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Alle prossime elezioni europee, i sondaggi dicono che quasi la metà della popolazione potrebbe non andare a votare. Federica Valcauda, candidata di Azione nel Nord Ovest, in un’intervista a Fanpage.it ha invitato i giovani ad occuparsi di politica, perché “la politica si occupa di loro”.
Federica Valcauda, militante classe 1994 con un passato nelle associazioni dei Radicali, oggi è candidata alle elezioni europee con Azione, nella circoscrizione del Nord Ovest. A Fanpage.it ha spiegato su quali punti intende insistere a Bruxelles – da una regolamentazione europea della cannabis, ai diritti civili, che non vanno usati come “bandierina” – e perché oggi i giovani non vanno a votare: “Una fetta di 18-25enni non ha interesse nella politica e forse non ha gli strumenti per capire quanto sia importante”. La soluzione è insistere di più nelle scuole
Quali posizioni vuole portare avanti con la sua candidatura alle europee?
Ho iniziato il mio percorso politico con la militanza radicale nell’associazione Enzo Tortora dei Radicali di Milano, sono stata segretaria per due anni di questa associazione, dove mi sono occupata perlopiù di temi di diritti civili: legalizzazione della cannabis e riduzione del danno delle sostanze stupefacenti, diritti della comunità Lgbtqi+, il diritto all’aborto, sex workers, tutela dello Stato di diritto. E questo significa anche tutelare le comunità oppresse: mi sono schierata al fianco del popolo ucraino, del popolo iraniano, e anche dei bielorussi che vivono sotto la dittatura di Lukashenko.
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Ha citato la cannabis, un tema che in Italia è dibattuto da tempo. Perché è utile portarlo al Parlamento europeo?
Perché sul tema serve una regolamentazione a livello europeo. Magari prendendo ad esempio il modello della Germania, dove è stato il ministro della Salute a voler implementare la legalizzazione. Questo è indicativo: con il proibizionismo non si fa il bene della popolazione, soprattutto dei giovani. Oggi, nel continente europeo la maggior parte degli Stati penalizza anche con il carcere i consumi più ‘sostanziosi’. Se una persona viene sorpresa con 50 grammi, che possono essere magari il fabbisogno di due mesi per una persona, viene etichettato come spacciatore. Questo non è più ammissibile.
Essendo radicale sono profondamente anti proibizionista, ritengo che dare alle persone la libertà (e quindi la responsabilità) delle proprie scelte implica anche che le persone siano più informate. Il compito di uno Stato è quello di governare i fenomeni, in questo caso togliendo anche fondi alle mafie: i consumatori di cannabis nell’Unione europea sono quasi 23 milioni, se noi non regolamentiamo questo mondo le mafie hanno il sopravvento.
Lei ha 30 anni, è tra le candidate più giovani alle prossime elezioni (considerando anche che in Italia l’età minima per candidarsi è di 25 anni). Come valuta il problema dell’astensionismo?
È un problema che vedo tutti i giorni, mentre faccio i banchetti per strada. Vedo due tipi di cittadini che vanno verso l’astensione. Ci sono le persone over 60 che sono stufe della politica per come è stata fino ad ora, delle promesse non mantenute, e quindi ti dicono “Io non andrò più a votare, non non mi fido più di nessuno, sono tutti uguali”. E poi c’è una fetta di giovani (in particolare di 18-25 anni) che non ha interesse nella politica e forse non ha gli strumenti per capire quanto sia importante questo tipo di scelta. Credo che sia un lavoro che va fatto anche nelle scuole. È impossibile che nelle scuole superiori non si faccia un’educazione civica per appassionare i ragazzi alla Costituzione. Alcuni dei nostri nonni e bisnonni sono morti per farci avere la democrazia, il diritto di voto è una cosa essenziale.
Cosa direbbe ai giovani per convincerli dell’importanza di queste elezioni?
Direi che anche se loro non si occupano della politica, la politica si occupa di loro. Capisco che chi è più pragmatico e attento alle esigenze concrete faccia fatica a stare dietro a tutto ciò che succede nell’Ue, però è proprio a livello europeo che adesso stanno avvenendo le grandi sfide del nostro tempo, ed è anche a livello europeo che possiamo costruire i grandi valori di unione. Pensiamo all’Erasmus, a quanto è bello il fatto che dei giovani all’interno dell’Unione europea si possano incontrare, scambiare opinioni e diversità.
Un altro tema che ha citato è quello del diritto all’aborto. Quanto sarà importante il dibattito europei su questo nella prossima legislatura?
I temi dei diritti, sia in Italia che a livello europeo, devono essere seguiti in modo costante. Se no si rischia di volerne fare una bandierina ideologica, com’è avvenuto con l’evento di Pro vita e famiglia nell’anniversario della legge 194. Ci sono due trattamenti contrapposti sul tema dei diritti civili: la destra li usa solamente come strumento di propaganda, per dire “oh mio Dio c’è la teoria gender e tutte le donne vogliono abortire”, cosa fuori dal mondo. La sinistra invece purtroppo è molto timida. E poi c’è una parte di liberali radicali che cercano di analizzare i problemi e dare i giusti diritti. Il diritto ad un accesso sanitario per le donne è fondamentale, e ciò non significa che da domani le donne non vogliano più fare figli come dice la destra.
Ha parlato anche di Stato di diritto, di conflitti e di politica estera. Uno dei temi più pressanti oggi è il conflitto nel Medio Oriente: solo ieri l’attacco a Rafah ha causato decine di morti in un campo profughi. Il Partito democratico con Elly Schlein ha chiesto un “riconoscimento europeo” per lo Stato di Palestina: cosa ne pensa?
Io sono assolutamente per la soluzione dei due popoli e due Stati. Sono per il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas e per la fine di Hamas, che è un gruppo terroristico, e per le immediate dimissioni di Netanyahu: non ci si può difendere facendo strage di civili. Credo che questo argomento vada poi trattato senza seguire l’onda mediatica, ma ragionando le posizioni nel merito. Non si può ridurre un tema complicato ad un post da social, o alla moda del momento, come spesso accade. In politica le modalità di comunicazione oggi implicano prendere delle decisioni che non sono pensate. Ma quando si parla di questioni così delicate, appiattirsi semplicemente sul sì o sul no mi sembra irresponsabile. Detto questo, ribadisco che la soluzione da cercare deve essere quella dei due popoli e due Stati per Israele e Palestina.
Fonte : Fanpage