Una “macchina” con 24 qubit per sensibilizzare, educare e sperimentare nel Paese. Si può definire così il primo computer quantistico superconduttivo italiano inaugurato gli scorsi giorni all’Università Federico II di Napoli, un risultato del Centro nazionale di ricerca in high performance computing, big data e quantum computing (Icsc) ma non il traguardo finale.
Questo primo tipo di computer quantistico è una pietra miliare di un percorso di cui si stanno bruciando le tappe: promessi 5 qubit entro il 2024, 6 mesi prima ce ne sono già 24 e ora si mira a raggiungere i 40 entro fine anno, per poi condividerli su cloud nel 2026. Tutto con i 4,5 milioni di euro di fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che lo Spoke 10 del Centro vi ha scommesso, certo di un ritorno di investimento diffuso e a lungo termine.
Qubit per allenare aziende e talenti
Poco contano i “mostri quantistici” da 50 o 100 qubit ostentati dalle big d’oltreoceano, infatti. Come spiega a Wired Italia Francesco Tafuri, responsabile del centro di computazione quantistica superconduttiva dell’Università Federico II di Napoli, “il nostro è uno strumento pubblico, libero e indipendente che permette alle aziende italiane di sperimentare le potenzialità del quantum computing e offre ai giovani l’opportunità di appassionarsi alla quantistica e formarsi in modo competitivo in un settore promettente, restando nel proprio Paese”.
Sempre con gli stessi 24 qubit si potranno creare applicazioni per “azzardare” soluzioni possibili di problemi finora irrisolvibili, e sviluppare hardware e software che migliorino la compatibilità con i computer classici. E intanto lavorare per far crescere il numero di qubit a disposizione del Paese, anche se bastano già questi perché l’Italia non resti più in panchina, mentre altri Paesi giocano la partita del quantum computing.
Simone Montangero, co-leader dello Spoke 10 di Icsc, ricorda bene la mancata partecipazione a Open Super Plus, il progetto europeo per realizzare un sistema versatile di calcolo quantistico a 1.000 qubit 100% europeo. “Ora saremmo in squadra” spiega, e aggiunge: “Non ci aspettiamo di essere i leader indiscussi del settore, ma di contribuire in modo significativo: il nuovo processore è tra i più avanzati in Europa e competitivo anche a livello globale”.
Un computer fatto in casa
Per aiutare il Paese a familiarizzare con i qubit, Icsc ha finanziato e supporta anche altri 3 laboratori, ognuno dedicato a una diversa “strada” per arrivare a realizzare un quantum computer commerciale. C’è chi scommette sui fotoni, a Roma, chi sugli atomi freddi, a Firenze, e chi sugli ioni intrappolati, a Padova. La superconduttività resta un’esclusiva di Napoli che la studia da oltre 50 anni perché “fenomeno chiave” spiega Tafuri. “Valgono le leggi della meccanica quantistica ma su oggetti di scala macroscopica – aggiunge -. Questo ci permette di lavorare meglio su ripetibilità e scalabilità: è una strada ‘facile’ per ampliare la sfera di ricerca”.
Fonte : Wired