The Choice è il nuovo viaggio sonoro di Giuseppina Torre attraverso le sfumature della libertà e della facoltà di scegliere dove il pianoforte diventa il mezzo espressivo per narrare storie di decisioni, riflessioni e trasformazioni. È un’invocazione al potere della scelta, che trasmette emozioni che vanno dalla riflessione silenziosa alla forza liberatoria di un coraggioso atto decisionale. È un’ode alla bellezza e alla complessità della libertà individuale, una melodia delle scelte che plasmano il percorso della nostra esistenza.
Giuseppina partiamo dalla storia del disco e del perché hai scelto…la scelta come tema centrale.
L’ispirazione arriva da una domanda: cosa è per me la libertà? E’ il potere scegliere. In un momento preciso della mia vita ho avuto la possibilità di trasferirmi, eravamo in piena pandemia e quindi non era semplice. Quando abbiamo una alternativa siamo liberi, senza siamo ingabbiati.
Dal punto di vista melodico, visto che ci sono cambiamenti di passo non solo da un brano all’altro ma anche nello stesso brano come hai lavorato? Penso al divario tra Moving Skies e Rebel Soul.
Nascono in momenti diversi della mia vita. La nostra vita è un cielo in movimento, è un ciclo di corsi e ricorsi: il cielo è costantemente in movimento, non è statico mai come non è statica la nostra vita. Rebel Soul è la ribellione agli stereotipi della società, che ci vuole omologati a determinati standard. Ribellarci a quello che non ci piace e la vita ci impone è una ribellione sana.
La radice della parola scegliere è ex-eligere: è l’espressione positiva volontà: la interpreti così la tua choice?
Assolutamente positiva, a volte ci lamentiamo per come va la vita ma spesso siamo noi i nemici di noi stessi e diamo la colpa a cause esterne; noi dobbiamo avere la volontà di cambiare, di mettere in discussione la nostra vita. Bisogna provarci per non avere rimpianti.
Immagino che nella realizzazione del progetto tu abbia fatto delle scelte: sei meditativa o istintiva?
Sono entrambe. A volte medito molto ma altre seguo l’istinto, quella che arriva subito è spesso la scelta più giusta. A volte a rimuginare si perde l’attimo.
Un altro tema è la vulnerabilità: siamo sempre connessi ma sempre più soli, questo secondo te ostacola le richieste di aiuto?
Alla base c’è una società che ci vuole vincenti, bellissimi e al top. La perfezione non esiste, siamo esseri vulnerabili e fragili, dobbiamo esserne consapevoli. Tutti abbiamo fragilità delle quali bisogna parlare, ci renderebbe più solidali. Una parola di conforto aiuta mentre tendiamo a nascondere e ad apparire migliori. Ridimensioniamoci tutti e il mondo sarà più sano e sereno.
Rediscover è, per me, il brano più intimo, quello dove prendi consapevolezza di te e del tuo passato e ti rimetti in gioco: è così che lo hai pensato? Può essere considerato la composizione più vicina al tuo periodo difficile, all’essenza di Life Book?
E’ proprio così, c’è lo sguardo al passato per poi riscoprirmi e ritrovarmi in chiave positiva. Sono serena e tranquilla nel ritrovare me stessa e la serenità perduta. Oggi posso dire che le ho ritrovate.
Alla fine del viaggio hai compreso cosa significa libertà nel 2024? Tanti paesi ne sono privi.
Ripeto, bisogna ridimensionarci. Per cosa inseguiamo la bramosia di potere? Siamo vittime di un gioco al massacro. La libertà è un bene preziosissimo e molte nazioni ne sono prive, anche noi indirettamente ne paghiamo le conseguenze. Siamo tornati all’homo homini lupus.
Parli di melodie che plasmano le nostre scelte. C’è una melodia che è stata determinante per plasmare la tua scelta di essere artista?
Chi mi ha cambiato la vita e mi ha fatto scattare la molla è Aldo Ciccolini: dopo un suo concerto, all’uscita del teatro dissi a mio padre che volevo diventare come lui; era un uomo imperturbabile ma al pianoforte creava magie. Nel 2015 a Nola feci un concerto in cui il pianoforte a coda nella cassa armonica custodiva un suo autografo. Pensavo di non voler continuare in quella fase della mia vita e quello è stato un segno a proseguire.
Hai da poco concluso un tour in Corea: che situazione hai trovata e quel pubblico come si approccia alla tua musica?
Ho trovato molto rispetto per l’artista, lo considerano un essere superiore. Non esiste il soundcheck fatto mezz’ora prima, si fanno le prove per tempo con tutte le maestranze, niente è lasciato al caso, tutto è curato alla perfezione. Ho chiesto a Seoul di incontrare il pubblico dopo il concerto, la direttrice di palco ha detto che non era possibile. A me mancava una parte importante, quella del contatto. Saluto il pubblico in coreano e chiedono il bis e gli faccio una sorpresa, propongo una loro canzone riarrangiata, Arirang: li ho conquistati, lo hanno visto come un gesto meraviglioso perché io mi sono avvicinata al loro mondo. Si è sparsa la voce e ovunque andavo la chiedevano. Alla fine il pubblico è salito sul palco e poi tutti in fila per l’autografo. Hanno percepito la mia ricerca nel comunicare ma anche nell’immedesimarmi.
Hai dato un andamento deciso a The Bravery: in cosa ti ritieni coraggiosa?
In tutte le mie scelte, sia ponderate che d’istinto.
L’Intelligenza Artificiale ti spaventa o te la fai amica?
Fa parte di questa epoca. Non la sto utilizzando anche se so che in musica c’è. Ma resto una compositrice tradizionale, compongo col cuore.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Una estate piena di concerti, le date aumentano, sarà intensa. C’è poi qualche cosa all’estero verso fine anno.
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