Il giornale rende omaggio alle vittime nel 35mo anniversario del massacro. Nell’editoriale parla di realtà sempre più “restrittiva” e anche “una preghiera” può diventare “fonte di preoccupazione”. A Pechino in vigore blocchi e divieti di accesso, censure sul web. Taiwan risponde “all’autoritarismo” con le “libertà” e promuove una manifestazione nella capitale. Cerimonie anche in Canada e Usa.
Hong Kong (AsiaNews) – Una prima pagina vuota e in bianco, senza titoli né articoli. Così il giornale cristiano di Hong Kong Christian Times ha voluto ricordare, nell’ultima edizione pubblicata lo scorso fine settimana, il 35° anniversario del massacro di piazza Tiananmen del 4 giugno 1989 a Pechino. Un modo per rendere omaggio alle vittime della repressione attuata dal partito comunista cinese contro giovani e attivisti che chiedevano democrazia e diritti, ma al tempo stesso un grido – silenzioso – di allarme per le crescenti restrizioni alle libertà individuali. Sulla “data sensibile” è intervenuto di recente anche il card. Stephen Chow Sau-yan, con una riflessione in cui parla di “ferita profonda” che richiede ancora oggi “attenzione adeguata” per la guarigione.
Tornando alla “pagina vuota” del settimanale cristiano, la redazione motiva la scelta spiegando che la “situazione attuale” si può raccontare solo “trasformando i paragrafi in linee vuote e spazi bianchi” in una società – dalla Cina all’ex colonia britannica – sempre più “restrittiva”. Se un tempo era la sola zona in cui si potevano commentare i fatti del 4 giugno e organizzare veglie di preghiera e manifestazioni, in particolare al Victoria Park, oggi la realtà – anche per l’introduzione della versione locale della Legge sulla sicurezza – ogni forma di dissenso è proibita. E punita col carcere.
In passato lo stesso Christian Times era solito pubblicare contenuti collegati a Tiananmen alla viglia dell’anniversario; quest’anno, invece, non è stato possibile pubblicare la prima pagina “a causa di un problema”. “Negli ultimi anni – continua l’editoriale – la società di Hong Kong è cambiata drasticamente ed è diventata più restrittiva” e anche “una preghiera basata sulla memoria di fatti storici può essere fonte di preoccupazione”. Il clima di repressione è confermato dagli eventi della settimana: le autorità hanno arrestato sette persone per “sedizione”, perché avrebbero pubblicato post sui social in cui hanno “approfittato” di un “prossimo appuntamento delicato” con riferimento proprio alla ricorrenza del 4 giugno. Fra le persone fermate ieri sera a Hong Kong l’artista Sammu Chen (per il secondo anno consecutivo), mentre fingeva di scrivere e disegnare in aria davanti a un furgone della polizia. In mattinata egli è stato rilanciato.
Intanto le autorità cinesi – che non hanno mai reso noto il bilancio ufficiale delle vittime della repressione, anche se gruppi attivisti parlano di migliaia di morti – hanno rafforzato le misure di sicurezza nei pressi di Tiananmen, cui l’accesso è fortemente limitato. Il sito web della torre che domina la piazza avvisa che, per oggi, la struttura resterà chiusa al pubblico e anche le fasce orarie per visitare l’area risultano inaccessibili sull’app WeChat. Inoltre Chang’an Avenue, la strada che costeggia la piazza, è chiusa a pedoni e ciclisti dalla serata di ieri e da giorni gruppi di volontari per il “mantenimento della stabilità” sorvegliano i quartieri centrali e le guardie controllano i ponti pedonali, pratica regolare durante i periodi “sensibili”.
Sulle piattaforme cinesi social, tra cui WeChat e Douyin, gli utenti non hanno potuto cambiare la foto del proprio profilo. In passato, alcuni utenti avevano modificato nome e foto per includere immagini simboliche come le candele in occasione del 4 giugno. In queste ore si registra anche l’intervento delle Madri di Tiananmen, gruppo di oltre 100 sopravvissuti e familiari delle vittime della repressione, per lo più residenti in Cina: “Sono passati trentacinque anni e le autorità rimangono in silenzio” affermano, aggiungendo che “non possiamo accettare o tollerare” dichiarazioni o versioni ufficiali delle autorità “che ignorano i fatti”.
Chi continua a celebrare gli eventi della piazza è Taiwan, l’isola considerata “ribelle” da Pechino, col presidente Lai Ching-te che ha affermato in una nota che “la memoria del 4 giugno non scomparirà nel fiume della storia”. Egli ha quindi aggiunto che Taipei “risponderà all’autoritarismo con la libertà”, restando l’unica area al mondo in lingua cinese in cui i fatti possono essere ricordati in modo aperto, con una commemorazione prevista in giornata nella capitale. Altri eventi sono previsti in Paesi come la Gran Bretagna, il Canada e gli Stati Uniti, mentre la ministra australiana degli Esteri Penny Wong ha ricordato la “forza brutale” usata contro gli studenti e il governo resta preoccupato per le continue restrizioni ai diritti individuali. “Chiediamo alla Cina – sottolinea in una nota – di porre fine alla soppressione delle libertà di espressione, riunione, media e società civile e di rilasciare le persone detenute per aver espresso pacificamente le loro opinioni politiche”.
Fonte : Asia