fermare ulteriori sgomberi e di impegnarsi in un dialogo significativo con la comunità Bajau Laut per trovare soluzioni umane e giuste.
Il problema dell’apolidia colpisce diverse generazioni stabilizzate nello Stato di Sabah. L’anno scorso è stato registrato che la Commissione per i diritti umani della Malesia ha ricevuto circa 5.440 denunce dal 2015 al 2020, e molti dei casi indagati riguardavano questioni di cittadinanza solo nel Sabah. Secondo Joseph, Pusat Komas comprende che si tratta di una questione difficile e sfaccettata, ma evitare il problema non è la soluzione. “Il governo statale e quello federale devono prendere l’iniziativa di affrontare la questione di petto per evitare altre generazioni di bambini apolidi in Malesia. Allontanare le persone dalle loro case serve solo a spostare il problema altrove, invece di risolverlo”.
Fonte : Asia