In occasione della festa della Repubblica del 2 giugno, le dichiarazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella hanno suscitato attacchi da parte della Lega. Mattarella ha affermato che “con l’elezione del Parlamento europeo consacreremo la sovranità dell’Ue“, una frase che ha provocato la reazione del senatore leghista Claudio Borghi. Borghi ha detto che “se pensa davvero che la sovranità sia dell’Ue invece che dell’Italia, per coerenza dovrebbe dimettersi“.
Le parole di Mattarella, tuttavia, riflettono una visione basata sulla storia e i valori fondativi dell’Unione europea: la sovranità condivisa è un principio chiave dell’Ue, nata per garantire la pace e la cooperazione tra nazioni che per secoli erano state in conflitto. La reazione di Borghi evidenzia un malinteso fondamentale sul concetto di sovranità in un contesto europeo: la sovranità, secondo la Costituzione italiana e i trattati europei, appartiene al popolo italiano, ma è esercitata anche a livello sovranazionale attraverso le istituzioni dell’Unione europea. Questo non significa che l’Italia abbia perso la sua sovranità, ma che la condivide per fare fronte comune nelle sfide più importanti della nostra epoca.
L’articolo 11 della Costituzione
Basta andare a rileggere l’articolo 11 della Costituzione. Si legge: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Le parole di Mattarella altro non fanno che riflettere i contenuti alla base di questo articolo della carta fondamentale italiana, contenuto nei primi 12 della Costituzione, che ne fissano i principi fondamentali. Altro che dimettersi, come ha insinuato il senatore leghista Borghi: Mattarella ha interpretato e fatto propri principi messi nero su bianco nella Costituzione e, dunque, patrimonio giuridico di tutta la nazione. Urge ricordare che il presidente il 5 ottobre 2011 è stato eletto giudice costituzionale dal Parlamento ed è entrato a far parte della Corte costituzionale con il giuramento dell’11 ottobre 2011.
Il dibattito politico
Il leader della Lega Matteo Salvini ha cercato di smorzare la polemica, affermando che il presidente ha il rispetto del partito, ma ha anche ribadito l’importanza della sovranità nazionale, sottolineando che l’Italia non dovrebbe sottomettersi a un “super Stato europeo dove comandano quelli che hanno i soldi“. Questo approccio euroscettico è condiviso anche da altri segmenti della politica italiana ed europea, che vedono l’Europa come una minaccia alla sovranità nazionale piuttosto che come un centro di cooperazione e crescita.
Non tutti, però, hanno condiviso la critica della Lega: Antonio Tajani, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, ha espresso solidarietà a Mattarella, dichiarando che ogni scelta anti-europea è deleteria per l’Italia. Benché silente, anche Fratelli d’Italia e la sua leader, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, hanno mal digerito l’uscita di Borghi e la difesa scomposta di Salvini, che non ricompone la frattura con il Quirinale. Anche le opposizioni, attraverso la segretaria del Pd Elly Schlein e il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte, hanno difeso il presidente, giudicando l’attacco della Lega come indegno e sconclusionato.
La visione di Mattarella è in linea con i principi fondamentali dell’Unione europea: sovranità condivisa significa cooperare su dossier rilevanti come l’economia, la sicurezza e l’ambiente; questo approccio ha permesso all’Europa di mantenere la pace, promuovere il benessere dei cittadini e sostenere lo sviluppo dei paesi membri. L’Unione europea non è una minaccia alla sovranità italiana, ma una piattaforma per esercitarla in modo più efficace e coordinato e la cessione di “sovranità” su alcuni temi una pratica condotta nell’alveo della Costituzione.
Fonte : Wired