“Sono quella stronza della Meloni”. “Fai la Decima”. “Smantelliamo la Nato”. “Candidiamo la Salis”. Giorno dopo giorno si sono alzati i toni di una campagna elettorale nutrita più di polemiche che di veri temi. In questo pagellone proviamo a dare un voto a come i leader politici hanno condotto la loro campagna elettorale mettendo in evidenza gli obiettivi minimi a cui puntano i vari partiti alle elezioni del prossimo 8-9 giugno 2024.
Giorgia Meloni, voto 9
Vince se alle urne mantiene o supera il 26 per cento ottenuto da Fratelli d’Italia alle elezioni Politiche di due anni fa.
Non ha parlato molto di contenuti, ma non aveva bisogno di fare grandi promesse o proposte perché già l’idea di cercare di replicare anche in Europa il modello del centrodestra italiano è un programma politico. Meloni, poi, dal “voto Giorgia” all’umiliazione recata al presidente De Luca, passando per la nascita di “TeleMeloni” sul web, non ne ha sbagliata una dal punto di vista comunicativo.
Matteo Salvini, voto 8
Vince se non viene scavalcato da Forza Italia. Stravince se la Lega supera il 10 per cento.
Consapevole di rischiare un flop, ha deciso di non candidarsi in prima persona, ma di puntare tutto sul generale Roberto Vannacci che, nel bene o nel male, ha monopolizzato questa campagna elettorale. Salvini, poi, ha azzeccato i temi cari agli elettori connessi ai rischi economici connessi alla transizione ecologica su auto e case.
Antonio Tajani, voto 7
Vince se supera la Lega. Stravince se Forza Italia supera il 10 per cento.
Ha saputo costruire buone alleanze a livello locale, “riportando a casa” personaggi come Letizia Moratti e ha dato un’immagine rassicurante di Forza Italia come “forza tranquilla” che può accogliere i moderati delusi dal duo Calenda-Renzi. È stato, inoltre, pronto a bloccare con fermezza il redditometro e a rispondere colpo su colpo alle intemperanze di Salvini sulle alleanze in Europa.
Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, voto 6
Vincono se l’alleanza verdi-sinistra supera la soglia di sbarramento del 4 per cento.
Sono stati bravi a parlare al proprio elettorato battendo sui temi dell’ambientalismo e del pacifismo. Hanno scippato l’ex europarlamentare Massimo Smeriglio e l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino al Pd, ma il vero colpo è stata la candidatura di Ilaria Salis che senza dubbio intercetterà i voti di una parte di indecisi di estrema sinistra.
Elly Schlein, voto 5
Vince se il Partito democratico supera il 20 per cento.
Dal punto di vista dei contenuti, la segretaria del Pd ha letteralmente toppato la campagna elettorale. Temi come la difesa della Costituzione, la manifestazione contro l’introduzione del premierato e l’antifascismo non riguardano minimamente l’Europa e non scaldare il cuore degli elettori italiani. Non è riuscita a ottenere il confronto televisivo con Meloni ed è andato a rimorchio dell’avversario, senza mai dettare l’agenda. Schlein si salva solo da un’insufficienza più grave solo grazie alla composizione di liste molto competitive.
Giuseppe Conte, voto 4
Vincono se il Movimento 5 stelle mantiene o supera i voti delle ultime elezioni Politiche, il 15 per cento.
Privato della battaglia per il reddito di cittadinanza e del Superbonus, due misure ampiamente bocciate dagli italiani sia nelle urne sia nelle rilevazioni dell’Eurispes, Giuseppe Conte ha puntato tutto sulla pace sebbene non si possa spacciare come un novello Mandela. Il leader del M5s non è mai realmente riuscito a inserirsi tra i big di questa campagna elettore e, complici anche delle liste debolissime, rischia un flop clamoroso.
Matteo Renzi ed Emma Bonino, voto 3
Vincono se la lista Stati uniti d’Europa supera la soglia di sbarramento del 4 per cento.
Hanno dato vita a una “lista di scopo” che poteva rappresentare una novità nel panorama politico, ma hanno toppato perché sono stati confinati ai margini del dibattito politico, senza mai proporre un progetto che andasse oltre al classico +Europa. Poco appetibile e lontana dai bisogni della gente la linea di Renzi +Draghi –Ursula.
Carlo Calenda, voto 2
Vince se Azione supera la soglia di sbarramento del 4 per cento.
L’attivismo del leader liberale è stato totalmente inconsistente, ha cercato di replicare il modello ‘Cateno De Luca’ inserendo nel simbolo dei soggetti politici totalmente sconosciuti e che non hanno nessuna presa al momento del voto. Bla bla Carl a parte, Calenda potrebbe essere ricordato, soprattutto da Macron, come colui che ha diviso il fronte centrista impedendo, forse, all’Italia di portare in dote a Renew Europa una quota di eletti.
Fonte : Today