India, il nazionalismo Hindu di Modi divide il Paese

Lo slogan elettorale del premier Narendra Modi è “Hindu first”, prima gli Hindu. Da 10 anni l’Hindutva è l’ideologia al potere in India e pervade sempre di più la politica e la società indiana. Per chi ci crede è un ritorno alle origini, per i critici mette invece a rischio la laicità dello Stato e alimenta la discriminazione e l’odio per i circa 200 milioni di musulmani

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La parola Hindu può significare molte cose. Indicava chi viveva intorno a un fiume, l’Indo, ora in Pakistan, poi ha indicato un popolo, una cultura e solo da ultimo una religione.

Il nazionalismo Hindu, o Hindutva, invece, ormai al potere dal 2014 in India, è una ideologia all’apice del proprio successo. Anche per questo chi non la condivide ne ha sempre più paura.

Di certo è una cosa seria. Intanto perché riguarda oltre 1 miliardo e 200 milioni di persone, circa l’80 per cento della popolazione indiana, e poi perché è al centro dell’idea della nuova India che il premier Narendra Modi e il suo partito, il Bjp, stanno plasmando da 10 anni a questa parte.

Foto di Jacopo Arbarello

L’Hindutva alla base dello slogan Hindu First

Ma cos’è l’Hindutva? Come tutti i nazionalismi è una ideologia identitaria, di appartenenza, in questo caso soprattutto religiosa, che mira a esaltare le radici hindu dell’India, e a promuovere la supremazia Hindu rispetto alle altre religioni, in particolare verso l’Islam, praticato da circa 200 milioni di indiani.

L’Hindutva è un movimento ideologico  che si presenta apertamente come Hindu first. Ma il Nazionalismo Hindu è presente nel dibattito politico da circa un secolo, quando nacque l’organizzazione paramilitare di destra RSS, di cui Modi è membro fin dalla giovinezza. I primi teorici dell’Hindutva in origine si ispirarono anche al fascismo italiano, preso a modello per le capacità di organizzazione politica del partito, per la propaganda e per l’ideologia. 

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Le critiche al nazionalismo hindu

Da quando Modi è al potere l’Hindutva pervade sempre più profondamente la società e la politica indiana. Per i suoi fautori è un ritorno alle origini, per i critici è invece un attacco alla democrazia secolare, alla laicità dello stato ma soprattutto è una ideologia divisiva, che tende ad emarginare e a discriminare tutto ciò che non è Hindu, a partire dai musulmani. Per Yamini Aiyer, ricercatrice, il nazionalismo hindu “scatena l’intolleranza, il pregiudizio, l’odio e un certo livello di violenza e colpisce in particolare i 200 milioni di indiani musulmani”. 

Foto di Jacopo Arbarello

La discriminazione verso i musulmani

Aiyer ci parla in particolare del Citizenship amendment act, approvato nel 2019 ma i cui decreti attuativi sono stati pubblicati a pochi giorni dalle elezioni, che “introduce per la prima volta la religione come un ingrediente che determina il percorso verso la cittadinanza”. Per la naturalizzazione dei cittadini che provengono dai paesi limitrofi, Bangladesh, Afghanistan e Pakistan è infatti stabilito un percorso facilitato per tutti quelli che non sono musulmani. Ma anche secondo la scrittrice e giornalista Swati Chaturvedi Modi e il Bjp sono contro i musulmani: “La loro intera ideologia è solo contro i musulmani. Pensano che i musulmani hanno conquistato l’India e che Modi l’abbia riportata indietro all’età dell’oro degli Hindu”.

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Il tempio di Rama ad Ayodhya

Per capirne di più siamo andati ad Ayodhya, in Uttar Pradesh, lo stato roccaforte del partito di Modi dove il premier ha fatto costruire, dopo anni di promesse, il tempio di Rama sulle ceneri di una moschea del 1500 abbattuta dagli integralisti Hindu nel 1992.
L’inaugurazione del tempio di Rama, trasmessa in diretta tv e cinematografica il 22 gennaio del 2024 è un pieno successo di Modi e non a caso ha segnato l’inizio della sua campagna elettorale per la rielezione a un terzo mandato. In quell’occasione Modi, pur essendo primo ministro, si è presentato in vesti di certo più confessionali che laiche.

La distruzione della moschea scatenò le più gravi violenze religiose dell’indipendenza dell’India nel 1947, con quasi 2000 morti, in maggioranza musulmani. Il diritto a costruire un tempio su questi luoghi è stato richiesto a lungo dai nazionalisti hindu, perché qui sarebbe nato settemila anni fa il dio Rama, settima incarnazione di Vishnu.
Costato 240 milioni di dollari, il tempio di Rama è adesso il simbolo della nuova India del premier Modi, l’apogeo della politica Hindu first.

Non solo adesso ad Ayodhya un tempio Hindu sorge sulle rovine della moschea abbattuta nel 1992, ma Modi ha regalato al paese una nuova città santa. Qui tutto è in costruzione per attirare milioni di pellegrini e tutti sembrano essere grati a Modi, e convinti seguaci della sua ideologia.

Foto di Jacopo Arbarello

La paura dei musulmani di Ayodhya

Se vicino al tempio si respira il lato positivo del nazionalismo hindu, con una allegra atmosfera di festa che sembra pervadere tutti i fedeli, basta spostarsi di pochi chilometri, andando nel quartiere musulmano, per respirare un’aria ben diversa. I musulmani di Ayodhya, ma più in generale i musulmani indiani, hanno un atteggiamento guardingo, sembrano spesso spaventati a esporsi, come l’imam della moschea, che alla nostre domande risponde lodando il governo, lo sviluppo e le tante strade costruite.

Quando però riusciamo a parlare più a lungo con qualcuno i timori dei musulmani di Ayodhya, ma in genere di tutta l’india, emergono senza troppe remore. Un commerciante ad esempio si dice molto preoccupato per quello che può loro succedere nel prossimo futuro: “C’è discriminazione qui con i musulmani. Abbiamo paura di essere spostati da qualche altra parte”. Ma sono tanti a dirsi spaventati a causa della politica, ad avere paura di parlare apertamente.

Foto di Jacopo Arbarello

Modi li chiama “infiltrati”

Il nazionalismo hindu, dunque, fa paura ai musulmani. Del resto né il governo, che ha fatto approvare una legge che ne discrimina l’immigrazione dai paesi limitrofi, né il premier Modi fanno nulla per tranquillizzarli. Anzi il premier, in piena campagna elettorale è stato accusato di fomentare l’odio, quando ha incolpato  il partito rivale, l’Indian national congress, di voler favorire i musulmani, e li ha chiamati infiltrati: “Quando loro (l’Indian national congress) erano al potere hanno detto che i musulmani hanno la priorità sulla ricchezza della nazione. Questo significa che loro raccoglieranno la ricchezza della gente e achi la distribuiranno? A quelli che hanno più figli. Agli infiltrati! Pensate che i vostri soldi duramente guadagnati debbano essere dati agli infiltrati?”.

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“Hindu first non significa discriminazione”

Detto questo, il punto di chi difende il Nazionalismo Hindu, soprattutto nei popolosi stati dell’India del Nord, perché a sud ed ad est del paese l’Hindutva ha meno successo, è che Hindu First non necessariamente comporta discriminazione e divisione, almeno in teoria.  Sudanshu Trivedi, parlamentare e portavoce del Bjp, il partito di Modi, spiega che “la civiltà hindu permette a tutti di crescere e vivere insieme in una pacifica coesistenza”.  E poi racconta, a difesa del nazionalismo hindu, che “l’India è l’unico paese dove sono presenti tutte le sette dell’Islam, che si dice siano 72, al contrario dei 56 paesi musulmani”. E anche per Yamini Aiyer “l’India è da sempre una società multireligiosa, una società eterogenea, ha molte lingue, molte etnie, molte gruppi religioni che vivono insieme secondo i principi del pluralismo e della tolleranza”.

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Love jihad e bulldozer justice

Troppo spesso però, questi presupposti pacifici restano solo teorici, mentre all’atto pratico, soprattutto i musulmani, ma in genere tutti quelli che non sono hindu, vengono perseguitati, discriminati in tante diverse forme, dal non affitar loro una casa al non dar loro un lavoro, dal boicottare i loro negozi all’abbattere con le ruspe le loro case, per finire con le accuse più infami e false, tipo quella di voler convertire con la forza le donne hindu. Swati Chatrurvedi spiega nel dettaglio cosa siano la Love Jihad e la Bulldozer justice, due delle pratiche più allucinanti che i musulmani sono costretti a subire: “Tutto quello che riguarda i musulmani è criminalizzato, i loro discorsi, il cibo che mangiano, certe volte non gli è permesso di vivere nei quartieri dove vivono gli hindu, e spesso non riescono a trovare lavoro perché sono musulmani. E poi ci sono le leggi contro quello che chiamano Love Jihad. Se qualcuno coglie sul fatto una ragazza hindu e un ragazzo musulmano cercheranno di separarli, linceranno il ragazzo, potrebbero addirittura ucciderlo. Non li faranno stare insieme anche se siamo in democrazia e niente lo vieterebbe. 

E poi c’è la Bulldozer justice.  E’ un termine che significa che se c’è una disputa tra un gruppo di musulmani e uno di hindu, il governo manda i bulldozer, senza andare a processo, senza andare in tribunale, senza guardare le carte, vanno e abbattono con i bulldozer la casa del musulmano”.

Foto di Jacopo Arbarello

Un Paese a guida Hindu

A seconda di come lo si declini e dal punto di vista di chi parla, il nazionalismo di Modi può essere dunque un serio pericolo per le minoranze e la democrazia o un legittimo principio fondativo di un paese diverso da quello costruito subito dopo l’indipendenza dalla Gran Bretagna.

Di certo i teorici dell’Hindutva, Modi in testa, pensano ad un’India diversa da quella puramente laica immaginata da Ghandi e dai padri fondatori. Una grande nazione, che sarà sempre comunque plurale, ma che abbia un connotato religioso più profondo. E uno spazio più ristretto per i musulmani e per le altre religioni. Un paese a guida Hindu. 

Fonte : Sky Tg24