La vita che volevi: una fiction Rai finita per sbaglio su Netflix

È arrivata su Netflix una nuova serie italiana. Si intitola La vita che volevi ed è un dramma ideato e scritto dallo sceneggiatore e autore tv Ivan Cotroneo, con protagonista Vittoria Schisano, l’attrice con alle spalle un percorso di transizione sessuale proprio come il personaggio che interpreta nella serie. 

Disponibile dal 29 maggio solo su Netflix, questa nuova serie prodotta da Banijay Studios Italy, vede Schisano nel ruolo della protagonista Gloria, una ex cantante che si ritrova, dopo anni, a dover fare i conti con il passato e con un’amica che torna prepotentemente nella sua vita mettendola nei guai. 

Questa serie, di sei episodi, è ambientata tra Lecce, il Salento e Napoli e punta a far riflettere il pubblico sul concetto di felicità che spesso non corrisponde all’idea che ci facciamo nella nostra mente di questo concetto. Ma se le premesse per essere un successo sembrano buone, basta iniziare a guardare la serie per rendersi conto che c’è un grosso problema di fondo. 

La vita che vorrei: come una serie non dovrebbe essere fatta

Il grande difetto de La vita che volevi è che è una serie finita sul mezzo di distribuzione sbagliato. Più che un titolo Netflix, questa serie sarebbe dovuta andare in onda sulla Rai in quanto è letteralmente una classica fiction che avrebbe funzionato molto meglio per il pubblico di Rai1 che per quello di una piattaforma da cui ci si aspetta un livello recitativo e di regia molto più alto. 

La vita che volevi è una serie che non coinvolge, non emoziona, non crea nessun legame con il pubblico pur portando sullo schermo temi attualissimi e interessanti come la transizione di genere, il rapporto con i pregiudizi e la riflessione sulla felicità. Ma l’intenzione di arrivare al cuore dello spettatore toccando certe corde un po’ “di moda” non riesce affatto. Manca la qualità della regia, della recitazione e una narrazione più complessa di quella che ci troviamo davanti agli occhi. La trama de La vita che vorrei è debole, anzi debolissima, la recitazione altrettanto e non c’è alcun tipo di approfondimento, ricerca stilistica, profondità di messaggio che possa distinguere questa serie da una semplice soap opera qualunque. 

È un vero peccato la produzione seriale italiana, che a volte sembra aver fatto enormi passi in avanti – basti pensare all’eccezionale ultimo lavoro di Valeria Golino con la serie L’arte della gioia -, altre volte sembra farne altrettanti indietro proponendo trame trite e ritrite con il solito schema in pieno stile fiction che la tv ci propina ormai da anni. E, oltre a La vita che vorrei, altro esempio di questo fallimento comunicativo è stato il film dedicato a Gianna Nannini. 

Il pubblico seriale pretende molto di più di una fiction uguale a tante altre, soprattutto al giorno d’oggi in cui la concorrenza è tanta e si hanno davanti sempre più prodotti tra cui scegliere. E per differenziarsi l’unica cosa da fare è cercare la qualità, l’originalità e non avere paura di andare oltre le strade già sterrate e per questo più “sicure”. La fantasia ha bisogno di spaziare per dare grandi risultati e tutto questo La vita che volevi non l’ha fatto. 

Voto: 4

Fonte : Today