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Ali Agca è tornato a parlare di Emanuela Orlandi chiedendo di essere ascoltato dalla commissione bicamerale d’inchiesta. La storia della scomparsa della ragazza, così come quella di Mirella Gregori, viene spesso collegata all’ex Lupo Grigio attentatore di Giovanni Paolo II. Scopriamo perché e ripercorriamo le sue dichiarazioni in merito alla sparizione delle due ragazzine nel 1983.
Emanuela Orlandi a sinistra e un giovane Ali Agca a destra.
“Emanuela Orlandi è stata rapita per la mia liberazione, insieme a Mirella Gregori“, queste le parole di Ali Agca sulle due ragazze scomparse nel 1983 a meno di un mese di distanza l’una dall’altra. Emanuela secondo lui sarebbe ancora in vita e potrebbe essere liberata, se soltanto il Vaticano lo volesse. Nell’ultima intervista però ha ritrattato: “Un tema troppo delicato per potersi pronunciare”.
Sebbene molti non siano propensi a credere alle sue ricostruzioni, troppo confuse e talvolta contraddittorie, Pietro, il fratello di Emanuela in primis, Agca a più riprese ha parlato del caso Orlandi. L’ultima volta qualche giorno fa, quando ha chiesto di essere ascoltato dalla commissione bicamerale d’inchiesta: “Sto per morire e voglio liberarmi la coscienza, vi dirò tutto“.
La verità non la conosciamo e forse, non riusciremo a conoscerla mai. Ciò che è certo è che Ali Agca ha rappresentato una personalità di spicco per almeno per la prima metà degli anni Ottanta. Tanto nota quanto controversa.
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Chi è Ali Agca, dall’attentato al Papa alla “pista bulgara”
Nato nel 1958 in Turchia, Ali Agca negli anni Ottanta è un militante dell’organizzazione terroristica di estrema destra conosciuta come “i Lupi Grigi”. Nel 1979, appena ventunnenne, partecipa alla preparazione dell’attentato costato la vita al giornalista e attivista Abdi İpekçi. Ma ciò che lo rende noto alle cronache mondiali è l’attentato a Giovanni Paolo II, in piazza San Pietro, due anni più tardi.
È il 13 maggio 1981 quando Agca prova a colpire Giovanni Paolo II, appena entrato per l’udienza generale in piazza San Pietro. Riesce a sparare. Ferisce Wojtyla gravemente, ma non lo uccide. Poi tenta la fuga, ma si scontra con una suora e perde la pistola. A quel punto per gli agenti bloccarlo e fermarlo diventa più facile. E finisce in carcere.
Da quel momento, per i due anni successivi, Agca viene conosciuto come l’autore dell’attentato al Papa e viene condannato all’ergastolo. Nel frattempo arriva anche la condanna a morte per l’attentato al giornalista in Turchia, poi riconvertita, dopo l’amnistia, a 10 anni di reclusione.
Inizialmente, nel processo per direttissima, la difesa sostiene che Ali Agca abbia agito da solo, con la volontà di diventare un eroe del mondo musulmano. Ma nel 1982 qualcosa cambia: Agca inizia a parlare di una “pista bulgara” secondo la quale l’attentato del Papa sarebbe collegato al KDS, i servizi segreti della Bulgaria comunista, smentita dal leader di allora Todor Živkov e individua anche un complice che avrebbe agito in caso di fallimento L’anno dopo, nel 1983, le ragazza spariscono. Mirella Gregori il 7 maggio del 1983, Emanuela Orlandi il 22 giugno. E il mese successivo, nel luglio 1983, iniziano i primi collegamenti che accostano la cittadina vaticana ad Ali Agca.
Giovanni Paolo II sul caso Orlandi
È il 3 luglio quando papa Giovanni Paolo II, nel corso del suo Angelus si rivolge direttamente ai rapitori della cittadina vaticana. È la prima volta che dalla scomparsa, si fa avanti l’ipotesi del sequestro della quindicenne.
“Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela di 15 anni che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa. Condivido le ansie e l’angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità di questo caso”. La frase passerò alla storia, forse anche perché una delle poche in cui un papa fa riferimento direttamente ad Emanuela Orlandi. Quasi quaranta anni dopo papa Francesco rivelerà a Pietro Orlandi che la sorella si trova in cielo.
Il manifesto per la scomparsa di Emanuela Orlandi a sinistra e Ali Agca a destra.
La richiesta di liberazione di Ali Agca dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi
Due giorni dopo da quell’Angelus, il 5 luglio, arriva la prima chiamata alla sala stampa vaticana. A telefonare è quello che verrà denominato l’Americano, per l’accento anglosassone. Nella telefonata cita Ali Agca e chiede un intervento di papa Wojtyla per liberarlo entro il 20 luglio. Da qui spunta l’ipotesi che i rapitori di Emanuela facessero parte dei Lupi Grigi, l’organizzazione in cui militava Agca.
La richiesta di liberare Agca in cambio di Emanuela Orlandi arriva anche il 4 agosto del 1983, con un comunicato all’Ansa di Milano. Il messaggio arriva con la firma del Fronte Liberazione Turco Anticristiano “Turkesh”. Il gruppo è in grado di fornire dettagli e particolari della vita della ragazza, ma non del fatto che si trovasse con loro. Ed è qui che viene citata anche Mirella Gregori, coetanea di Emanuela scomparsa il mese prima. “Vogliamo informazioni, a queste condizioni la libereremo”. Ed è dal quel momento che i due casi vengono collegati dall’opinione pubblica, nonostante non tutti siano di questa idea, come testimoniato dal giornalista Gianni Sarrocco in commissione d’inchiesta.
È sempre del Fronte Turkesh il comunicato arrivato nell’ottobre dello stesso anno in cui c’è l’appello al presidente della Repubblica Sandro Pertini di rilasciare una dichiarazione pubblica, arrivata il 20 dello stesso mese, e liberare Ali Agca.
L’incontro con il papa e l’ultimo comunicato: “Emanuela non tornerà più”
Due giorni dopo il Natale del 1983 Giovanni Paolo II fa visita ad Agca in carcere, a Rebibbia. Il colloquio dura poco più di venti minuti. E nessuno sa cosa si sono detti. Nel frattempo continuano le telefonate dell’Americano e i comunicati di Turkesh, in totale sette fra l’agosto 1983 e il novembre del 1985, ma non le prove necessarie per assicurare la presenza di Orlandi o Gregori nelle mani dei Lupi Grigi o Turkesh.
È proprio il 25 novembre del 1985 quando arriva l’ultimo comunicato firmato Turkesh, il Komunicato XXX: “Questo è l’ultimo purtroppo. Emanuela non tornerà più, sono spietati“. La colpa, sottolineano nel comunicato, è “soprattutto del Vaticano, di papa Wojtyla, dello IOR, del giudice di Alì Agca, di Emanuela”.
Il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro.
Ali Agca incontra Pietro Orlandi
Gli anni passano, Ali Agca viene estradato e torna in Turchia. I depistaggi sul caso di Emanuela si moltiplicano, le piste aumentano. Si segue quella legata al caso Calvi e quella della pedofilia, fino al coinvolgimento di De Pedis e della Banda della Magliana. Nel 2004 Ercole Orlandi muore. E il fratello Pietro raccoglie il suo testimone, per tenere vivo il ricordo di Emanuela e cercare la verità su quanto accaduto, nonostante anno dopo anno diventi sempre più difficile.
È proprio con Pietro Orlandi che Ali Agca ha un incontro il 2 febbraio del 2010. In quell’occasione Agca ipotizza il rapimento per conto del Vaticano e fa il nome del cardinale Giovanni Battista Re, ritenendolo informato sul caso Orlandi. “È viva e tornerà a casa. Ora vive in un convento fra la Francia e la Svizzera“, dice Agca a Pietro Orlandi. Secondo la cosiddetta “pista di Londra“, che sarebbe stata confermata dalla collanina persa dalla ragazza, potrebbe invece essersi trovata in Gran Bretagna.
Cosa sostiene Ali Agca su Emanuela Orlandi
Ali Agca ha sempre sostenuto che Emanuela Orlandi sia stata rapita per un complotto interno del Vaticano. Nel corso degli anni ne ha parlato spesso in maniera confusa e contraddittoria: per questa ragione sono in molti a non credergli più.
Nel 2019 torna a rassicurare sulle condizioni della ragazza in una lettera alla stampa internazionale: “È viva e sta bene da 36 anni – scrive in una lettera aperta alla stampa internazionale – on ha mai subito nessuna violenza. Anzi è stata trattata bene sempre – e poi specifica – Non è mai sequestrata nel senso classico del termine, ma è stata vittima di un intrigo internazionale nato per motivi religiosi e politici: il governo vaticano non è responsabile, è la CIA che dovrebbe svelare i suoi documenti segreti”. Poi si schiera contro la pista che la lega alla Banda della Magliana: “Basta calunnie contro Marcinkus e Enrico de Pedis, basta collegamenti con la criminalità e la sessualità”.
Le dichiarazioni di Ali Agca nel 2022: “Se il Vaticano volesse, potrebbe tornare a casa”
L’ex lupo grigio torna parlare della quindicenne vaticana nel 2022, ospite nel programma Atlantide di La Sette. “È stata vittima di un intrigo internazionale per motivi religiosi-politici, ma sta bene ed è ancora viva – sottolinea ancora – L’hanno rapita per ottenere la mia liberazione”, dice. Una versione che riproporrà spesso, in futuro. “Se il Vaticano volesse, potrebbe tornare a casa domani“, aggiunge. In una lettere inviata al fratello Pietro, ribadisce: “Ha accettato il suo destino, è stata presa in consegna dalle suore“.
Ali Agca nel video in cui chiede di essere ascoltato dalla commissione bicamerale d’inchiesta.
E, a proposito della docu-serie pubblicata su Netflix, Vatican Girl, alla fine del 2022, tuona di nuovo: “Il movente del caso è nel mistero della Madonna di Fatima. Senza capire il Mistero non potrete capire mai, neanche dopo 140 anni, quello di Emanuela Orlandi – continua – In Vaticano esiste piccola entità visibile che ha deciso il caso Emanuela, organizzazione e manipolazione del caso Emanuela furono affidate alla Cia. La stessa Cia con la Casa Bianca e il Vaticano con i suoi servizi segreti erano in perfetta armonia nell’organizzare il crollo dell’impero sovietico assassino del cristianesimo“.
Ali Agca e la commissione bicamerale d’inchiesta
Dopo due anni di silenzio e l’istituzione commissione bicamerale d’inchiesta, Ali Agca torna a parlare. “Ascoltate anche me, se mentirò arrestatemi – chiede ai membri della commissione parlamentare sui casi di scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori – Mi resta poco da vivere, ho un tumore e presto morirò. Ma prima voglio liberarmi la coscienza e dirvi tutta la verità“. La verità di un uomo che, forse, potrebbe non combaciare con quella che si spera, prima o poi, fornirà la storia.
Fonte : Fanpage