Chi sono i genitori di adolescenti trans che si sono incatenati sotto la sede dell’Aifa

“Non abbiamo avuto nessuna risposta dal governo e non credo l’avremo, siamo invisibili. Ci sono adolescenti che soffrono di episodi depressivi con atti di autolesionismo, vedremo che consiglio ci daranno quando accadrà la prossima disgrazia”. Sono parole amareggiate quelle di Cinzia Messina, presidente dell’associazione “Affetti oltre il genere” sentita da Today.it. Ieri, 23 maggio, i genitori di adolescenti transgender riuniti dall’associazione si sono incatenati sotto la sede romana dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per protestare contro il tavolo tecnico istituito dal ministero della Salute e da quello della Famiglia. L’obiettivo del tavolo è rivedere le linee guida sul trattamento della disforia di genere, il grave disagio psicologico causato dalla mancata coincidenza tra sesso biologico e genere, rendendo ancora più stringenti i criteri di accesso ai farmaci utilizzati nelle terapie.

Le catene, spiegano i genitori, rappresentano le costrizioni e gli impedimenti cui sono costretti i loro figli adolescenti con incongruenza di genere, che hanno iniziato o che vorrebbero intraprendere il trattamento farmacologico. Le famiglie chiedono in particolare che non venga ulteriormente limitato l’accesso alla triptorelina, il farmaco che rallenta lo sviluppo puberale. 

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“Nell’interrogazione parlamentare è stata sollevata l’ipotesi di togliere la triptorelina dal Servizio sanitario nazionale. Ora io vorrei chiedere a queste bellissime persone, il problema sono le controindicazioni della triptorelina o i soldi nelle vostre tasche? I nostri figli e le nostre figlie sono cittadini esattamente come voi e come noi. Mettetevi una mano sulla coscienza”, dice una delle mamme che ha preso parte alla protesta. 

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La triptorelina è un farmaco che, somministrato agli adolescenti che ne fanno richiesta, consente di avere tempo in più per intraprendere in modo consapevole un eventuale percorso di transizione di genere. In questo modo vengono anche ridotte in modo significativo le sofferenze che derivano dalla disforia di genere. I ragazzi e le ragazze che ne soffrono “rischiano di vivere una vita in cui non possono realizzarsi, con episodi di autolesionismo, disturbi alimentari e assenza di vita sociale. Perché quando non si può essere sé stessi si va in multistress. Il rischio è quello di un atto estremo”, dice Cinzia Messina. 

Nel 2019 la triptorelina è stata inserita con una determina dell’Aifa nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, “per l’impiego in casi selezionati di disforia di genere, con diagnosi confermata da un’équipe multidisciplinare e specialistica e in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva”. Ma ora l’orientamento del governo per un passo indietro è evidente. 

Il caso dell’ospedale Careggi di Firenze

“L’interrogazione parlamentare” citata da una delle mamme dell’associazione fa riferimento al caso dell’ospedale Careggi di Firenze. La vicenda è emersa lo scorso dicembre, con un’interrogazione a risposta scritta di Maurizio Gasparri. Il forzista ha denunciato criticità nell’utilizzo del farmaco ormonale nel centro per il trattamento disforia di genere nei bambini del Careggi, struttura riconosciuta anche a livello europeo come un’eccellenza, soprattutto nel campo delle terapie dei pazienti transgender.

Secondo Gasparri, la triptorelina veniva somministrata “a bambini di 11 anni senza alcuna assistenza psicoterapeutica e psichiatrica. Anche perché in quell’ospedale semplicemente non c’è un reparto di neuropsichiatria infantile”. Inolte, ha sostenuto il capogruppo in Senato di Forza Italia, “le valutazioni psicologiche dei giovanissimi che arrivano al Careggi per avviare il percorso di cambio di sesso sembrerebbe siano particolarmente superficiali”.

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Dopo l’interrogazione, il ministero della Salute ha avviato un’ispezione “in merito ai percorsi relativi al trattamento della disforia di genere nei minori e all’uso della triptorelina”. A marzo è stata poi aperta un’inchiesta da parte della procura di Firenze, senza ipotesi di reato e senza indagati, proprio sulla prescrizione di farmaci per minorenni con disforia di genere al Careggi. 

Ed è su questa scia che è stato istituito il tavolo interministeriale per redigere nuove linee guida. Il rischio è che venga varato uno stop quasi completo alla prescrizione, limitando l’utilizzo dei farmaci ormonali nel trattamento della disforia di genere dei minori a circostanze eccezionali definite da requisiti ancora più stringenti. 

“Ad alcune persone sono già cambiati i piani terapeutici. Ad un ragazzo disperato che affermava di volersi uccidere è stato detto di andare al pronto soccorso”, denuncia ancora a Today.it la presidente di “Affetti oltre il genere”. “Quando una persona si avvicina a questa realtà perché il figlio ha fatto coming out – spiega Cinzia – non  conosce nulla sull’identità di genere quindi li ascoltiamo, facciamo informazione con l’aiuto di una psicologa e una coach, poi cerchiamo di capire dove indirizzare la famiglia. Ad oggi è più difficile farlo, perché non sappiamo come evolveranno i possibili piani terapeutici”.

Dal tavolo, peraltro, sono state completamente escluse le associazioni che si occupano di identità trans e adolescenti con disforia di genere. Un’esclusione che sorprende se si considera che solitamente le associazioni di pazienti vengono ascoltate e consultate quando si tratta di definire linee guida terapeutiche per una particolare patologia o disturbo. “Davamo per scontato che saremmo stati interpellati, ma non è successo. Né da professionisti né da politci”. “Non abbiamo intenzione di rimanere zitti. Oramai il nostro Paese ci sta obbligando ad andarcene, le persone trans non sono minimamente contemplate. Ma cercheremo di andare avanti e lottare fino a rendere visibile la nostra realtà. I nostri figli e le nostre figlie hanno diritto alla salute come qualsiasi altro cittadino”. 

Fonte : Today