Secondo i dati Ispra, in Italia il settore dei trasporti è uno dei maggiori responsabili delle emissioni di gas serra (24,7%) e, secondo l’elaborazione di Openpolis su dati Eea, la quasi totalità delle emissioni di anidride carbonica è dovuta al trasporto su strada che da solo ha causato il rilascio di circa 95 milioni di tonnellate di CO₂ nel 2021. Per contribuire a ridurre l’impatto ambientale di questo settore, una soluzione consiste nel sostituire ai fossili nuovi vettori energetici rinnovabili e più sostenibili come i biocarburanti, ovvero carburanti ottenuti da materie prime rinnovabili di origine biologica.
L’idea di usare dei componenti di origine organica per alimentare i motori risale al 1893. Rudolf Diesel, un ingegnere tedesco, inventò il primo prototipo di motore a combustione interna che funzionava con l’olio di arachidi. Diesel era convinto che il suo motore potesse essere alimentato da una varietà di oli vegetali e animali e che questo avrebbe favorito lo sviluppo economico e sociale delle popolazioni rurali. Diesel presentò il suo motore all’ Esposizione Universale di Parigi del 1900. Nel 1911 affermò che “Il motore diesel può essere alimentato ad olio vegetale e questo potrebbe anche aiutare lo sviluppo dell’agricoltura nei paesi che ne faranno uso”, e nel 1912 aggiunse: “L’uso di olio vegetale come carburante potrebbe sembrare insignificante oggi, ma tali olii potrebbero diventare, nel corso del tempo, tanto importanti quanto lo sono ora il petrolio e i prodotti derivati dal carbone”.
Oggi, i combustibili rinnovabili sono tornati alla ribalta, in un contesto di crescente sensibilità ambientale e di ricerca di soluzioni alternative ai combustibili fossili. I biocarburanti rappresentano una fonte di energia rinnovabile e maggiormente sostenibile fondamentale per il futuro del settore automobilistico, oltre che una delle soluzioni più promettenti per contribuire alla riduzione di emissioni di gas a effetto serra nel settore dei trasporti. Non a caso l’impiego di questi combustibili è aumentato di quasi il 6% all’anno negli ultimi cinque anni. Secondo le osservazioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea), entro il 2030 la percentuale di biocarburanti utilizzati potrebbe superare il 9%. Si prevede inoltre un incremento significativo della proporzione di biocarburanti ottenuti da residui e rifiuti che potrebbero rappresentare il 40% del totale consumato nel 2030, in netto aumento rispetto al 9% stimato. Ma cosa sono i biocarburanti? E quali sono le possibili applicazioni?
Biocarburanti da record
I biocarburanti sono combustibili rinnovabili, carburanti liquidi per il trasporto ricavati dalla biomassa, ovvero la “frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti, compresi i rifiuti industriali e urbani di origine biologica”. I biocarburanti possono essere prodotti da diverse fonti. Per esempio, i biocarburanti di prima generazione (prodotti da materie prime in competizione con la filiera alimentare e mangimistica) si ottengono da oli vegetali come quelli di colza, girasole, palma e soia, e il bioetanolo si ricava da colture quali mais, frumento, barbabietola, orzo e segale.
Esistono poi i cosiddetti biocarburanti avanzati, che sono prodotti da materie prime che non competono direttamente con colture alimentari e foraggere, come ad esempio paglia e materiali ligno-cellulosici, glicerina grezza, gusci, sfalci agricoli e forestali e rifiuti organici della raccolta differenziata. Infine, vi sono i grassi animali e vegetali di scarto, tra cui gli oli da cucina esausti. Queste materie prime di origine rinnovabile vengono trasformate in biocarburanti attraverso processi tecnologici specifici.
Fonte : Wired