Con le elezioni europee alle porte (si vota nei 27 Stati membri durante il weekend del 6-9 giugno), continuano a moltiplicarsi in rete le teorie del complotto, le fake news e le campagne di disinformazione che ruotano intorno alla guerra in corso da oltre due anni in Ucraina.
Il vademecum sulle elezioni europee
Si tratta nella maggior parte dei casi di narrative sostenute anche dalla retorica ufficiale del Cremlino e/o dai media russi filo-governativi. Non che ci sia una grande differenza tra le due cose, data la stretta sull’informazione indipendente operata dal presidente Vladimir Putin nell’arco dell’ultimo decennio (la famigerata legge sugli agenti stranieri, che ha ispirato quella al centro delle polemiche di queste settimane in Georgia, è del 2012).
Europa Today ne ha raccolte alcune dal database di Eu vs disinfo (creato da una divisione del Servizio dell’Ue per l’azione esterna) e ve le propone qui sotto, accompagnandole con un breve debunking.
Gli attentati neonazisti (sponsorizzati dagli Usa)
Partiamo con l’attualità. Stando ad alcune teorie del complotto che circolano online, tanto l’attentato (fallito) al premier slovacco Robert Fico dello scorso 15 maggio quanto l’assalto alla Crocus city hall di Mosca del 22 marzo sarebbero imputabili ai servizi segreti di Kiev, che secondo questa vulgata sono pesantemente infiltrati da cellule neonaziste – come lo stesso governo e l’intero apparato statale ucraino.
Non solo: queste azioni sarebbero state orchestrate da una rete internazionale del terrore cui partecipano, oltre all’Ucraina, anche gli Stati Uniti e gli Alleati della Nato. Insomma, Fico sarebbe stato aggredito perché metteva in discussione il supporto occidentale a Kiev, mentre l’attentato al teatro moscovita sarebbe un attacco diretto allo stile di vita russo.
In realtà, tutte le informazioni verificate dai fact-checker e pubblicamente disponibili puntano all’inconsistenza di queste tesi: Fico è stato attaccato da un cittadino 71enne che ha verosimilmente agito da solo (e la cui moglie non è ucraina, come voleva la disinformazione pro-Cremlino), mentre l’azione alla Crocus è stata rivendicata dall’Isis-K (la costola afgana dello Stato islamico), che non è evidentemente sotto il controllo né sotto l’influenza di Washington o di Kiev, come invece sostengono queste campagne di disinformazione.
L’Occidente istiga rivoluzioni anti-russe
Un altro cavallo di battaglia dei propagandisti che difendono il regime di Putin è quello per cui l’Occidente (inteso collettivamente ma sempre come un pupazzo i cui fili sono mossi dagli Usa) sarebbe dietro a tutte le cosiddette “rivoluzioni colorate” che hanno scosso una serie di Paesi post-sovietici, con l’obiettivo di destabilizzare quella parte di mondo e isolare Mosca a livello internazionale.
Nei primi anni Duemila, diversi movimenti popolari generalmente filo-occidentali hanno tentato di cacciare i governanti filo-russi: ci sono riusciti in Georgia (rivoluzione delle rose, 2003), Ucraina (rivoluzione arancione, 2004-2005) e Kirghizistan (rivoluzione dei tulipani, 2005), mentre hanno fallito in Azerbaigian (2005), Mongolia (2005) e Bielorussia (2005-2006). La teoria del complotto sostiene dunque che queste sollevazioni siano state fomentate da Washington e Bruxelles, il cui obiettivo sarebbe stato quello di accaparrarsi le risorse naturali locali (come il gas naturale) e istigare le popolazioni contro la Russia, dipinta al contrario come un partner affidabile e benevolo.
Naturalmente, non c’è stato un “gran disegno” occidentale dietro alle rivoluzioni di queste società, le quali possono piuttosto aver ricevuto supporto (su vari livelli) dai Paesi ai cui sistemi politico-economici si ispiravano. Ma la storia della dominazione sovietica spiega da sola perché, all’indomani del collasso dell’Urss, molti Stati neo-indipendenti abbiano cercato (con esiti variabili) di tirarsi fuori dall’orbita di Mosca.
Quella in Ucraina è una guerra per procura
Un altro discorso che riemerge periodicamente (e nemmeno solo in ambito di campagne di disinformazione pro-Cremlino, ad essere oggettivi) è quello per cui quella che si sta combattendo sul suolo ucraino sia in realtà una guerra per procura tra Occidente e Russia, una sorta di antipasto di un’imminente Terza guerra mondiale che vedrà contrapporsi Mosca (e magari Pechino) a Washington e i suoi Alleati. Centrale in questa narrazione è il dettaglio per cui a far scoppiare la guerra sia stata la parte occidentale, con la Nato che “abbaiava” ai confini della Federazione e continuava a provocarla finché quest’ultima non ha potuto fare altro che invadere una nazione sovrana e indipendente per proteggere la propria integrità.
Le cose, anche stavolta, stanno diversamente. L’Ucraina non sta combattendo “per” nessuna potenza straniera, ma sta resistendo ad un’aggressione che la Russia ha sferrato nel febbraio del 2022, dopo aver già annesso unilateralmente la Crimea e aver occupato alcune aree del Donbass nel 2014. Quella di Mosca è un’invasione e quella di Kiev è una lotta per la sopravvivenza, che combatte grazie al supporto (non esattamente indefesso) dell’Alleanza nordatlantica, che fornisce all’esercito ucraino armi, munizioni, mezzi militari e addestramento.
In Ucraina ci sono già truppe Nato
Sempre inerente la guerra in Ucraina è anche la fake news che vorrebbe già presenti (e combattenti) al fronte contro l’esercito russo, al fianco delle truppe di Kiev, dei contingenti Nato e in particolare francese e polacco (quest’ultimo forte di non meno di 9mila soldati).
Di nuovo, non esistono prove documentali che confermino la presenza sul campo di battaglia di militari dell’Alleanza (o di suoi Stati membri): ad essere stata confermata, come detto sopra, è la presenza di addestratori Nato in Ucraina, che però non hanno incarichi operativi. In altre parole, la loro funzione è di supporto all’esercito di Kiev, di facilitazione logistica, di addestramento dei soldati ucraini all’utilizzo dei sistemi d’arma occidentali eccetera.
L’Occidente può far finire la guerra (ma non vuole)
Infine, un altro tema ricorrente nella guerra dell’informazione, parallela a quella “calda” sul campo, è quello che vorrebbe i Paesi occidentali capaci di porre immediatamente fine al conflitto in Ucraina, ma non disposti politicamente a far cessare le ostilità. Secondo questa tesi sarebbe stato nientemeno che l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera, Josep Borrell, a sostenere che la continuazione della guerra è un obiettivo degli Alleati, i quali avrebbero invece la possibilità di farla finire.
In realtà, come al solito, si tratta della decontestualizzazione di un discorso realmente pronunciato dal capo della diplomazia europea, il quale ha dichiarato quanto segue: “La resistenza ucraina dipende da noi. So come far finire la guerra in Ucraina. Posso far finire la guerra in Ucraina in un paio di settimane semplicemente interrompendo la fornitura. Se taglio la fornitura di armi all’Ucraina, l’Ucraina non potrà resistere, dovranno arrendersi e la guerra finirà”. Niente di surreale, anzi, una semplice constatazione della realtà dei fatti.
Fonte : Today