Ergastolo: è questa la decisione presa dalla Corte di Assise del Tribunale di Forlì nei confronti di Daniele Severi, al termine di una camera di consiglio durata 6 ore e mezza. I giudici – i due togati Monica Galassi e Marco De Leva, e i sei giudici popolari – hanno valutato le prove presentate nel corso delle 18 udienze del processo relativo all’omicidio dell’agricoltore Franco Severi, 52 anni, trovato decapitato il 22 giugno del 2022 in una scarpata attigua alla casa colonica dove abitava, nel podere di famiglia di Seggio di Civitella. E sono arrivati alla conclusione che erano sufficienti per infliggere, in primo grado, il carcere a vita.
Sempre presente in aula, l’imputato Daniele Severi ha presenziato il verdetto in piedi nel primo banco, in mezzo ai suoi avvocati, ascoltando impassibile le parole della presidente della Corte Monica Galassi. Va detto che si tratta di un giudizio di primo grado, il team difensivo formato dagli avvocati Massimiliano Pompignoli e Maria Antonietta Corsetti hanno già annunciato un’impugnazione del giudizio davanti alla Corte d’Appello di Bologna. L’ergastolo con isolamento diurno era stata la richiesta della pm Federica Messina, mentre la difesa aveva chiesto l’assoluzione per i tre principali capi di accusa, rimettendosi al minimo della pena per l’ultimo capo di accusa più secondario, la detenzione di una vecchia canna da fucile.
La sentenza prevede l’ergastolo (ma senza isolamento diurno), l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, la pubblicazione della sentenza per estratto nei comuni di Forlì, Meldola e Civitella e sul sito del ministero della Giustizia per 15 giorni. La Corte ha anche deciso una provvisionale di 100mila euro a ciascuno dei 5 fratelli che si sono costituiti parte civile. Soddisfazione è stata espressa dall’avvocato Max Starni, rappresentante delle parti civili, i 5 fratelli di Franco e Daniele (Mario, Romano, Milena, Anna Maria e Cesare), che si sono costituiti tutti in giudizio contro Daniele.
La parte civile: “Giustizia è stata fatta”
Dopo la sentenza i famigliari di Daniele Severi (la moglie Monia Marchi e i figli Sara, Samuele e Simone) si sono intrattenuti con l’imputato, che torna ora in carcere in custodia cautelare, come deciso dalla Corte d’Assise, in attesa del processo di Appello, che sarà fissato circa tra 8-9 mesi. La Corte si è riservata 90 giorni per il deposito delle motivazioni. Il resto della famiglia di Franco, per bocca della sorella Milena, ha ringraziato gli investigatori e la pm Federica Messina, che ha lasciato l’aula pochi istanti dopo la lettura del giudizio. Presenti anche circa una cinquantina di persone tra giornalisti, avvocati, famigliari e semplici curiosi.
La famiglia dell’imputato: “Condannato un capro espiatorio”
Le accuse
Daniele Severi, autista di ambulanze del 118 in pensione, 64 anni, in custodia cautelare dal luglio del 2022, è stato accusato di omicidio volontario e premeditato per aver ucciso “verosimilmente attingendolo con colpi di arma da fuoco al capo e/o al collo, cui seguivano la decapitazione (al cadavere veniva amputato l’estremo encefalico e il collo) e il trascinamento in un dirupo scosceso adiacente all’abitazione della vittima”. Diverse le aggravanti contestate, tra cui la crudeltà, gli abietti motivi, alcune non sono state riconosciute dalla Corte.
Omicidio Severi, la cronaca di tutte le udienze
Daniele Severi ha dovuto rispondere anche di occultamento di cadavere, reato che scatta anche quando manca una sola parte anatomica del corpo, con la testa amputata “con sega elettrica o fendente”, ipotizza la Procura. Altro capo d’accusa per Daniele Severi era lo stalking nei confronti del fratello, perché – secondo il capo di imputazione – lo avrebbe minacciato alcune volte di tagliargli la testa con una motosega e l’avrebbe fatto oggetto di dispetti, litigi e visite non desiderate, anche notturne, tanto che la vittima negli ultimi mesi prima della morte avrebbe stravolto le sue abitudini di vita, mettendo il letto in cucina e adibendo così un’unica camera ad alloggio per tutte le sue esigenze, “murando” anche una porta con il frigorifero. Franco Severi aveva inoltre chiuso la strada con una sbarra munita di lucchetti (più volte vandalizzati) e fototrappola, poi danneggiata e durante le indagini reperita a casa dello stesso fratello Daniele. Contestata, infine anche la detenzione illegale di una canna da fucile semi-automatico, poi abbandonata in via Maglianella.
La Corte infine non ha rinviato alcun atto in Procura, né come chiedeva la pm Messina, con il rinvio di alcuni atti di indagine e interrogatori relativi alla moglie Monia Marchi, su cui veniva prospettata una possibile falsa testimonianza relativa alle dichiarazioni poi modificate relative alla presenza del marito in casa la sera del delitto. Respinta, infine, anche un’ulteriore richiesta di rinvio degli atti in Procura, formulata questa volta dalla difesa di Severi, per chiedere accertamenti su un’ipotesi di una presunta coercizione dei detective dell’imputato per ottenere una confessione.
Fonte : Today