Rafah, cosa sappiamo sull’attacco israeliano

Almeno trentacinque persone sono state uccise in un attacco israeliano contro un campo per sfollati a Rafah, domenica 26 maggio, secondo quanto riportato dal ministero della Salute di Gaza, gestito da Hamas. I video condivisi sui social in queste ore hanno mostrato un vasto incendio nel sito, con paramedici e vigili del fuoco che hanno cercato di arginare le conseguenze dell’attacco. L’area colpita comprendeva un grande container usato come rifugio per decine di famiglie, circondato da centinaia di tende e dai magazzini dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa). L’esercito israeliano ha dichiarato di aver colpito un complesso di Hamas nella zona, uccidendo due alti funzionari.

Colpiti i civili

Le autorità di Gaza e la Mezzaluna palestinese hanno dichiarato che l’area colpita era stata designata da Israele come “zona sicura” a Tal al-Sultan, a nord-ovest di Rafah. “L’esercito israeliano ha designato queste aree come zone sicure, invitando i cittadini e gli sfollati a dirigersi verso queste zone”, ha dichiarato l’ufficio stampa del governo di Gaza. L’esercito israeliano ha spiegato di aver colpito un complesso di Hamas a Rafah e di aver usato “munizioni precise” sulla base di “informazioni di intelligence che indicavano l’uso dell’area da parte di Hamas”. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno dichiarato di aver ucciso Yassin Rabia, che era un comandante parte della leadership di Hamas in Giudea e Samaria, e Khaled Nagar, che era un alto funzionario dell’ala di Hamas nelle stesse regioni. Gli attacchi, compresi i danni ai civili, sarebbero ora in fase di revisione.

I morti e i feriti erano per lo più donne e bambini, secondo quanto reso noto dal ministero della Sanità di Gaza, aggiungendo che nessun ospedale di Rafah aveva la capacità necessaria per accogliere il numero di vittime. Hamas ha descritto l’attacco come un “massacro” e ha dichiarato di ritenere l’amministrazione statunitense e il presidente Joe Biden personalmente responsabili. Israele non avrebbe effettuato gli attacchi “senza il sostegno americano e il via libera all’invasione di Rafah, nonostante il sovraffollamento di cittadini sfollati”, ha spiegato Hamas. L’attacco a Rafah arriva dopo che Hamas ha lanciato razzi contro Tel Aviv per la prima volta dopo mesi, secondo l’esercito israeliano. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno dichiarato che otto razzi sono stati lanciati dall’area di Rafah e che “diversi proiettili” sono stati intercettati. Oltre un milione di palestinesi – molti dei quali già sfollati a causa dell’offensiva israeliana in altre parti della Striscia – si erano rifugiati a Rafah prima che Israele iniziasse le sue operazioni.

Testimonianze da Rafah

ActionAid, associazione umanitaria, ha raccolto testimonianze dal territorio colpito. E spiega che da quando l’esercito israeliano ha intensificato gli attacchi a Rafah, la quantità di aiuti umanitari in arrivo è diminuita in modo significativo, spingendo la popolazione verso la carestia.

Sempre più difficile è l’accesso ai beni di prima necessità, tra cui prodotti per il ciclo mestruale e per la detersione – spiegano da ActionAid in una nota di condanna all’attacco contro il campo degli sfollati a Rafah, mettendo in luce le conseguenze in particolare su salute e igiene delle donne –. I prodotti per le mestruazioni sono quasi scomparsi dai mercati di Gaza e, quando sono disponibili, i prezzi sono alle stelle, costringendo molte donne e ragazze a usare pezze sporche o scarti delle tende, il cui utilizzo mette a rischio la loro salute. Trovare privacy è quasi impossibile, con centinaia di persone costrette a condividere un solo bagno o una sola doccia. In occasione della Giornata mondiale dell’igiene mestruale, che ricorre il 28 maggio, ActionAid ha raccolto numerose testimonianze di come sia difficile, per le donne di Gaza, gestire le mestruazioni senza sufficienti prodotti per il ciclo, acqua, sapone o accesso ai servizi igienici”.

Fonte : Wired