Metalli preziosi dai pannelli fotovoltaici esauriti: Marghera avrà l’impianto più avanzato al mondo

Nell’epoca della transizione energetica è evidente la crescente rilevanza dell’impiego di pannelli fotovoltaici, che ricavano energia pulita dai raggi solari. Basti ricordare che in Italia è obbligatorio dotare le nuove abitazioni private, e i nuovi edifici in genere, di impianti alimentati almeno in parte da fonti rinnovabili. Il piano REPowerEU prevede l’estensione di una misura simile a tutta l’Unione Europea: un impegno che unisce all’obiettivo della decarbonizzazione quello dell’indipendenza energetica da paesi terzi.

Con una tale quantità di pannelli fotovoltaici in circolazione, è necessario pensare anche al loro riciclo e al riutilizzo dei materiali di cui sono composti: “economia circolare” significa anche questo, considerato che le risorse non sono infinite. E una parte rilevante di questo processo potrebbe giocarsi nell’area industriale di Porto Marghera, dove sta per nascere un impianto apposito tra i più avanzati al mondo: è il progetto PV Lighthouse, che sarà realizzato da un gruppo di imprese composto da 9-Tech, Veritas e Haiki Mines, e che potrà trattare 3mila tonnellate di pannelli all’anno.

Per costruirlo saranno impiegati anche 600mila euro del Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza. Completata la fase di sperimentazione, l’iter autorizzativo per il nuovo stabilimento è in corso: la previsione è di iniziare i lavori entro l’anno e di metterlo in funzione nel 2025. Per Flavio Raimondo, amministratore delegato di Haiki Mines, il progetto PV Lighthouse ”è un esempio di come l’industria stia rispondendo a una sfida che va affrontata attraverso l’innovazione tecnologica, la collaborazione tra settori e il sostegno politico”.

Il boom del fotovoltaico

Alcune cifre possono aiutare a comprendere la dimensione di questo settore della transizione. A oggi la capacità fotovoltaica installata in Europa è di oltre 200 gigawatt, che corrispondono a circa 800 milioni di pannelli fotovoltaici. La durata media di un pannello fotovoltaico è di 25 anni: le prime installazioni risalgono agli anni 2000, dunque nei prossimi anni crescerà progressivamente il numero dei dispositivi che arriveranno a fine vita.  Si stima che entro il 2050, solo in Europa, saranno prodotte circa 15 milioni di tonnellate di rifiuti fotovoltaici. Il valore dei materiali provenienti dagli scarti è calcolato in 7,5 miliardi di euro.

Considerando il rapido aumento della produzione di rifiuti di questa categoria, si parla di un mercato che registrerà un boom. Riciclare i materiali contenuti in questi dispositivi non è una scelta, ma una necessità: i pannelli sono fatti in parte di materiali preziosi o critici (silicio e argento, in primo luogo) di cui, sul pianeta, c’è una disponibilità non sempre illimitata. Una corretta gestione del pannello a fine vita, che valorizzi ogni materiale che lo compone, è un tema urgente che richiede soluzioni economiche e sostenibili dal punto di vista ambientale.

Anche per questo l’Unione Europea è attiva per cercare di rendere quanto più sostenibile e circolare lo smaltimento e il riuso dei pannelli fotovoltaici, con tutti i componenti e i materiali. Il riciclo è obbligatorio, al pari degli altri tipi di rifiuti elettronici. L’Ue è stata la prima ad adottare normative specifiche per i rifiuti fotovoltaici, che includono obiettivi specifici di raccolta, recupero e riciclo: la direttiva richiede a tutti i produttori che forniscono pannelli al mercato europeo (indipendentemente dalla loro sede) di finanziare i costi della raccolta e del riciclo.

Elezioni europee: date, candidati e programmi

Da rifiuti a preziosa risorsa

Visti i numeri, è fondamentale che dagli scarti si riescano a ottenere materiali quanto più possibile riutilizzabili. È l’approccio che ha spinto Pietrogiovanni Cerchier, fondatore di 9-Tech, a studiare soluzioni innovative con l’obiettivo di riciclare i pannelli in modo efficace e vantaggioso. Ed è in questo ambito che l’impianto previsto a Porto Marghera potrebbe rappresentare un punto di svolta, portando a recuperare il 90% dei materiali in una forma sufficientemente pura da essere riutilizzati come materia prima seconda.

La sperimentazione è iniziata con un progetto booster dell’EIT RawMaterials (anche questo finanziato dall’Unione Europea) del 2020, che ha avviato la progettazione del prototipo, installato al Green Propulsion Lab del gruppo Veritas. I test – sostenuti da Intesa SanPaolo Vita e Fideuram Vita – sono stati avviati nel 2022 e conclusi nel gennaio 2024. Semplificando, il processo è costituito da quattro fasi: smontaggio, trattamento termico, separazione meccanica e lavaggio chimico delle celle fotovoltaiche. Più nel dettaglio: dopo un primo smontaggio della cornice e della scatola di giunzione, il pannello entra in un forno continuo che elimina la frazione polimerica (l’unica a non essere recuperata), facendo uscire contatti in rame, vetro e cellule fotovoltaiche che sono quindi accuratamente separate. Queste ultime, infine, vengono trattate con una soluzione distaccante che permette di separare la polvere di argento dal silicio metallico.

”È un metodo che consente di recuperare quasi tutto il valore del pannello”, spiega Cerchier, che nel frattempo ha provveduto a tutelare la tecnologia con diversi brevetti europei. I processi attualmente diffusi, racconta, ”hanno una resa contenuta che non ha ancora permesso al riciclo dei pannelli fotovoltaici di diventare un’attività economicamente appetibile”. Il problema delle tecnologie già esistenti è lo spreco di risorse: ”Il vetro, che spesso contiene molte impurità, viene riciclato. La restante polvere, che, oltre a vetro e plastica, contiene anche silicio e argento, viene inviata in discarica o utilizzata per applicazioni di bassissimo valore in sostituzione della sabbia”.

Nella stessa direzione va anche il progetto Parsival, a sua volta finanzaito dall’EIT RawMaterials e coordinato sempre da 9-Tech, che porta a livello europeo il tema del riuso dei materiali ricavati dai pannelli fotovoltaici. Sono coinvolti 9 partner da 4 paesi (Italia, Francia, Germania, Spagna), tra i quali le università di Padova e del Salento e l’ENEA. Il focus in questo caso è proprio sul silicio, per il quale il progetto studia tre diverse applicazioni: ferroleghe, produzione di nuove celle fotovoltaiche e batterie al litio. In quest’ultima categoria si prospetta il reimpiego più promettente, perché il silicio così ricavato potrebbe essere un’alternativa alla grafite nello sviluppo di batterie meno costose e molto più performanti.

 

Fonte : Today