“Concretamente pericolosi e antidemocratici”: l’ultradestra europea spiegata in breve

I partiti della famiglia dell’ultradestra crescono nei sondaggi in vista delle elezioni europee. Alcuni sono a capo di governi o fanno parte di coalizioni al potere, come nel caso di Fratelli d’Italia e di Fidesz in Ungheria, altri aspirano a una crescita esponenziale come il Rassemblement National di Marine Le Pen. Cosa unisce queste formazioni politiche, in molti casi eredi del fascismo o del nazismo, e cosa accade una volta che arrivano al potere? Today.it lo ha chiesto ad Andrea Pirro, docente di Scienze Politiche presso l’Università di Bologna e membro del team di ricerca dell’Osservatorio sull’estrema destra (The Far-Right Protest Observatory – Farpo). 

Cosa intendiamo oggi per ultradestra e che ruolo ha assunto in Europa in questi ultimi dieci anni?
 
“Come fenomeno nel suo complesso l’ultradestra è passata da forza di opposizione a forza di governo in numerosi Paesi europei ed è riuscita a esercitare sostanziale influenza sui processi politici in atto. Questo cambiamento ha portato a una normalizzazione, anche con una certa complicità da parte dei media. Come nel caso italiano, in cui abbiamo una coalizione a trazione di ultradestra che viene definita di “centro-destra”, quando in realtà l’unico elemento che possa definirsi tale potrebbe essere Forza Italia. Va rilevato inoltre lo sdoganamento (“mainstreaming”) delle loro tematiche, soprattutto sulle questioni che riguardano l’immigrazione, recepite sia da partiti tradizionali di destra come anche da formazioni di centro o centro-sinistra. Così il baricentro politico si è spostato sempre più a destra nel corso degli anni.

Anche l’ultradestra ha sperimentato una convergenza ideologica a livello europeo. In gran parte sono sparite le differenze presenti, ad esempio, tra le formazioni dell’Europa dell’est e quelle dell’ovest. Per quanto riguarda i loro “target”, dopo il picco della crisi dei migranti del 2015, partiti e movimenti di ultradestra hanno preso di mira immigrati, rifugiati e richiedenti asilo come obiettivo comune. Fatte alcune rare eccezioni, condividono anche tematiche ultraconservatrici di conformismo socio-culturale dove hanno una centralità la famiglia “naturale” , le posizioni regressive sull’aborto e sui diritti delle persone Lgbtqi+, insieme a tutto quello che ricade nella concezione di “moralità tradizionale”. Infine, presentano tutte posizioni euroscettiche”.

Cosa è avvenuto invece a livello di movimenti?

“Si nota una maggiore interazione tra rappresentanti istituzionali e attivisti, quindi tra attori che aspirano a una legittimazione per accedere al potere e quelle frange antidemocratiche che operano al di fuori delle istituzioni. Anche a livello internazionale abbiamo assistito a una maggiore cooperazione. Ad esempio, il movimento anti-Islam tedesco Pegida si è espanso in Austria, Inghilterra e in altri Paesi all’apice del proprio successo; ora collabora apertamente col partito Alternative für Deutschland (AfD). Ci sono state anche campagne con carattere apertamente transnazionale come “Defend Europe”, promossa dagli Identitari francesi nell’estate del 2017, e volta a contrastare le operazioni di soccorso umanitario nel Mar Mediterraneo”.

Le organizzazioni di estrema destra in passato sono state spesso associate ad attacchi violenti. È cambiato questo aspetto con l’ingresso nelle istituzioni dell’ultradestra?
 
“L’interpenetrazione tra politica istituzionale e non istituzionale emerge chiaramente da casi eclatanti di violenza come l’attacco alla sede della Cgil a Roma nell’ottobre del 2021 e prima ancora dall’attacco di matrice razzista perpetrato da Luca Traini a Macerata nel febbraio 2018. Non dimentichiamo casi come l’assassinio del rapper antifascista Pavlos Fyssas in Grecia nel settembre 2013 da parte di membri di Alba Dorata, la cui leadership è stata poi condannata e imprigionata per essere a capo di un’organizzazione criminale. Ci sono stati i roghi ai centri di accoglienza in Svezia tra il 2015 e 2017 che fanno parte della stessa ondata di rigetto delle politiche di accoglienza da parte del governo svedese. Uscendo dai confini europei, posso citare l’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio del 2021 negli Stati Uniti, per cui Donald Trump è oggi sotto processo, così come l’attacco al congresso brasiliano dell’8 gennaio del 2023 per il quale è sospettato di aver avuto un ruolo l’ex presidente Jair Bolsonaro. Sono tutti atti di violenza politica che minano in modo chiaro le fondamenta dell’impianto democratico dei singoli Paesi. Questi sono solo i casi più eclatanti di violenza politica ma ce ne sono altri di scala minore che passano spesso sotto traccia”.

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Lei mi parla di episodi diversi, di natura differente e in vari Paesi. Possiamo davvero dire che hanno la stessa matrice? 

“Certo. Hanno tutti una matrice razzista o politicamente motivata. Ci saremmo aspettati che, con la presenza dell’ultradestra nelle istituzioni, la violenza sarebbe andata scemando. Invece vediamo che è ancora presente nel repertorio di questa parte dello spettro politico e che la legittimazione crescente di cui godono i partiti di ultradestra sta contribuendo alla diffusione di movimenti nell’arena di protesta”. 

Quali sono i punti in comune e quelli che distinguono partiti di ultradestra, come il Rassemblement national in Francia o Fidesz in Ungheria, Fratelli d’Italia o Vox in Spagna? 

“Seppur sussistono differenze, questa famiglia partitica resta accomunata da una visione ultra-nazionalista, che prevede l’esclusione di elementi considerati “estranei”, che si tratti di persone o idee (comunismo, progressismo, liberalismo). Nonché la loro adesione a principi quali ‘autorità’, ‘disciplina’ e ‘conformismo socio-culturale’ “.

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Qual è stato il tratto distintivo dell’ultradestra negli ultimi anni? 

“Li accomuna la volontà da almeno un decennio di svecchiarsi e presentarsi come mere forze “conservatrici”, in particolare nel momento in cui riescono a entrare in coalizioni di governo o vanno al potere. Questi partiti non sposano o hanno abbandonato nel corso del tempo ideologie apertamente neofasciste e neonaziste, fatta eccezione per casi come Alba Dorata in Grecia. Ne va della loro rispettabilità politica e delle loro prospettive elettorali, che sono intrinsecamente connesse a una parvenza democratica e di moderazione. Questo però non esclude che attivisti con precedenti di militanza in movimenti estremisti possano candidarsi nelle liste di questi partiti e i casi sono diversi in tutta Europa”.

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Quali sono i punti di contatto tra partiti e movimenti ?

“L’imporsi dell’ultradestra ha aperto alle idee del suprematismo bianco e alle teorie del complotto, precedentemente relegate a contesti marginali e a circuiti apertamente estremisti. Si pensi alle varie teorie del complotto aventi a oggetto un processo di “sostituzione etnica”, recepite prima dalla Lega e poi da Fratelli d’Italia, che prima erano a esclusivo appannaggio di formazioni neofasciste, come Forza Nuova”.

Perché la tutela dell’ambiente è finita nel mirino dell’ultradestra ?

“Questi partiti sono impegnati in una battaglia culturale a 360 gradi e, di conseguenza, anche l’ambiente vi rientra. Tutto ciò per cui i movimenti progressisti combattono, loro reagiscono di ritorno, come hanno già fatto schierandosi contro i diritti della comunità Lgbtqi+ o l’anti-femminismo. Poi c’è una questione più prettamente economica, visto che in gran parte dei casi l’ultradestra abbraccia visioni neoliberiste, sposando il capitalismo e l’economia di mercato. Il loro intento è di riuscire a preservare lo status quo, evitando le limitazioni sotto il profilo ambientale previste dalle politiche di transizione ecologica, perché queste ultime richiedono dei costi che graverebbero sul capitale e sugli stessi imprenditori”.

Quando Matteo Salvini dice di voler difendere l’auto “tradizionale” o la casa “tradizionale”, ostacolando le riforme per la transizione verde, propugna davvero una politica “popolare”? 

“In Italia sia la Lega che Fratelli d’Italia, per quanto si possano presentare come paladini del cittadino comune o del “popolo italiano”, non fanno altro che continuare le politiche neoliberiste avviate da Berlusconi negli anni ’90. Tutti i grandi proclami contro la speculazione finanziaria o i “grandi interessi”, si risolvono poi in nulla di fatto o nel preservare lo status quo con annessi interessi economici e finanziari”.

Cosa succede quando i partiti di ultradestra vanno al potere come accaduto in Polonia e in Ungheria? 

“A livello nazionale il pericolo per la qualità della democrazia è elevato e concreto. Nell’ambito dell’ultradestra c’è stato un processo di “apprendimento istituzionale” attraverso il quale tramite esperienze di governo, di maggiore o minor successo, questi partiti sono riusciti a comprendere gli stratagemmi per rimanere al potere e attuare la propria agenda politica. Sono riusciti così a plasmare quello che ho definito uno “spartito illiberale” tramite il quale l’ultradestra riesce a sfruttare aree grigie di legislazione in chiave regressiva o si pone in aperta rottura con lo status quo liberal-democratico, che garantisce diritti e libertà per tutte e tutti, assicura il pluralismo e la supervisione da parte di istituzioni indipendenti”.

In cosa differiscono rispetto all’ultradestra del secolo scorso? 

“Oggi l’erosione democratica perseguita e messa in atto non è più lampante. Non dobbiamo attenderci marce per la presa del potere o colpi di Stato. Lo smantellamento della (liberal-)democrazia avviene gradualmente, tramite procedure apparentemente legali e legittimate dal mandato popolare, a seguito di elezioni libere e competitive. È quello a cui stiamo assistendo anche in Italia col governo Meloni, tramite tentativi di riconfigurazione dell’assetto istituzionale, gli ostacoli posti all’accesso all’interruzione di gravidanza, agli interventi umanitari nel Mediterraneo o l’ulteriore criminalizzazione dei migranti, le crescenti pressioni sui media e sull’apparato giudiziario o i provvedimenti discriminatori nei confronti delle persone Lgbtqi+. Se questa agenda avrà successo o meno, dipenderà dalla capacità delle opposizioni parlamentari e alla società civile di contrastare questi processi e spetta alle istituzioni indipendenti come la corte costituzionale arginare derive di tipo illiberale”. 

Ecco, che ruolo hanno giocato le opposizioni in questa crescita dell’ultradestra? 

“C’è sempre stata la parvenza che recepire le politiche anti-immigrazione della destra potesse riuscire ad arginare l’avanzata di questi partiti. Questa presunzione si è rivelata sbagliata perché l’elettorato preferisce sempre “l’originale” alla copia. Un partito di centro o centrosinistra non verrà considerato credibile o “progressista” se avanza proposte anti-immigrazione; crea solo un cortocircuito cognitivo nell’elettorato, che preferisce dunque l’astensione a proposte con le quali non si identifica. L’area progressista ha dimostrato di vincere solo articolando posizioni di sinistra, soprattutto su questioni economiche, che però hanno smesso di essere la bussola per molti partiti di sinistra”.

Rischiamo di fare la fine dell’Ungheria? 

“Il contesto italiano gode di anticorpi di tipo differente rispetto al caso ungherese. L’Ungheria sotto Viktor Orbán è ormai un regime che non può più essere definito apertamente democratico. Bisogna stare attenti però. Nel caso polacco, che sotto la guida del Pis si è rifatto apertamente all’esperienza ungherese, abbiamo visto che, anche con il ritorno dell’opposizione liberale al potere, il processo di erosione democratica intrapreso non è facilmente sanabile. I tentativi di ripristino di principi liberal-democratici si stanno scontrando con tutte le barriere poste dal Pis stesso mentre era al governo. Questo dimostra quanto sia difficile riportare l’orologio istituzionale e dei diritti indietro all’esperienza precedente”.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni abbraccia la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Foto LaPresse

Il Partito popolare europeo corteggia da tempo Fratelli d’Italia. Si vocifera che Ursula von der Leyen sia disposta a chiedere a Giorgia Meloni di entrare nel Ppe. Le risulta realistico?

“Al momento questa prospettiva è al limite della speculazione, nel senso che c’è un desiderio chiaro da parte della Meloni di legittimarsi come attore moderato, nonostante il profilo illiberale del suo partito. Sarebbe un salto di qualità. A livello di Ppe però non c’è lo stesso entusiasmo trasversale ad accogliere un partito come il suo. È improbabile che si aprano le porte a collaborazioni organiche con partiti come il Pis polacco, che agiscono apertamente in contrasto con alcuni dei valori propugnati dal Ppe e l’impianto (almeno sulla carta) liberale e cristiano-democratico che accumuna il gruppo. Non va trascurato però che ci sono frange del Ppe che strizzano l’occhio alle politiche dell’ultradestra, muovendosi in direzione più anti-immigrazione e conservatrice sotto il profilo socio-culturale”.

Il ministro degli esteri Antonio Tajani dice di rifiutarsi di governare in Europa con l’Afd. Ma c’è una differenza sostanziale tra Afd e i partiti con cui governa Forza Italia? 

“In nome di una presunta superiorità morale, in passato la destra mainstream ha preso di mira una serie di formazioni come l’Fpö austriaco di Haider o il Front National, predecessore del Rn di Marine Le Pen. L’ultradestra è stata oggetto di una iniziale stigmatizzazione. Oggi il partito percepito più a destra dello spettro politico tra quelli con reale potenziale elettorale risulta l’Afd; il partito tedesco non ha intrapreso nessun processo di “dediabolizzazione”, a differenza dei partiti precedentemente menzionati. Anzi potremmo dire che l’Afd dalla sua fondazione ai nostri giorni è andato radicalizzandosi, al punto che oggi è monitorato dall’Ufficio per la Costituzione per istanze di estremismo e quindi è passibile di messa al bando. Dire no all’Afd e dire sì al Rassemblement national è puro opportunismo, perché non c’è una maggiore o minore rispettabilità dell’uno o dell’altro partito. La minaccia che questi attori pongono alla democrazia liberale è sostanzialmente la stessa”. 
 

Fonte : Today