Vanessa Collini: “I miei 28 anni accanto a Maria De Filippi”

Quasi trent’anni gomito a gomito con la regina della tv. Vanessa Collini è un’enciclopedia vivente di Maria De Filippi, di cui ha seguito ogni passo – in Mediaset, ma anche nella sua casa di Ansedonia dove hanno trascorso tante estati insieme – fin dal 1993, l’anno in cui arrivò ad Amici per incontrare Malcom Pagani – allora sconosciuto ventenne che faceva parte del cast – per poi ritrovarsi a far parte della sua “famiglia” lavorativa, fino a dare le dimissioni dalla Fascino – casa di produzione che sforna tutti i programmi di Maria – nel 2020. Un capitolo lavorativo importante, ma soprattutto un pezzo di vita che l’autrice oggi racconta nel libro “Figli di Maria”. 

Per pubblicarlo ha bussato alla porta di diverse case editrici interessate e tutte le hanno chiesto una lettera di accompagno di Maria De Filippi. Una sorta di lasciapassare che fa riflettere sul peso di quel nome, peso di cui Vanessa Collini ci ha detto di non essere a conoscenza fino a un anno fa, quando ha deciso di scrivere il libro – alla fine autopubblicato su una piattaforma – e ricevuto la “singolare richiesta”. Se avesse avuto quella lettera “sarebbe rimasta nel cassetto”, ci ha assicurato.

Partiamo dall’inizio. Nel ’93 entra a far parte del cast di Amici, quando non era ancora un talent ma un talk fatto da ragazzi. Com’è arrivata poi a lavorare con Maria De Filippi?
“Ero andata principalmente per conoscere un ragazzo, Malcom Pagani – che poi è diventato un bravissimo giornalista – ma tutto ho fatto tranne che conoscerlo. Ho iniziato a parlare fin dalla prima puntata e sono rimasta per tanti anni. Nel frattempo io e Maria ci conosciamo, Amici diventa un talk che funziona, viene mandato in onda anche nel prime time e l’impegno non è più solo di una volta a settimana ma due. In quel periodo mi laureo e continuo a far parte di quel gruppo di ragazzini che alla fine erano cresciuti. Lei (Maria De Filippi, ndr) doveva iniziare un programma nuovo, C’è posta per te, e mi chiede se volevo partecipare come assistente di una sua autrice. Lo faccio per tre mesi, la prima edizione aveva 6 o 8 puntate. Finito quello, era primavera, andava ancora in onda Uomini e Donne, che non era come il format attuale ma un talk in cui si parlava delle problematiche tra moglie e marito. A quel punto mi sposto e vado a lavorare lì con Alberto Silvestri. Non mi sono più fermata, 3 mesi sono diventati 28 anni”. 

 E per 28 anni è stata tra i fedelissimi di Maria De Filippi. Com’è lavorare con lei?
“È una persona molto attenta. Le piace quello che fa e lo segue in maniera scrupolosa, quindi ti trovi con un capo che non sta lì a guardare l’orologio. Avere come punto di riferimento una persona che ha scelto un lavoro che le piace è importante”. 

Nel libro parla di sacrifici e dedizione assoluta, tanto che il giorno prima del suo matrimonio ha lavorato fino alle 18 e la mattina dopo era di nuovo in ufficio. Più che impegno sembra abnegazione…
“No, quello è se vogliamo trovare qualcosa per fare dei titoli shock. Non è abnegazione. Fai un lavoro che ti piace e partecipi. Quando mi sono sposata c’era la registrazione di Uomini e Donne il giorno dopo e dal momento che seguivo il magazine con una certa responsabilità sono andata al lavoro. Abnegazione è voler trovare una formula per un titolo importante”.

No. Era un’osservazione, ma lei mi sta spiegando che era una sua libera scelta. 
“Era un modo di lavorare che condividevo. Non c’era nessuno che mi metteva a catena, tantomeno non avevo niente da fare dopo il matrimonio che sono andata in ufficio. Era un equilibrio tra una responsabilità che ti senti e la possibilità di scegliere se prendere un giorno di ferie o non prenderlo. C’è una via di mezzo. All’epoca curavo il magazine di Uomini e Donne e mi è sembrato opportuno andare il giorno dopo in puntata perché non mi ero organizzata con le giornaliste per farmi sostituire”. 

Sempre nel libro racconta di vacanze trascorse insieme, tempo libero condiviso con tutta la squadra. Anche questo in qualche modo faceva parte del contratto? Non è un modo un po’ tossico di vivere il lavoro?
“Non con tutta la squadra, ma una parte. Non era ovviamente nel contratto e se lo avessi reputato tossico non ci sarei andata in vacanza. Il contratto mi vincolava a determinate ore come chiunque, ero una dipendente della Fascino. Nel tempo libero sceglievo io cosa fare e siccome per tanti anni mi sono trovata bene a fare vacanze con un gruppo di persone, le ho fatte. Nel momento in cui ho sentito la necessità di andare in Israele, dopo la mia conversione all’ebraismo, non sono più andata ad Ansedonia e diverse estati le ho fatte lì. Quando avevo curiosità di fare altro l’ho fatto, quindi non era tossico nella misura in cui ho fatto un capodanno a Parigi con mio fratello, uno a Berlino e uno a casa di Maria. Ho sempre scelto liberamente in base a quello che mi piaceva fare”.

“Figli di Maria”. Ha scelto un titolo dal richiamo mariano. C’è questo atteggiamento adorante, oserei dire quasi di culto, nei suoi confronti?
“Assolutamente no. Maria ama confrontarsi e sentire cosa pensi, ascoltare. Nel libro racconto diversi momenti di confronto che abbiamo avuto, non c’è nessun tipo di culto nei suoi confronti. Volevo chiamarlo ‘Grazie Maria’, grazie per avermi dato tanti anni fa la possibilità di fare un lavoro che mi ha fatto crescere, ma sembrava troppo. Allora ho pensato a ‘Maria Family’, ma anche quello non era ideale. Alla fine ho scelto ‘Figli di Maria’, dove figli sta per tutti i personaggi ma anche i programmi. C’è un duplice significato”.

Visto i risultati dei suoi programmi non siamo così distanti dalla natura divina. Cosa si nasconde dietro il fenomeno De Filippi?
“Un lavoro attento. Ho lavorato con altre conduttrici per programmi Fascino e per un motivo o per un altro i format si sono fermati alla prima edizione, massimo alla seconda. La differenza è che Maria, piacendole così tanto quello che fa, lo segue. Questa è la formula vincente per tutte le persone e le attività di successo. Che tu faccia tv o che tu sia la creatrice di una linea di abbigliamento, se la curi e ci sei le cose vanno in un certo modo, se la idei e te ne stai a casa, in vacanza o a fare altro, non sempre le cose vanno come dovrebbero andare. L’occhio del padrone ingrassa il cavallo, si dice. Quando alla conduzione non c’è stata lei le cose si sono fermate, quando non c’è chi ascolta come lei si vede”. 

L’ascolto è uno degli ingredienti del suo successo?
“Direi che è quello fondamentale poi ci sono tutta un’altra serie di ingredienti. Per esempio c’è l’onestà”.

Ha raccontato che diverse case editrici le hanno chiesto una lettera di accompagno di Maria De Filippi prima di decidere se pubblicare il suo libro. È così potente?
“Lo chiederei a loro, dovrebbe intervistare loro. Io sono rimasta abbastanza basita. Se ti mando tre capitoli e mi dici che sono scritti male, allora posso capirlo. Se i capitoli li trovi stuzzicanti, te ne fai mandare uno in più e ti piace, lo trovi divertente, ma hai bisogno che ci sia una specie di lasciapassare… L’anno scorso ho scoperto una cosa in più, forse stando sempre con lei non mi ero resa conto che la gente aveva bisogno del suo benestare. Io sono andata a mano libera e sciolta. Mi è sembrata una richiesta alquanto singolare, anche se avessi avuto la sua lettera sarebbe rimasta nel cassetto”.

Nella rubrica del telefono l’ha memorizzata con il nome di “Belva”. Non promette bene ricevere una chiamata…
“Mai avrei pensato che dire ‘belva’ potesse incuriosire così tanto la stampa. Se uno leggesse il libro, scoprirebbe che lei arriva a condurre un programma con un piede fasciato (Striscia la Notizia, ndr). Poteva essere quello un dettaglio più curioso.  Poteva essere quello un dettaglio più curioso. E invece tutti fermi su ‘la belva’”.

Confermo che “Belva” sul telefono incuriosisce.
“Io sono laureata in cinema, in quel nome c’è un richiamo a un grandissimo attore, Paolo Villaggio. La ‘belva’ mi divertiva per quello, per tutta la saga fantozziana, mi faceva sorridere. E poi non mi sembrava la cosa migliore scrivere il suo nome e cognome, il mio telefono era spesso in mano agli ospiti. Ma è lo stesso per tante altre persone famose che ho in rubrica, se dovessero leggerla si troverebbero davanti cose curiose e divertenti”.

Si è fatta sentire dopo il libro?
“È stata informata che il libro uscisse. È uscito ad aprile, il contatto c’è stato a luglio dell’anno scorso. Quindi quasi un anno prima”. 

Conoscendola, c’è qualcosa che ha scritto che può averla infastidita? Le rivelazioni sul suo lato più privato, ad esempio…
“Assolutamente no. Quanti posati si vedono a luglio sui settimanali, quanti quotidiani le dedicano la copertina per l’estate o per il Natale? Se si collezionano viene fuori una quantità di informazioni industriale. Io ho raccontato il minimo, lei nelle interviste racconta molto di più, i fotografi con le loro paparazzate o posati raccontato tanto di più. Non sono un’abile venditrice, ma direi che in alcuni capitoli tutto è più annacquato di quello che un fan ha letto o visto. Ovviamente la mia è una scelta”.

Quanto c’era, e quanto ancora c’è, di Maurizio Costanzo nel lavoro di Maria De Filippi?
“Fin dall’inizio sono stata abituata a vedere Maria che a ogni nero si confrontava con Maurizio. Nella prima edizione di Amici lui era proprio in studio, sempre. Ricordo lui e Alberto Silvestri, due mostri della tv. Seguiva tutte le cose di Maria, la consigliava, lei lo chiamava durante le pause quando la seguiva nelle dirette da casa. Sono stata a cene e pranzi in cui commentava i vari programmi, guardava tutto”.

Ha mai vissuto l’ingratitudine in questo mondo?
“C’è stato qualcuno che ha provato a comportarsi in maniera scorretta. Uomini e Donne ha dei regolamenti ed è successo più di una volta che qualcuno non li ha rispettati”. 

Parlo proprio di ingratitudine. C’è qualcuno che non le è stato riconoscente in questi anni?
“No. Se mi chiedi chi mi è più o meno simpatico posso dirlo, ma irriconoscente no”. 

Provo a essere più diretta. Da Uomini e Donne a Temptation Island sono tantissimi i personaggi che ha aiutato ad arrivare al successo. C’è qualcuno che le ha voltato le spalle quando se n’è andata?
“Ma no, semplicemente con quelli che non si sono comportati bene non ho mai avuto rapporti dopo che sono scappati. Con tutti gli altri sono rimasta in contatto. Con Tina prendo piacevolmente uno o due caffè all’anno, Claudia Montanarini, Costantino Vitagliano non è stato bene e ci siamo scritti, Anna Munafò, Giuseppe Lago, Alessia Cammarota e Aldo Palmieri, Lucia Pavan, Daniele Interrante, Ida Platano, Gemma, Paola Frizziero, Cristian D’Onofrio, Marco Fantini e Beatrice Valli, Ludovica Valli – che ogni tanto allargano la famiglia  e ci sentiamo – Elga, Eugenio, Marcelo Fuentes, Andrea Cerioli ,Natalia Angelini, Claudia Piumetto, ma anche Filippo Bisciglie e tanti altri che ora se dovessi elencarli tutti sarebbe lunga. Il mio numero per farla breve è sempre lo stesso dal ’99 e quindi capita che mi senta ora per un motivo ora per un altro”.

Nel 2020 la decisione di lasciare. A cuor leggero?
“A cuor leggero sicuramente no. Ci ho pensato, ho ponderato, mi sono guardata intorno. Ho capito che probabilmente, dopo tanti anni, anche i giovani potevano prendere il timone e mi sono resa conto che se fossi andata via non sarebbe successo nulla, neanche al magazine che tuttora funziona e va. Volevo dedicarmi a qualcosa che avevo fatto un po’ meno negli ultimi anni e alla fine mi sono decisa a fare un salto”.

Una doccia fredda per Maria De Filippi?
“Non ha fatto i salti di gioia, come ho già detto. Si lavorava con fiducia e affetto da tanti anni, però ha rispettato e capito che a 46 anni volevo fare anche altro”. 

Nessun rancore quindi. Lo conferma?
“Se vogliamo fare un’intervista con rancore e veleni siamo fuori strada perché non c’è. Non ci sono rancori, non ci sono strascichi, non c’è nulla di tutto ciò nella mia storia con Maria De Filippi. Che poi una non faccia i salti di gioia può essere normale, no? C’era fiducia, sicurezza, serenità quando stavo su una produzione. Tanto per farle capire, mio fratello lavora in Fascino dal 2001, ventitré anni, ed è ancora lì come autore, redattore tra le produzioni. Questo per dire che non posso non tener nel cuore un’azienda e una persona come lei.”

Lei cita più volte Sabina Gregoretti, produttrice e capo progetto di Fascino. Una figura che però nei programmi di Maria De Filippi non compare nemmeno nei titoli di presentazione. Non pensa di averla messa in difficoltà, esponendola così, visto la sua proverbiale riservatezza?
“Innanzitutto è stata già citata da altre persone. Ci sono interviste in cui viene detto che una delle persone più vicine a Maria De Filippi è Sabina Gregoretti. Chi fa il nostro lavoro la conosce molto bene. Ho soltanto detto che è un grandissimo produttore e se c’è gente che sa lavorare è grazie anche a Sabina, alla formazione e a tutto quello che fa. L’ho citata spendendo solo parole positive. Tutti sanno chi è, tutti la citano. È un personaggio pubblico anche lei, poi che sia timida e si imbarazzi è un’altra cosa. Non si possono raccontare 28 anni di storia senza poter dire grazie a una come lei”.  

Il finale del libro lascia intuire che ci sarà un sequel…
“Se i lettori lo vorrano ci sarà”.

C’è ancora tanto altro da raccontare?”
“Beh direi di sì, è impensabile raccontare tutti quegli anni in 300 pagine. Il libro si conclude con me che vado via, potrebbe esserci altro da dire già dal giorno dopo o tante altre storie che ho tralasciato per il momento”.

Fonte : Today