“Ecco quanto rende investire 200 euro al mese: la mia pensione è già un miraggio”

“Mio padre in fondo aveva anche ragione a dir che la pensione è davvero importante” cantava Francesco Guccini in una delle più celebri canzoni del suo repertorio. E se negli anni ’70 l’affermazione poteva avere una valenza quasi canzonatoria oggi, al tempo della grande crisi dei conti pubblici e dal passaggio ormai consolidato dal sistema retributivo a quello contributivo, il tutto assume un’altra valenza.

Me ne accorgo facendo una proiezione, molto approssimativa, sul sito MyInps, di quella che sarebbe stata la mia pensione futura. Secondo quanto stimato dal portale, potrei andare in pensione a 69 anni e 3 mesi, a patto di avere almeno 20 anni di contributi e solo se quanto erogato sarà superiore all’assegno sociale (534,41 euro nel 2024). 

“Addio sanità pubblica, ecco quanto ho speso con assicurazioni e fondi integrativi”

Altri simulatori sono più clementi, ma concordano tutti su un punto: non andrò in pensione prima del 2048. Considerando la mia carriera discontinua intuisco che le cose non si mettono bene. Decido quindi di cercare soluzioni. 

Il boom dei fondi pensione: perché gli italiani ci investono 

La previdenza complementare nasce in Italia parallelamente al passaggio al sistema retributivo a quello contributivo con la riforma Dini del 1996. Il primo decreto risale al 1993. Oggi queste soluzioni vengono promosse anche dall’Inps e riguardano oltre 9 milioni di italiani. 

PREVIDENZA_COMPLEMENTARE

I contributi versati a queste forme di previdenza fanno registrare una vera e propria impennata negli ultimi anni, toccando la cifra di 18,2 miliardi di euro nel 2022. E sono molte le banche e le compagnie assicurative che hanno fiutato l’affare. Come per il boom dei fondi sanitari integrativi l’incertezza sul futuro e la crisi del Welfare pubblico crea eccellenti opportunità di profitto. 

Precari oggi, poveri domani: ecco le pensioni che ci aspettano

Del resto anche lo Stato incoraggia questo tipo di soluzioni con diverse misure. Sono deducibili dall’Irpef, ad esempio, tutti i contributi versati in previdenza integrativa fino al massimo di 5164 euro all’anno, mentre i rendimenti di questi fondi sono tassati al 20% (rispetto al 26% delle altre forme di risparmio finanziario).  Prima di addentrarci in questo mondo è utile però fare due tipi di premesse.

La prima: non tutti i fondi previdenziali integrativi sono uguali. Esistono fondi pensione chiusi, ovvero riservati a specifiche tipologie di lavoratori in base a specifici accordi sindacali: chi vi aderisce generalmente usufruisce di un contributo anche da parte del datore di lavoro. Esistono poi fondi pensioni aperti, ovvero fondi predisposti generalmente da banche e compagnie assicurative a cui si può aderire individualmente, ma anche collettivamente. Infine esistono i cosiddetti “Pip”, ovvero i piani pensionistici individuali formulati sui bisogni dei singoli individui. 

La seconda: esistono diversi profili di rischio. Possiamo scegliere tra fondi “garantiti” (di solito basati su investimenti in titoli di stato) che hanno un rendimento basso ma costante, oppure orientarci su fondi legati a obbligazioni e soprattutto ad azioni. Questi ultimi offrono guadagni più ampi, ma anche molta più volatilità. Esistono infine dei mix fra le varie opzioni: orientarsi non è sempre semplice. 

Dimmi quanto vuoi rischiare e ti dirò quanto puoi guadagnare 

La parola chiave è “rischio”. Tutti i simulatori e gli operatori che contatto mi chiedono quanto sono disposto a “rischiare”. Come già spiegato sopra, del resto, investendo su fondi previdenziali con una grande componente azionaria si ottengono rendimenti maggiori e la maggiore volatilità è spesso compensata, negli anni, dagli alti guadagni. Decido quindi di farmi fare una simulazione online della pensione integrativa che otterrei investendo 200 euro al mese, quasi 50 euro in più dell’ammontare mensile del mio Tfr (investirlo in un fondo pensione è un’altra opzione possibile), su questa tipologia di fondi. I parametri prendono ovviamente in considerazione la mia età, la mia posizione lavorativa e la mia aspettativa di vita. 

RENDIMENTI_FONDO_PENSIONE

Al netto del calcolo decisamente troppo ottimista della mia pensione statale, secondo il prospetto offerto da uno dei più grandi siti predisposti alla comparazione di questi fondi, dovrei riuscire ad accumulare una pensione integrativa di 310 euro al mese accrescendo il capitale versato di oltre 14mila euro.

I rendimenti delle offerte che mi vengono proposti, del resto, presentano rendimenti superiori al 7% all’anno. Se agissi in maniera più “prudente”, quindi investendo su fondi che si basano solo su base obbligazionaria, riuscirei a portare a casa una rendita media di 2924 euro annue secondo un altro strumento di simulazione online  e di 212 euro al mese di integrazione secondo il piano di una grande banca italiana. 

Ma qual è l’andamento di questi fondi? Per accorgersi delle conseguenze basta dare uno sguardo al prospetto della Convip (la Commissione di vigilanza sui fondi pensione) relativi agli ultimi anni. 

RENDIMENTI

Come si intuisce anche dal grafico sopra i fondi previdenziali azionari sono quelli soggetti a oscillazioni più nette di anno in anno, ma sono anche quelli che, nel lungo periodo, offrono  i rendimenti migliori a fronte di significative oscillazioni. Tra il 2021 e il 2022, ad esempio, i rendimenti di questi fondi hanno fatto registrare un -13,11%, ma sul lungo periodo i margini di profitto restano i migliori. E la premessa è che, al di là dei passivi che si possono riscontrare, in Italia i fondi pensione non possono fallire per legge.

Ma ovviamente le valutazioni vanno fatte di caso in caso: “Quando vediamo l’andamento dei fondi azionari sembra di trovarci di fronte a un elettrocardiogramma, ma per investimenti nel lungo periodo sono quelli che funzionano meglio, nel breve sono più rischiosi perché si rischiano passivi – mi spiega un consulente finanziario -. Ovviamente ci si può spostare da una tipologia di fondo all’altro dopo qualche anno e in questo momento di tensioni internazionali è preferibile orientarsi su fondi bilanciati”. 

Tornando a terra: il problema dei costi e quello dei salari 

Tutto ok, quindi? Non esattamente. Da un lato molti operatori finanziari non consigliano di investire in fondi pensione per gli scarsi rendimenti e per i costi da sostenere. Questi ultimi possono essere anche ingenti e vanificare l’investimento, come si può vedere dal prospetto sotto. 

COSTI_FONDI_PENSIONE

Il suggerimento è quindi quello di tenere ben presente quanto si spende, anche perché i costi sono molto variabili.

Le future pensioni dei 40enni sono già un disastro: le proiezioni categoria per categoria

Il secondo aspetto è però strutturale. La maggior parte degli italiani ha un salario troppo basso per stipulare un fondo pensione e anche io ho delle difficoltà. Potrei optare per finanziarlo con il Tfr, ma mi rendo conto di aver avuto una carriera molto discontinua e in molti anni da libero professionista non ho sempre avuto accesso diretto a questo trattamento. Le ulteriori incertezze sul futuro mi suggeriscono prudenza: è la stessa di gran parte della mia generazione.

Mi rendo conto che il ragionare sui fondi pensione è la famosa “pagliuzza” della parabola evangelica che mi impedisce di vedere la trave: l’inesistenza di un sistema di garanzie pensionistiche per chi ha carriere discontinue e basse retribuzioni. Considerando che quasi il 40% dei lavoratori italiani ha retribuzioni inferiori ai 15mila euro l’anno possiamo anche chiamarla “tempesta perfetta”. 

Fonte : Today