Perché i Verdi europei rischiano una debacle elettorale

Alle elezioni europee del 2019 i Verdi avevano fatto “il botto”, diventando la quarta forza nell’emiciclo di Strasburgo e influenzando non poco i lavori parlamentari della nona legislatura. Stavolta invece gli ecologisti rischiano di farne un altro, di botto: quello di uno schianto nelle urne, almeno stando ai sondaggi. I quali predicono una perdita di circa un quarto degli attuali seggi in Aula, una previsione che se si realizzasse significherebbe il disastro. 

Il vademecum per il voto europeo

L’età d’oro dei Verdi

La vague verte che cinque anni fa ha fatto la fortuna degli ambientalisti europei era stata gonfiata, tra le altre cose, dai movimenti di protesta contro il cambiamento climatico che si ritrovavano nel contenitore plurale dei Fridays for future, nati l’anno prima dagli scioperi scolastici di Greta Thunberg. Così, la nona legislatura insediatasi a luglio 2019 ha visto infoltirsi notevolmente il gruppo ecologista: dai 50 deputati eletti nel 2014 ai 74 del nuovo Parlamento, che sono valsi ai Verdi il passaggio dalla sesta alla quarta posizione. 

Durante la legislatura che è ora agli sgoccioli, le formazioni ecologiste sono riuscite con successo a tradurre la loro nuova forza numerica in effettiva influenza politica, facendo asse soprattutto con i Socialisti (S&D) per portare a casa un Green deal quanto più possibile progressista e attento alla dimensione di giustizia sociale che, sostengono, va di pari passo alla giustizia ambientale. Del resto, nelle ultime plenarie dell’Aula uscente, è stato proprio questo asse (con il supporto determinante dei “ribelli” popolari e liberali, che hanno votato contro le indicazioni dei loro capigruppo) a tenere in piedi quello che resta di un Patto verde piuttosto annacquato. 

Doccia fredda

Ma adesso la musica sta per cambiare. Secondo tutte le proiezioni che circolano da mesi, il prossimo emiciclo sarà il più spostato a destra di sempre. Questo risultato sarebbe dovuto da una parte ad una crescita elettorale delle forze della destra radicale, ma anche ad un parallelo calo nei consensi tanto dei liberali quanto, appunto, degli ecologisti (anche se dall’Olanda, il primo Paese che ha votato, arrivano segnali contrari). Facendo una media tra alcuni dei dati disponibili, Europa Today ha calcolato che nella decima legislatura dovrebbero essere eletti circa 48 eurodeputati nel gruppo dei Verdi (più, eventualmente, quelli che verranno “cooptati” dai non-iscritti e dai nuovi partiti che non fanno già parte di un raggruppamento politico a Strasburgo, come ad esempio i 5 Stelle). 

Un rifiuto del Green deal?

Quali sono, dunque, i motivi dietro a quella che potrebbe essere una batosta elettorale? Da un lato, c’è l’evidente reazione alle politiche green, che secondo molti europei sono andate troppo oltre e rischiano di strozzare l’economia con eccessive pastoie burocratiche. Una reazione che ha avuto la sua manifestazione più plastica nelle cosiddette “proteste dei trattori”, che negli ultimi mesi hanno toccato vari Paesi Ue e che hanno strappato ad esecutivi nazionali di colori diversi – nonché a Bruxelles – una serie di concessioni e promesse. Eppure difficilmente questa può essere l’unica spiegazione. Come riporta il quotidiano britannico The Guardian, ci sono in gioco anche altri fattori. 

Manifestanti ad una marcia per il clima organizzata da Fridays for future ad Amburgo, 31 maggio 2024 (foto Marcus Brandt/AP)

Il clima non è (più) “sexy”

Anzitutto, c’è da considerare una questione di prospettiva. Come dicevamo, i consensi dei Verdi nel 2019 sono stati l’eccezione piuttosto che la regola: quelle elezioni si erano tenute in una congiunzione storica in cui i temi climatici stavano salendo nelle priorità dell’agenda politica internazionale, una situazione che semplicemente non si sta ripresentando oggi. Nonostante la crisi climatica globale sia peggiorata in questi cinque anni, infatti, nel 2024 le priorità degli elettori sono altre: l’aumento dei costi della vita, l’inflazione, la guerra in Ucraina, persino l’escalation in Medio Oriente. 

Il programma elettorale dei Verdi europei

Secondo alcuni, ormai l’ambiente è diventato un argomento elettorale “di lusso”: non è avvertito come un tema pressante come gli altri temi appena accennati, e dunque è capace di attrarre voti solo quando non ci sono problemi più urgenti cui fornire una risposta immediata. 

Naturalmente, questo si deve al fatto che per definizione quella climatica è un’emergenza “lenta”: esiste da tempo, i suoi effetti sono visibili principalmente sul periodo medio-lungo e le soluzioni richiedono impegni a termine ancora più lungo. In altre parole, non si tratta di un tema “sexy”: gli elettori fanno fatica a rimanervi affezionati per più di un’elezione se non accadono eventi sufficientemente “scioccanti”.

È l’economia, bellezza

Ora, è evidente che il successo dei partiti ecologisti dipende molto anche dalla fortuna delle ricette economiche che propongono. Per capire come funzionerà questa dinamica basterà guardare ai risultati delle urne in Germania, dove i Verdi sono al governo (insieme a socialdemocratici e liberali) e gestiscono i dicasteri del Clima e dell’Economia. La prima economia europea è in profonda crisi almeno dalla pandemia, e stando ai sondaggi i cittadini puniranno severamente gli ambientalisti per aver soffocato la ripresa del Paese con posizioni ideologiche. 

Certo c’è da dire che gli stessi sondaggi cui guardiamo ora non erano riusciti a prevedere l’arrivo dell’onda verde che lambì Strasburgo cinque anni fa, ed è possibile (seppur poco probabile) che si sbaglino clamorosamente anche stavolta. 

Ma c’è anche da dire che, rispetto al 2019, ora le battaglie ambientaliste sono state integrate da molti più schieramenti dello spettro politico. Insomma, ora che finalmente le politiche green sono diventate parte del mainstream, a difenderle in Europa non sono più soltanto gli ecologisti in senso stretto, ma anche Socialisti, Sinistra e diversi pezzi dei liberali di Renew. Potrebbe dunque esserci ancora qualche speranza sulla sopravvivenza del Green deal, che sarà inevitabilmente al centro di nuovi tentativi di depotenziamento nella prossima legislatura.

Fonte : Today