El Niño è agli sgoccioli, ma questo non significa che possiamo tirare un sospiro di sollievo

La World Meteorological Organization (Wmo), l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di fenomeni atmosferici, previsioni meteorologiche e relativi impatti sulla distribuzione delle risorse idriche a livello globale, ha annunciato che El Niño sta mostrando segnali di progressivo indebolimento. La probabilità di un passaggio al fenomeno opposto, noto come La Niña, nel periodo che va da luglio a settembre è stimata al 60%. Questo dovrebbe contribuire a ridurre le temperature delle acque superficiali di alcune aree dell’Oceano Pacifico.

Enso: El Niño-Southern Oscillation

El Niño si verifica in media ogni 2-7 anni e dura tipicamente dai nove ai 12 mesi, anche se può capitare che si protragga per anni, spiegano gli esperti dell’agenzia statunitense Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration). Quello attualmente “agli sgoccioli” ha avuto inizio fra maggio e giugno dello scorso anno e ha raggiunto il suo massimo a dicembre scorso, attestandosi come uno dei cinque più forti mai registrati. In generale, El Niño comporta un riscaldamento delle acque superficiali di alcune aree dell’Oceano Pacifico, influenzando le condizioni meteorologiche dell’intero Pianeta.

Questo fenomeno si inserisce all’interno dalla cosiddetta El Niño-Southern Oscillation (Enso), che prevede la sua ciclica alternanza con un fenomeno che produce effetti esattamente opposti: La Niña (anche nota come El Viejo o anti-El Niño). Durante La Niña i venti tendono a spingere l’acqua calda verso l’Asia, mentre a largo delle coste del continente americano aumenta il fenomeno di upwelling, ovvero la risalita verso la superficie delle acque profonde, fredde e ricche di nutrienti.

Le previsioni per i prossimi mesi

Le recenti previsioni della Wmo, che sono più o meno in linea con quelle rilasciate dalla Noaa qualche settimana fa, annunciano una probabilità pari al 50% per l’arrivo di La Niña nel periodo che va da giugno ad agosto. La probabilità sale invece al 60% se si considera il periodo luglio-settembre e al 70% per il periodo agosto-novembre. Queste previsioni sono anche in linea con il fatto che La Niña tende a svilupparsi a seguito di periodi caratterizzati da un El Niño particolarmente intenso, come quello appena trascorso. La Wmo ritiene infatti altamente improbabile che El Niño possa ripresentarsi nei prossimi mesi.

Resta il problema del riscaldamento globale

Ogni mese a partire da giugno 2023 ha segnato un nuovo record di temperature, e il 2023 è stato di gran lunga l’anno più caldo mai registrato. La fine di El Niño non significa che ci sarà una pausa nel cambiamento climatico sul lungo periodo, dato che il nostro pianeta continuerà a scaldarsi a causa dei gas serra che intrappolano il calore. Nei prossimi mesi le temperature eccezionalmente elevate della superficie del mare continueranno a giocare un ruolo importante”, sottolinea Ko Barrett, vice-segretario generale della Wmo.

Infatti, si legge ancora nella nota della Wmo, i nove anni passati sono stati i più caldi mai registrati nonostante l’influenza “rinfrescante” dell’ultima La Niña, che è durata quasi tre anni (dal 2020 fino all’inizio del 2023).

Le previsioni stagionali per El Niño e La Niña e gli impatti previsti sui modelli climatici a livello globale – conclude Barrett – sono uno strumento importante per allarmi e azioni tempestive”. Se El Niño può causare picchi di temperature da record, infatti, La Niña può dare luogo oltreoceano a una stagione di uragani particolarmente intensa.

Fonte : Wired