Al centrodestra non resta che sperare in Berlusconi, ancora

In questa campagna elettorale per le elezioni europee dell’8 e 9 giugno, di tutto si è parlato meno che di Europa. Nessuno ha brillato, ma al contrario c’è chi è riuscito a far peggio del solito. In questo pagellone ho dato un voto ai leader e ai partiti, alla loro comunicazione e all’offera politica messa in campo.

Giorgia Meloni, voto 4,5

Vince se alle urne mantiene o supera il 26 per cento ottenuto da Fratelli d’Italia alle elezioni Politiche di due anni fa.

Una presidente del Consiglio non dovrebbe comportarsi come la segretaria della sezione “Ostiense – Garbatella” di Fratelli d’Italia, ma forse Giorgia Meloni non l’ha ancora capito. Poteva essere la campagna elettorale della consacrazione a donna di Stato e non a semplice leader di partito, ma la premier ha scelto la strada più semplice per esaltare i suoi e segnare un solco ancora più profondo con quella maggioranza di italiani che non la ama, per usare un eufemismo: l’agguato a De Luca, la boutade su Tele Meloni e persino il “vota Giorgia” sono operazioni per contenere le possibili defezioni e non subire la candidatura del generale Vannacci, che rischia di portare via qualche voto all’estrema destra, ma sviliscono il ruolo istituzionale di un capo di governo attualmente alla guida del G7. Infine, i continui monologhi a reti unificate senza contraddittorio confermano le tesi degli avversari politici su una tv di Stato completamente monopolizzata. 

Matteo Salvini, voto 2,5

Vince se non viene scavalcato da Forza Italia. Stravince se la Lega supera il 10 per cento.

Quanto può essere credibile un leader di partito che utilizza delle immagini false create giocando con l’intelligenza artificiale per la propaganda elettorale? Più o meno come uno che da ministro organizzava conferenze stampa in uno stabilimento balneare. In queste settimane Matteo Salvini sta mostrando al mondo come non andrebbero utilizzate le applicazioni che permettono di generare contenuti artefatti: quante persone, soprattutto in età adulta, crederanno a quel Macron vestito da militare col mitra in spalla, alla donna che azzanna una cavalletta viva o al Gesù al nono mese di gravidanza? Il leader del Carroccio ha affiancato alla candidatura del generale Roberto Vannacci una comunicazione ancora più aggressiva e estremista del candidato stesso, che ha avuto la brillante idea di tirar fuori la flottiglia X Mas, fomentando il suo elettorato residuo contro l’Europa. E se dal punto di vista grafico quella della Lega è probabilmente la comunicazione più efficace di tutte a livello visivo, i contenuti sono più nocivi del solito. Resterà epico lo slogan “meno Europa, più Italia” utilizzato per i candidati in Europa. Sul piano politico il leader leghista punta a salvare la sua leadership a costo di far esplodere il suo stesso partito: non proprio una strategia lungimirante.

Silvio Berlusconi, voto 8,5

Vince se supera la Lega. Stravince se Forza Italia supera il 10 per cento.

L’inquilino del mausoleo di villa San Martino ad Arcore, si conferma un grande uomo di comunicazione. Per rispondere ai “vota Giorgia”, ai “vota il generale” e ai “vota Elly”, Silvio Berlusconi si è speso in prima anima per la causa, arrivando a chiedere agli elettori di annullare, per decesso del candidato, una delle tre preziose preferenze di un partito che sui voti personali fonda una parte importante del suo consenso. Da attento conoscitore di quell’italiano medio che è da sempre il suo core business, sa bene che la memoria è corta e in pochi ricorderanno quello show al Parlamento Europeo, quando nella sua forma terrena paragonò il povero Martin Schulz a un capò nazista. E saranno ancora meno quelli che ricorderanno le corna nella foto di gruppo con i ministri degli esteri Ue, gli articoli dei maggiori quotidiani mondiali che riportavano le barzellette “zozze” durante le cene di gala, il cagnolino Dudù che gioca con Putin in quelle stanze di Palazzo Grazioli che se potessero parlare racconterebbero molto del nostro Paese. Ormai è passato il messaggio che lì in mezzo il leader moderato e rassicurante è lui. Chapeau. Bravo a restare nell’ombra anche il suo portavoce in terra, Antonio Tajani. 

Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, voto 6,5

Vincono se l’alleanza verdi-sinistra supera la soglia di sbarramento del 4 per cento.

I due leader dell’Alleanza Verdi Sinistra, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, per raggiungere l’agognata soglia di sbarramento del 4 per cento, hanno puntato tutto sulla composizione delle liste. Al di là del “colpo” Ilaria Salis, una candidatura controversa ma che probabilmente porterà qualcosa in termini di consenso, i “campioni” messi in lista assicurano delle quote di voto “organizzato” (Massimiliano Smeriglio e Leoluca Orlando) e di opinione (Ignazio Marino e Mimmo Lucano). Azzeccate anche una serie di iniziative che appagano l’elettorato verde-rosso, come il sit-in per presentare la legge sulle spiagge al Twiga, nello stabilimento kitsch del turbocapitalista Flavio Briatore.

Elly Schlein, voto 6,5

Vince se il Partito democratico supera il 20 per cento.

Anche la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha puntato molto sulle liste, schierando in tutte le circoscrizioni candidature valide e politici di razza in grado di trainare preferenze. A costo di creare tensioni nel partito ha messo in campo Marco Tarquinio: l’ex direttore di Avvenire ha posizioni retrograde su aborto e unioni civili, recentemente ha detto che la Nato andrebbe sciolta e ha creato più di un grattacapo ai dirigenti dem. Però è un nome caro a Sant’Egidio, che tradotto vuol dire voti. Per il resto la campagna elettorale del Pd è stata centrata sui temi e aveva resistito alla tentazione di utilizzare la faccia della leader, per poi cedere al fascino dell’autobus. Al resto hanno pensato i diretti avversari: di fronte a un generale Vannacci l’elettore di centrosinistra disilluso non si tura semplicemente il naso, se lo sigilla col mastice.

Giuseppe Conte, voto 3

Vince se il Movimento 5 stelle mantiene o supera i voti delle ultime elezioni Politiche, il 15 per cento.

Il Movimento 5 Stelle è il partito che in una competizione come quella delle elezioni europee, dove il radicamento sul territorio e la forza di traino dei singoli candidati pesa tantissimo, parte sempre nettamente sfavorito. L’unica candidatura di peso è quella del “padre” del Reddito di cittadinanza ed ex presidente Inps, Pasquale Tridico. Se a tutto questo aggiungiamo lo slogan “L’Italia che conta” con un gioco di parole sul nome del leader che manco nei film con Jerry Calà, la frittata è fatta. Giuseppe Conte ha passato l’intera campagna elettorale a cercare di provocare qualche reazione nelle due principali sfidanti, Giorgia Meloni e Elly Schlein, ma è stato ignorato come un aspirante playboy che durante una serata in discoteca cerca di attirare l’attenzione parlando dell’ultima visita dall’andrologo. In compenso è riuscito a far saltare il confronto televisivo tra le due leader.

Matteo Renzi e Emma Bonino, voto “non classificato”

Vincono se la lista Stati uniti d’Europa supera la soglia di sbarramento del 4 per cento.

Difficile giudicare un cartello elettorale nato per raggiungere il 4 per cento alle elezioni e che si scioglierà ad obiettivo raggiunto. La campagna elettorale della “lista di scopo” si potrebbe riassumere così: Matteo Renzi che fa Matteo Renzi ed Emma Bonino che ogni tanto gli dice di stare calmo. Fine.

Carlo Calenda, voto 6

Vince se Azione supera la soglia di sbarramento del 4 per cento.

Azione partiva con due grossi handicap. Il primo: senza la coalizione con +Europa, che ha scelto l’ex alleato e ora acerrimo nemico Matteo Renzi, raggiungere il 4 per cento non è semplice. Il secondo: Carlo Calenda è un po’ lunatico e come spesso accade ha smentito se stesso sulla storia della candidatura; in 48 ore è passato da “i leader che si candidano sono tutti dei cialtroni” a “mi candido pure io”. Eppure l’ex ministro dello Sviluppo Economico sta portando avanti una campagna elettorale da vecchio Pci, andando a spiegare le sue ragioni e a litigare in prima persona nelle strade. L’idea del “Bla Bla Carl” per quanto schernita da alcuni comici, è forse l’unica nota di colore di una campagna elettorale davvero poco esaltante. Le liste sono ben fatte, con candidati validi che se eletti potranno dire la loro nell’Europarlamento. Magari non basterà, ma la sufficienza è meritata.

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Fonte : Today