Elezioni europee, i programmi su energia e clima: nucleare a destra, rinnovabili a sinistra

L’energia è uno dei temi cardine delle elezioni europee 2024. L’aggressione della Russia all’Ucraina ha innescato una serie di aumenti il cui riverbero si è avvertito chiaramente nei bilanci delle famiglie e degli Stati, costringendo la politica ad affrontare la questione della transizione energetica alle rinnovabili, per definizioni illimitate, in Italia e in Europa. Una svolta inaugurata ancor prima, nel dicembre 2019 con il Green Deal, tra i primi atti della Commissione guidata da Ursula Von der Leyen.

La crisi energetica dovuta al conflitto innescato da Mosca ha spinto Bruxelles, inoltre, a mettere in campo nel 2022 il piano RePower Eu per ridurre la dipendenza da Monza, aumentare la diversificazione degli approvvigionamenti e velocizzare il passaggio alle rinnovabili. Ma l’economia potrebbe essere il tallone d’Achille delle politiche energetiche europee, oggi tra le più verdi del Pianeta: la volontà di lasciarsi alle spalle il passato troppo rapidamente si scontra con l’impatto della transizione sulle classi meno abbienti.

Le conseguenze si riflettono nei programmi delle elezioni europee, con i partiti di centrodestra che chiedono di rivedere, se non proprio cancellare, il Green Deal. Va notato che, al di là degli slogan urlati e, ancor più, di quelli populisti di alcune forze politiche, in questo caso la dialettica tra gli schieramenti è stata efficace nel portare nei documenti le istanze delle famiglie. Tanti domandano di porre l’accento su una transizione giusta, rispettosa delle possibilità economiche e il cui peso sia distribuito in maniera proporzionale alle capacità di spesa. Perché il rischio di portare avanti politiche climatiche troppo avanzate senza aspettare la popolazione è un ritorno a un negazionismo che andrebbe inteso come risposta di pancia più che come scelta consapevole. Vediamo come i partiti italiani stanno affrontando la partita.

I leader dei partiti italiani candidati alle europee. Da sinistra: Antonio Tajani (Forza Italia), Matteo Renzi (Stati Uniti d'Europa), Elly Schlein (Partito democratico), Giorgia Meloni (Fratelli d'Italia), Matteo Salvini (Lega), Giuseppe Conte (Movimento 5 Stelle), Carlo Calenda (Azione)
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Azione

Pensiamo che vada riformato tutto l’impianto del ‘Green Deal” del 2019, scrive il partito di Calenda. Molti obiettivi contenuti nel documento “non sono materialmente raggiungibili”, aggiunge. La proposta è di rinviare – “almeno fino al 2035” – gli obiettivi previsti per il 2030 e rifiutare ogni ulteriore aumento degli obiettivi di decarbonizzazione.Considerando che le emissioni dell’Unione rappresentano il 7% di quelle globali, posticipare di 5 anni i target non avrebbe un impatto significativo a livello di riscaldamento ma consentirebbe di portare avanti la transizione in modo economicamente più sostenibile tutelando le fasce più deboli”. Per ciò che riguarda la produzione elettrica, conclude il partito, “va garantito pari sostegno normativo e finanziario a tutte le tecnologie a bassa emissione, incluso il nucleare della migliore tecnologia oggi disponibile”. Secondo Calenda, ogni Paese deve poter scegliere il mix energetico che risponde meglio alle proprie esigenze.

Infine, “ripensare la strategia sui materiali rari e le filiere green, investendo in ricerca e sviluppo di tecnologie green che utilizzino materiali più disponibili e potenziare l’estrazione di quelli rari. I Paesi dell’Unione riusciranno a essere indipendenti solo una volta scoperti materiali non rari e largamente disponibili per l’estrazione sul suolo europeo, ma con proprietà affini a quelli rari”.

Forza Italia

Il partito di Antonio Tajani – che porta ancora il nome di Berlusconi nel simbolo – parla di “più energia per i cittadini europei” integrando il mercato elettrico e del gas, mossa che, sostengono gli azzurri, garantirebbe prezzi più bassi. Sì “al nucleare di nuova generazione per promuovere l’autonomia energetica. Si parla anche di promuovere la ricerca sulla fusione nucleare e l’idrogeno (fondamentale per decarbonizzare i settori cosiddetti “hard to abate”, come l’acciaio, il cemento e le grandi produzioni industriali).

Fonte : Wired