Teheran arma il boia e traina il record di esecuzioni globali nel 2023

Secondo il rapporto annuale di Amnesty International con 1153 condanne a morte si registra il dato più elevato degli ultimi otto anni e un aumento superiore al 30% rispetto al 2022. Di contro, calano le nazioni (16) in cui si contano persone giustiziate. Il triste primato va alla Repubblica islamica con 853 impiccagioni. Ma mancano i dati (segreti, ma a migliaia) di Cina, Corea del Nord e Vietnam. 

Teheran (AsiaNews) – L’Iran degli ayatollah traina l’aumento record delle esecuzioni globali del 2023, in cui si è registrato il dato più elevato degli ultimi otto anni per l’ampio ricorso al boia fatto dalla Repubblica islamica e da diverse altre nazioni dell’area mediorientale. A lanciare l’allarme sono gli attivisti di Amnesty International nel loro ultimo rapporto annuale pubblicato in questi giorni, secondo cui un totale di 1.153 persone sono state giustiziate in 16 Paesi al mondo (questi almeno i dati ufficiali), con una crescita record superiore del 30% rispetto al 2022. 

Teheran da sola ha eseguito il 74% delle esecuzioni, intensificando il ricorso alla pena capitale per reati di droga, mentre l’Arabia Saudita – in passato fra i grandi fautori delle condanne a morte – ne ha eseguite il 15%. Va qui ricordato che dal conteggio è esclusa la Cina, che pur facendo ampio ricorso al boia mantiene segreti i numeri e non è quindi inserita nelle liste; tuttavia, diverse fonti concordano nel sostenere che sono migliaia ogni anno e non si registrano inversioni di rotta. 

“A causa del segreto di Stato [opposto da Pechino], i dati di Amnesty – sottolinea il movimento attivista – non includono le migliaia di persone che si ritiene siano state giustiziate in Cina, che rimane il principale boia al mondo”. “Allo stesso modo, Amnesty – prosegue la nota – non è stata in grado di fornire cifre esatte per la Corea del Nord e il Vietnam, nazioni che si ritiene facciano ampio ricorso alle esecuzioni”.

Il dato relativo alle esecuzioni è il più elevato registrato dall’ong internazionale dal 2015, quando il numero di persone giustiziate ha toccato quota 1634. Secondo quanto emerge dal rapporto, lo scorso anno scorso la Repubblica islamica ha messo a morte almeno 853 persone – in aumento rispetto alle 576 del 2022 e alle 314 del 2021. Più della metà delle esecuzioni del 2023 sono avvenute per reati legati alla droga, ma non sono mancate le condanne comminate per la partecipazione a proteste di piazza, in particolare quelle legate all’uccisione di Mahsa Amini, o per “corruzione sulla terra”. Un reato generico e sfruttato per mandare al patibolo [in Iran è praticata l’impiccagione] oppositori, voci critiche o quanti si battono per la libertà o denunciano le storture del regime degli ayatollah. 

Nonostante la crescita di esecuzioni in tutto il mondo, il numero di Paesi che hanno messo a morte le persone è stato “il più basso” fino ad oggi, osserva l’ong attivista. Non sono state registrate esecuzioni in Bielorussia, Giappone, Myanmar e Sud Sudan, tutti Paesi che hanno eseguito condanne a morte nel 2022. “L’enorme picco di esecuzioni registrate è dovuto principalmente all’Iran”, ha confermato il segretario generale di Amnesty International Agnès Callamard.

“Le autorità iraniane hanno mostrato un totale disprezzo per la vita umana e hanno aumentato le esecuzioni – prosegue l’esperta – per reati legati alla droga, evidenziando ulteriormente l’impatto discriminatorio della pena di morte sulle comunità più emarginate e impoverite” del Paese. Di segno opposto la direzione intrapresa dal Pakistan che lo scorso anno ha abrogato la pena di morte per reati di droga, mentre è stato abolito l’obbligo di ricorso al boia in Malaysia per uso di stupefacenti o narcotraffico. 

Altrove in Asia, le autorità dello Sri Lanka hanno confermato che il presidente non intende firmare mandati di esecuzione, dissipando i timori che il Paese possa riprendere a mettere a morte le persone. Infine, il rapporto annuale ha messo in evidenza i dati emersi negli Stati Uniti, la sola nazione occidentale in cui – almeno in parte – la pena capitale resta tuttora in vigore. Lo scorso anno le esecuzioni sono salite a 24 rispetto alle 18 del 2022. In Idaho e Tennessee sono state presentate proposte di legge per l’esecuzione mediante plotone, mentre lo Stato del Montana ha preso in considerazione una misura per ampliare la gamma di sostanze utilizzate nelle iniezioni letali.

Fonte : Asia