Francesco Putortì, il macellaio che sorprende i ladri in casa sua e ne uccide uno: “Mi hanno aggredito e mi sono difeso”

La sua versione è sempre stata questa: “Ho avuto paura, mi hanno aggredito, ho preso il coltello e mi sono difeso”. Francesco Putortì l’ha ribadito giovedì, all’interno del carcere di Arghillà, dove è rinchiuso da lunedì notte. Nel pomeriggio di ieri si è celebrata l’udienza di convalida del fermo disposto nei suoi confronti dalla Procura di Reggio Calabria per l’omicidio e il tentato omicidio dei due ladri sorpresi lunedì mattina all’interno di casa sua a Rosario Valanidi, quartiere nella periferia sud della città calabrese. L’accoltellamento sarebbe avvenuto durante una colluttazione.

Alfio Stancampiano ha perso la vita: aveva 30 anni

A perdere la vita era stato Alfio Stancampiano: 30 anni, catanese, insieme al ferito, G.B. di 46 anni, anche lui catanese, ricoverato all’ospedale di Messina. Insieme ad almeno un’altra persona stavano tentando un furto nell’abitazione di Putortì in contrada Oliveto.

Non c’è nessuno in quella casa alla periferia sud di Reggio, quando i tre uomini arrivati da Catania entrano in azione. Il figlio a scuola, la moglie fuori, I malviventi hanno già depredato la cassaforte quando il proprietario è rientrato. Li ha scoperti e, in base alla sua ricostruzione, ci sarebbe stata una violenta colluttazione: Putorti ha impugnato un coltello e ha colpito i due ladri prima che questi riuscissero a scappare e a correre, ripresi dalle telecamere in strada, per oltre 800 metri. Ai malviventi nella fuga precipitosa sono cadute anche le pistole che avevano da poco rubato a casa del macellaio reggino: armi detenute legalmente.

Stancampiano è stato poi abbandonato dai complici poco prima di morire nei giardini dell’ospedale Morelli di Reggio Calabria. L’altro ferito è riuscito a fare la traversata dello Stretto in traghetto, ma poi è stato costretto a recarsi all’ospedale di Messina dove è ancora ricoverato in attesa di essere interrogato.

Per i legali di Putorti è eccesso di legittima difesa

L’interrogatorio di ieri dell’arrestato è durato circa un’ora e mezza. Ha risposto a tutte le domande di pm e gip. I legali del macellaio contestano l’accusa di omicidio sostenendo che semmai il reato commesso potrebbe essere un eccesso colposo di legittima difesa. Hanno chiesto al giudice la revoca della misura cautelare, o quantomeno la sostituzione dell’arresto in carcere con domiciliari, oppure con l’obbligo di dimora che permetterebbe a Putortì di andare a lavorare. L’uomo non ha un’attività commerciale sua, è dipendente di un supermercato nel reparto macelleria.

Il giudice per le indagini preliminari ha tempo fino a domani per decidere se convalidare l’arresto ed emettere o meno un’ordinanza di custodia cautelare.

L’ipotesi dell’avvocato

ReggioToday riporta le parole del legale di Putortì, l’avvocato Maurizio Condipodero: “Il gip ha interrogato e noi come difesa abbiamo smontato tutte le tesi accusatorie. Aspettiamo adesso le decisioni del gip, che dovrebbero essere nell’immediatezza, ma le carte dell’indagine sono molte e quindi il magistrato dovrà acquisire tutte le informazioni prima di pronunciarsi”, spiega.

“Noi siamo fiduciosi – aggiunge il legale – e speriamo che il reato venga derubricato anche perché, non solo dalle dichiarazioni rese da Putortì, ma anche dalle indagini fatte delle forze dell’ordine è emerso che in casa dell’indagato, a Rosario Valanidi, nella periferia sud di Reggio Calabria, non c’è traccia di sangue del ladro, così come non c’è lungo la strada, per ben 800 metri. Eppure i ladri hanno corso lungo la strada e ci sono testimoni oculari che li hanno visti, ma non c’è traccia di sangue”. Come è possibile, si domanda l’avvocato che aggiunge: “Anche se fosse stato ferito in casa Alfio Stancampiano, sarebbero state ferite lievi altrimenti come avrebbe fatto a corrrere e soprattutto senza lasciare tracce”.

“Inoltre, – aggiunge Condipodero – la refurtiva, alcuni monili e i soldi (1500 euro) non sono stati trovati nella macchina. Questo può far ipotizzare che la banda, al momento della spartizione del bottino, abbia potuto litigare con conseguenze gravi”.  Francesco Putortì, 48 anni, è provato e sta soffrendo per l’essere rinchiuso in carcere. “Non è facile per una persona incensurata, – spiega l’avvocato – stare in carcere. Francesco è un padre di famiglia, che vive del suo lavoro da impiegato in un supermercato nel reparto di macelleria, e ha fatto sacrifici per comprarsi la villetta a Rosario Valanidi, in un posto tranquillo e isolato. Sta pagando un mutuo per quella casa e i soldi che hanno rubato in casa, erano quelli ricevuti dal figlio per il suo diciottesimo compleanno, da poco festeggiato”.

I punti da chiarire

Un tentato furto che si sarebbe trasformato in tragedia, quindi. Legittima difesa, oppure il macellaio 48enne, che lavora in un supermercato della zona, ha cercato di farsi giustizia da solo? I rilievi della Scientifica potrebbero dare elementi utili in più agli inquirenti. Giovedì i carabinieri del Ris sono andati nell’abitazione a Oliveto per cercare di ricostruire la dinamica dello scontro tra Putortì e i ladri.

Le indagini proseguono. Resta anche da chiarire per quale motivo la banda, tutti originari non del posto ma di Catania, abbiano scelto proprio Rosario Valanidi – una isolata frazione pre-aspromontana lontana dal centro cittadino di Reggio Calabria – per tentare il colpo.

Fonte : Today