I controlli fiscali effettuati per mezzo del così detto “anonimometro” sono partiti a luglio del 2023, dopo le osservazioni del Garante per la protezione dei dati personali, e le prime segnalazioni alle strutture operative dell’Agenzia delle entrate sono arrivate lo scorso settembre. A dirlo, come fa notare ItaliaOggi, è stato il sottosegretario all’Economia Federico Freni rispondendo a un’interrogazione posta in commissione Finanze alla Camera dal deputato di Avs Francesco Emilio Borrelli sull’operatività dello strumento anti-evasione che in realtà ha avuto il via libera definitivo a luglio del 2022.
In molti casi, ha spiegato Freni rispondendo all’interrogazione, i contribuenti hanno regolarizzato la propria posizione “facendo ricorso all’istituto del ravvedimento operoso”. Le verifiche sono tuttora “in fase di approfondimento”, ha aggiunto il sottosegretario, e gli uffici delle Entrate stanno “procedendo alla notifica di avvisi di accertamento per le fattispecie di significativa gravità”.
Cos’è l’anonimometro
L’anonimometro dunque è in piena operatività. Già da qualche mese. Con questo strumento, che si avvale di un sofisticato algoritmo, l’Agenzia delle Entrate riesce a setacciare con maggiore efficacia l’archivio dei rapporti finanziari, ovvero la banca dati dell’anagrafe tributaria che contiene le informazioni sui conti correnti, nonché altre banche dati a disposizione del Fisco, individuando i profili che presentano un “elevato rischio di evasione, di frode ed elusione fiscale”.
Si tratta dunque di un sistema che grazie all’analisi automatizzata di un gran numero di dati permette di esaminare le informazioni fiscali, patrimoniali e finanziarie dei contribuenti. E sotto la lente dell’Agenzia delle Entrate finiscono anche i rapporti tra alcuni soggetti finanziari (banche, Poste, fondi di investimento etc) e i loro clienti. L’algoritmo permette di scremare una quantità enorme di dati arrivando a definire quali sono i profili più a rischio.
Come si legge in un documento delle Entrate, in una prima fase i nomi dei contribuenti vengono “pseudonimizzati” ovvero sostituiti con codici fittizi (da qui l’appellativo di “anonimometro”) in modo che “non sia mai consentita la possibilità di associare i dati finanziari ad uno specifico individuo, prima che sia stata verificata la presenza di un rischio fiscale. Il processo, viene poi spiegato, non è completamente automatizzato ma “viene sempre garantito l’intervento umano”.
Dall’agenzia assicurano inoltre che i controlli veri e propri non scattano dopo la prima scrematura: la lista di contribuenti, si legge, “sarà oggetto di un’ulteriore attività di analisi del rischio condotta dagli appositi Uffici delle Direzioni Regionali, che potranno integrare le informazioni ricevute con quelle già in loro possesso e riesaminarle in base alla profonda conoscenza del territorio di riferimento”.
Come funziona in concreto l’anonimometro: gli esempi
Nel già citato documento dell’Agenzia delle Entrate vengono fatti anche degli esempi. Partendo dai dati dell’anagrafe tributaria l’algoritmo può individuare una platea di contribuenti che “presentano elevati incrementi patrimoniali in un determinato periodo d’imposta”. Queste informazioni vengono quindi incrociate con i dati delle dichiarazioni dei redditi e con altre informazioni in possesso del Fisco. Se non c’è nulla che possa giustificare le entrate anomale scattano gli accertamenti.
E ancora. Il Fisco può mettere nel mirino i titolari di partite Iva che operano in un determinato settore. L’algoritmo stila quindi una lista di contribuenti che dichiarano compensi inverosimili per la categoria di appartenenza. A questo punto si fanno ulteriori controlli sui conti correnti per capire se le spese e il tenore di vita sono giustificabili con le entrate dichiarate. In caso contrario il Fisco busserà alle porte del contribuente per chiedere spiegazioni.
Fonte : Today