La Mars Sample Return campaign è una delle più ambiziose missioni spaziali mai progettate. Coinvolge Nasa ed Esa, prevede il lancio di molteplici veicoli spaziali verso Marte in circa due decenni, e un conto da 11 miliardi di dollari che, purtroppo, rischia di comprometterne la realizzazione. I recenti tagli di budget della Nasa, infatti, non sono più compatibili con una simile spesa, e l’agenzia attualmente sta vagliando proposte meno ambiziose, e costose, di quella originale. Mentre alla Nasa, insomma, si arrovellano per capire se esiste un metodo economico e rapido per portare a Terra i campioni di suolo marziano raccolti negli scorsi anni dalla sonda Perseverance, c’è chi ricorda che, anche se ci riusciremo, non sarà sufficiente: per comprendere davvero la storia e l’evoluzione di Marte, e se il pianeta sia mai stato – oggi o in passato – capace di ospitare la vita, servirà studiare anche campioni della sua atmosfera. Un’impresa possibile e necessaria, secondo uno studio presentato di recente nel corso della 55esima Lunar and Planetary Science Conference, ma che attualmente non riceve la dovuta attenzione.
Cosa sappiamo dell’atmosfera marziana
Ovviamente, oggi conosciamo piuttosto bene la composizione dell’atmosfera di Marte. Sappiamo che è formata in larga parte di anidride carbonica (che rappresenta il 95,32% dei gas presenti), e poi azoto (2,7%), argon (1,6%), ossigeno (0,13), e una quantità di altri gas in percentuali sempre più infinitesimali. Quel che interessa ai planetologi però è studiare le reazioni chimiche che interessano la superficie (oggi come in passato), e che potrebbero aver influenzato l’evoluzione del pianeta sin dalla sua nascita e aver fornito – o meno – una chance per la comparsa di una qualche forma di vita extraterrestre.
Anche lo studio del nostro stesso pianeta trarrebbe giovamento da un’analisi precisa dell’atmosfera marziana, che permetterebbe di ipotizzare con maggiore certezza quali condizioni fossero presenti sulla proto-Terra agli albori della sua evoluzione. Per studiare così in dettaglio l’atmosfera marziana purtroppo i sensori e i laboratori di analisi montati sulle sonde robotiche come Perseverance non bastano: servono analisi isotopiche che riconoscano sostanze presenti in concentrazioni inferiori alla parte per milione, possibili unicamente nei migliori laboratori terrestri. Per questo, l’unico modo per ottenere queste informazioni, almeno per ora, è portare un campione di atmosfera marziana, intatto, sul nostro pianeta.
Un obbiettivo che, a detta degli autori dello studio, dovrebbe andare di pari passo con i preparativi in corso per il recupero dei campioni di suolo e rocce raccolti da Perseverance. “Stiamo progettando di portare sulla Terra tutti questi campioni di rocce – ha spiegato intervistato da Universetoday Timothy Swindle, esperto di planetologia dell’Università dell’Arizona, tra gli autori dello studio – e saremo interessati a capire come hanno interagito con l’atmosfera, ma non possiamo saperlo senza conoscerla nel dettaglio. Per questo, abbiamo bisogno di un campione di atmosfera per sapere con cosa i campioni di roccia possono aver scambiato elementi ed isotopi”.
Un campione inaspettato
L’opportunità più semplice per ottenere un campione di atmosfera l’ha fornita un incidente avvenuto durante i campionamenti di Perseverance. Per essere più precisi, nel corso del primo tentativo effettuato dalla sonda, il 6 agosto del 2021: il tratto di roccia scelto per la trivellazione si è rivelato infatti più fragile del previsto, e si è sgretolato completamente prima che il robot riuscisse a riporlo all’interno del tubo in cui vengono custoditi i campioni. Quel primo tubo, quindi, attualmente è vuoto; o meglio, pieno di “aria” marziana. Le analisi effettuate dai ricercatori della Nasa hanno concluso che il tubo è sigillato, e capace di mantenere inalterato il suo contenuto per decenni. È stato quindi depositato nel Three Forks depot che custodisce i campioni che verranno in futuro rispediti sul nostro pianeta, ed è l’unico tra quelli raccolti da Perseverance catalogato come campione atmosferico, perché l’aria presente negli altri tubi trascorrerà molto tempo a contatto con le rocce custodite al loro interno, e risulterà quindi alterata e non rappresentativa della vera atmosfera marziana.
Fonte : Wired