Fine della scuola, come affrontare l’ansia? I consigli dell’esperto per ragazzi e genitori

La fine dell’anno scolastico spesso porta con sé molte paure e incertezze. Per aiutare adolescenti e adulti ad affrontare le conseguenze emotive di questo passaggio, abbiamo chiesto allo psicopedagogista Stefano Rossi, che si occupa di educazione emotiva dei ragazzi, di darci qualche consiglio pratico. Il primo passo: imparare a distinguere l’ansia amica da quella nemica

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Gli esami, la paura di fallire, i voti. Poi il distacco dai coetanei, le aspettative dei genitori, i cambiamenti. E l’incertezza sul futuro. La fine dell’anno porta con sé un carico emotivo tutt’altro che leggero sulle spalle di ragazzi e ragazze, soprattutto tra un ciclo scolastico e l’altro. Sullo sfondo, sempre più avvolgente, l’ansia che accompagna le vite delle nuove generazioni. E che spesso i genitori non sanno guardare, quindi gestire. Per aiutare adolescenti e adulti ad affrontare le conseguenze emotive della fine della scuola, abbiamo chiesto allo psicopedagogista Stefano Rossi, che quotidianamente aiuta genitori e figli a navigare nel grande mare delle emozioni, di darci qualche consiglio pratico per gestire questo passaggio.

Distinguere l’ansia amica da quella nemica

“Per prima cosa è necessario saper distinguere l’ansia amica da quella nemica. La prima è la reazione sana e funzionale che nel momento di una prestazione ci suggerisce di dare il meglio di noi. Non va combattuta, ma cavalcata”, spiega Rossi, autore di Lezioni d’amore per un figlio (Feltrinelli). “È invece nemica quando “diventa irrazionale”: in quel caso è importante cogliere “il pensiero catastrofico” che le sta dietro. Innanzitutto bisogna spiegare ai ragazzi “che loro non sono i loro pensieri, ma sono colui o colei che i propri pensieri li può soppesare”. E ricordare che le emozioni “dipendono anche dai pensieri che facciamo, non solo da quello che ci succede”.

Disegnare la bilancia della saggezza

Rossi consiglia ai ragazzi e alle ragazze che provano ansia in vista degli esami e della fine della scuola, di fare un piccolo esercizio con carta e penna. Si chiama “bilancia della saggezza”: li invita a disegnare su un foglio una bilancia, dove sul primo polo devono scrivere il pensiero catastrofico che crea loro ansia. Per esempio: “Se verrò bocciato i miei genitori non mi vorranno più bene”. Questo pensiero va poi ribilanciato sull’altro polo con un pensiero come questo: “Magari saranno arrabbiati o delusi, ma non smetteranno di volermi bene”. Questo, spiega, è un esercizio semplice ma efficace perché porta i ragazzi a guardare quel pensiero fuori misura nascosto dietro l’ansia.

Agire con l’impegno contro l’ansia

C’è poi un altro aspetto da tenere a mente: fregarsene non è l’antidoto all’ansia. “Il pensiero positivo non è altro che il pensiero non negativo: non vuol dire non mi preoccupo, non studio. Ma mi impegno per affrontare quella paura”. La conseguenza, infatti, deve essere l’azione. “Non basta solo fare pace con i propri pensieri, l’ansia ci dice anche di muoverci”, spiega Rossi. Un altro piccolo consiglio per i ragazzi è infatti l’azione: “Studiate, esercitatevi, fate delle pause per rigenerarvi, poi ricominciate: è molto meglio fare che arrovellarsi su pensieri catastrofici che alla fine non fanno altro che bloccarvi”.

Validare le emozioni dei propri figli

Spesso succede che i genitori, sperando di alleviare l’ansia dei propri figli, tendano a sottovalutare le loro paure ed emozioni. “Sottovalutare è terribile”, dice lo psicopedagogista. Frasi come: “Cosa vuoi che sia questo esame, sai quante prove più difficili dovrai affrontare nella vita?” sono controproducenti. “Il concetto chiave è invece la validazione emotiva”, spiega Rossi. Quando una persona esprime un’emozione, ha bisogno di sentirsi sentita, non giudicata. Quindi, anziché sminuire, “suggerisco sempre ai genitori di dire loro ai ragazzi che è normale se ti senti così”. Dopo la validazione emotiva, che li fa sentire “visti”, è importante che entri in gioco anche l’incoraggiamento: “Sono sicuro che con la tua tenacia/passione/intelligenza ce la farai”. Genitori che si pongono in questo modo, sottolinea l’esperto, sono come “porti sicuri” che non cancellano le emozioni, “fanno sentire accolti e fanno venire voglia di salpare”.

Fondare l’autostima sulla tenacia

Se è vero che i ragazzi e le ragazze a scuola iniziano a convivere con l’ansia sempre prima, “il punto non è tanto che si è abbassata l’età media, ma che si sono alzate le aspettative”, spiega Rossi: “Mentre ai figli di ieri veniva chiesto di essere bravi, a quelli di oggi viene chiesto di essere perfetti, impeccabili. Quindi mentre quelli di ieri dovevano confrontarsi con il senso di colpa, quelli di oggi si confrontano con la paura del fallimento già durante la scuola dell’infanzia”. Un aspetto strettamente connesso all’ansia, che diventa prestazionale, in una società che divide le persone tra vincenti e perdenti. “Ma dobbiamo insegnare ai ragazzi che l’autostima non va fondata sulle metriche del risultato – che sono liquide, volatili – ma sulla passione e sulla tenacia”. Trasferire loro la cultura dell’impegno: “Hai dato il massimo? Allora va bene”.

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Ascoltare i ragazzi, poi incoraggiarli

Finiti gli esami, la fine della scuola porta con sé anche ansie collaterali, soprattutto tra un ciclo scolastico e un altro: nuovi compagni, nuovi professori e quindi “perdita” di figure di riferimento importanti per i ragazzi. “L’ansia è legata al cambiamento quando veniamo gettati fuori dalla nostra zona di comfort” e diventa come “la spia dell’auto che mi avvisa che devo fare il tagliando”. Il consiglio dello psicopedagogista ai ragazzi è di cercare di affrontare l’ansia legata all’imprevedibile con “un concetto poco usato, quello dell’audacia”. Pensare che “potrò conoscere persone nuove e conoscere me stesso in contesti nuovi. In fondo l’adolescente non è altro che un esploratore”. E anche in questo caso i genitori hanno il prezioso compito di incoraggiare i ragazzi, letteralmente “infondere loro coraggio”, dopo averli ascoltati. “Se siamo in mezzo a una tempesta e qualcuno si siede a fianco a noi dicendo ‘Parlami di come ti senti’, ci accorgiamo che il nostro racconto fa diminuire l’ansia interna. Avere qualcuno che ci ascolta non è terapeutico, ma curativo”.

Aiutarli a guardare il loro fuoco  

C’è poi un’ansia che non si esaurisce alla fine di un esame, né alla chiusura dei cancelli della scuola. È quella che non sa rispondere alle domande difficili: “Cosa succederà dopo? Sceglierò la scuola giusta per me? Cosa farò da grande?”. Un tema complesso, che non riguarda solo i ragazzi. “Il futuro oggi fa paura, sia agli adulti che ai ragazzi perché abbiamo di fronte un futuro che da promessa è diventato minaccia”, spiega Rossi. “I ragazzi sono divisi a metà: se da un lato inseguono l’idolo dell’influencer che è una sorta di controfuga dalla realtà, dall’altra parte non mentalizzano più il loro futuro, fanno fatica nel pensarlo”. Se pensiamo allo scenario globale, come alle guerre dentro e fuori l’Europa, quello che ci restituisce non è altro che incertezza. “I ragazzi riportano questa incapacità di lettura del mondo del futuro nella loro vita”. Cosa si può fare allora per guidarli? “Ascoltare il loro fuoco”, suggerisce l’esperto, senza proiettare in loro quello che avrebbero desiderato per loro stessi. “Il genitore deve essere il primo ad aiutare il proprio figlio a vedere la propria bellezza potenziale quando lui fatica a trovarla. Farlo è cruciale, perché i figli imparano a guardarsi con gli occhi con cui sono guardati”.

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Fonte : Sky Tg24